La giustizia inglese processa l'imam che incitava i ragazzini al terrorismo suicida
ed esaltava Hitler
Testata:
Data: 13/01/2006
Pagina: 7
Autore: Mauro Bottarelli
Titolo: Londra processa l'imam che ammira Hitler

Un articolo dal Riformista  di venerdì 13 gennaio 2006:

 Londra. Fuori dall’Old Bailey una folla di uomini in abiti occidentali ma con barbe e copricapi che tradivano il credo islamico gridava ingiurie e mostrava cartelli con scritto «Democracy go to hell» (All’inferno la democrazia). Dentro, nell’aula del tribunale, andava invece in scena lo spettacolo macabro del fondamentalismo che utilizza le leggi liberali per colpire l’Europa. Nell’inquietante silenzio della stampa non britannica, si è aperto a Londra il processo contro Abu Hamza, ex imam della moschea londinese di Finsbury Park e referente di Osama Bin Laden in Gran Bretagna. E le sorprese, non appena l’accusa ha preso la parola, non sono mancate. Stando a quanto emerso durante la requisitoria del procuratore, il predicatore fondamentalista aveva a casa una «enciclopedia del terrorista», dieci volumi che spiegavano come organizzare un attentato, come assistere un’organizzazione estremista o come massimizzare il potenziale di una cellula del terrore. Il procuratore David Perry ha raccontato che il manuale fu sequestrato a casa del leader estremista nel 2004: il suo fine, ha spiegato, era creare uno stato islamico mondiale il cui «califfo» sarebbe risieduto alla Casa Bianca. Ma non è tutto: per Hamza, Adolf Hitler era venuto sulla terra per «occuparsi degli ebrei, a causa del loro luridume, blasfemia e predisposizione al tradimento», e la guerra santa non era una questione di scelta ma un obbligo religioso. Nonostante l’ex imam abbia sempre negato l’accusa di aver incitato all’odio religioso, nella sua abitazione la polizia trovò il video in cui il predicatore chiedeva ai suoi seguaci di uccidere gli ebrei e i non musulmani, ha affermato ancora il procuratore. Ma a fare paura, molta paura, è proprio l’Enciclopedia del Jihad in Afghanistan, dieci tomi scritti in arabo tra il 1998 e il 1999 «con l’aiuto dei combattenti mujaheddin»: al di là delle indicazioni per il confezionamento e l’utilizzo di esplosivi, le tecniche di sabotaggio e assassinio, è l’indicazione dei bersagli sensibili a inquietare. Tra gli high-profile targets indicati nel libro, figuravano «il Big Ben, la Statua della Libertà, la Torre Eiffel, grattacieli, porti, impianti nucleari, aeroporti, stadi calcistici e luoghi di aggregazioni in vista delle festività natalizie». Parlando delle necessità del jihad contro «Gran Bretagna, Francia e i comunisti imperialisti che difendono Israele», il libro rivela l’esistenza di una «unità di pressione esterna» appartenente «all’unità esecutiva che opera all’estero» e che deve essere «inviata nel Paese da colpire e annientare dieci anni prima che parta il Jihad». Farneticazioni, certo, ma molto pericolose visto che nella casa di Hamza a Sheperd’s Bush sono stati rinvenuti scatoloni contenenti 2700 audiocassette, 570 videotape e migliaia di volantini, materiale duplicato pronto per essere distribuito per il reclutamento e l’indottrinamento. In una di queste cassette Hamza predicava la necessità che «la donna islamica abbia come unico compito quello di aiutare il marito a educare i figli in modo tale che già all’età di 10 anni siano pronti e coscienti del loro ruolo di mujaheddin» mentre in un’altra ricordava ai futuri shahid che «una volta giunti al cospetto di Allah questi vi chiederà:“Quante persone sono state uccise dalle tue mani?” ». Infine, in un videotape che rimandava le immagini di una sorta di assemblea pubblica in moschea, alla domanda se gli attacchi kamikaze siano accettabili, Hamza rispondeva dicendo che «molta gente chiama questo atto suicidio per disincentivarlo. Ma non è suicidio, è martirio». Nel corso dell’udienza di ieri mattina, inoltre, è stato trasmesso il contenuto di una videocassetta che riproduceva un sermone tenuto da Hamza nel 2002 nel corso del quale l’hooked evil, «il demonio uncinato», definiva il vivere tra gli infedeli britannici «come vivere in una latrina» e ricordava che per giungere al Califfato occorre «far sanguinare l’infedele e questo risultato si può ottenere sia con un’arma nucleare che con un normale coltello da cucina». Ma a spaventare il mondo politico britannico c’è anche dell’altro. Ieri la polizia ha fermato e interrogato Iqbal Sacranie, direttore generale del Muslim Council of Britain, per le sue dichiarazioni omofobiche rilasciate nel corso di un’intervista radiofonica durante la trasmissione “Radio Four” della Bbc lo scorso 3 gennaio. Interrogato sulla legge che consente i matrimoni omosessuali, Sacraine aveva detto che «da un punto di vista clinico e medico, facendo riferimento a evidenze scientifiche rispetto a molte tipologie di malattia, è noto che dove viene praticata l’omosessualità si crea grande preoccupazione e sconcerto nella gente normale. Questa pratica è inaccettabile sia a livello sanitario che morale ». Immediatamente è scattata l’indagine in base al quinto comma del Public Order Act del 1986 e, dopo aver formalizzato l’apertura dell’indagine al giornalista della Bbc Peter Rippon, la polizia avrebbe convocato nella stazione di West End Central il controverso leader religioso. Sacraine, già in passato si era reso protagonista di dichiarazioni in favore dei kamikaze palestinesi e degli attentati in Israele, arrivando a definirli «legittimi».A complicare la vicenda e a creare grande sconcerto è però il fatto che Sacraine e la sua organizzazione fanno parte del tavolo di dialogo e confronto creato da Downing Street all’indomani degli attentati del 7 luglio per contrastare il fondamentalismo nelle comunità islamiche del paese.

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