Assolti in Italia in quanto "guerriglieri", i compagni di Mohammed Daki nella cellula che,avendo come base il nostro paese, reclutava attentatori suicidi da mandare in Iraq, sono stati ora condannati in Germania per terrorismo. Di seguito la cronaca del Corriere della Sera di venerdì 13 gennaio 2006:
Il primo processo tedesco per il nuovo reato di terrorismo internazionale si è chiuso con una pesante condanna di un affiliato alla stessa cellula, scoperta nel 2003 dalla polizia di Milano, che invece era stata per metà assolta dai giudici italiani. Il nuovo verdetto dichiara che erano veri terroristi, e non giustificabili «guerriglieri» partigiani, gli integralisti islamici che sono partiti dall'Italia e dalla Germania per fare la jihad in Iraq. A Milano tre imputati dello stesso gruppo, tra cui l'ormai famoso marocchino Mohammed Daki, erano stati invece scagionati, tra polemiche politiche durissime e tra critiche investigative che ora sarà più difficile ignorare.
Il tribunale di Monaco ha condannato ieri a sette anni di reclusione un curdo iracheno di 33 anni, Mohammed Amin Lokman, riconosciuto colpevole di aver reclutato kamikaze come «affiliato all'organizzazione terroristica Al Ansar Al Islam», che dopo il 2001 è diventata la base curdo- irachena degli integralisti salafiti-jihadisti. La sentenza era molto attesa perché era il primo banco di prova del nuovo reato di terrorismo internazionale introdotto in Germania dopo l'11 settembre: una norma che ricalca quell'articolo 270 bis che invece in Italia resta di incertissima applicazione. Il processo di Monaco è «figlio» dell'indagine italiana: Lokman fu identificato e arrestato dalla polizia tedesca grazie alle intercettazioni della Digos di Milano, che riuscì a registrarlo mentre concordava con tre imam di Milano, Parma e Cremona l'invio in Iraq di almeno otto «combattenti pronti al martirio». A Monaco hanno deposto come testimoni d'accusa anche i pm milanesi e il giudice Guido Salvini.
In Italia finora le sentenze sulla stessa cellula sono state contraddittorie: tre imputati, tra cui il marocchino Daki, sono stati assolti; altri tre, condannati. Le polemiche contro le tre assoluzioni si concentravano sulla distinzione «di diritto» tra guerriglia e terrorismo, proposta per prima dal giudice Clementina Forleo, che però è stata poi riconfermata da tutti i successivi verdetti, fino alla Cassazione. Ora il problema è diverso ed è «di fatto»: secondo i giudici tedeschi, le prove raccolte dall'Italia dimostrano che in realtà quella stessa cellula di Al Ansar aveva «finalità di terrorismo», cioè pianificava stragi anche di civili in nome della guerra santa, e non di guerriglia contro i soli militari occupanti.
L'avvocato di Lokman, Rolf Grabow, aveva chiesto «clemenza» appellandosi proprio alle tesi italiane: «L'illegalità dell'occupazione americana dell'Iraq rende legittima la resistenza armata». Motivando la condanna, il presidente del tribunale, Bernd von Heintschel-Heinegg, ha invece replicato che «Al Ansar Al Islam ha compiuto numerosi attacchi terroristici in Iraq che hanno ucciso molte persone» e «Lokman ne faceva sicuramente parte». In particolare è provato che ha «reclutato, finanziato e inviato in Kurdistan almeno otto terroristi », uno dei quali «è morto da kamikaze». Lo stesso Lokman faceva curare in Europa i reduci dall'Iraq, tra cui «un istruttore di esplosivi che ha perso entrambe le mani in un attentato». Il pm tedesco aveva chiesto solo 7 anni di reclusione, anziché il massimo della pena, rivelando che Lokman, in un'udienza segreta, aveva addirittura confessato il suo ruolo di reclutatore.
Proprio ieri in corte d'assise a Milano il pentito Chokri Zouaoui ha accusato 5 affiliati alla stessa cellula italo-tedesca, tra cui lo «sceicco» Abderrazak e il curdo Amin, di aver progettato attentati anche in Italia. Ma a questo punto la Procura acquisirà anche la sentenza tedesca sull'Iraq.
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