In ricordo di una persona perbene
Fabrizio Quattrocchi, ucciso in Iraq dal terrorismo islamista
Testata:
Data: 10/01/2006
Pagina: 1
Autore: Magdi Allam - la redazione
Titolo: Il riscatto della verità - Fabrizio Quattrocchi

Dal Corriere della Sera di martedì 10 gennaio 2005, un ricordo di Fabrizio Quattrocchi scritto da Magdi Allam:

Grande è la commozione e maggiore è l'orgoglio per Fabrizio Quattrocchi che con tono pacato e risoluto sfida i terroristi con il suo nobile testamento: «Vi faccio vedere come muore un italiano». Ora che l'atroce filmato ha riscattato la verità, la famiglia e l'Italia intera pretendono giustamente le scuse di coloro che denigrarono Fabrizio dandogli del «mercenario» e del «fascista». E se si contestualizza la barbara esecuzione, consumatasi all'apice della deriva arcobalenista in cui quasi ci si vergognava del tricolore, emerge con forza la statura di Fabrizio eroe d'Italia. Se ci fosse una legge sul pentitismo nella politica e nell'informazione al cui rispetto fossero tenuti tutti coloro che con il loro operato hanno avvelenato l'opinione pubblica, l'ipotetico tribunale per il rispetto della verità sarebbe travolto dalla mole di denunce. Ma ahimè noi italiani abbiamo la lingua lunga, la memoria corta e siamo sprovvisti della mentalità riparatrice.
Ricordo che quando il 31 maggio 2004 pubblicai sul Corriere un articolo dal titolo «Quella voce italiana accanto ai terroristi», in cui elaborando le informazioni raccolte dai nostri servizi segreti sostenni la presenza di una «doppia cabina di regia italo-irachena» nel sequestro e nell'uccisione di Fabrizio, fui accusato nientemeno di essere l'autore di una «campagna di disinformazione che è parte integrante della guerra che si combatte» in Iraq. Oggi che abbiamo finalmente la certezza che tra i terroristi ce n'era uno che conosceva l'italiano al punto da dialogare con Quattrocchi e fare da interprete simultaneo agli altri terroristi arabofoni, si comprende quanto sia stata strumentale e perniciosa la polemica sulla identità italiana o «italiana» del terrorista. Se cioè egli fosse italiano purosangue o «italiano» naturalizzato o di fatto.
Sapevamo della collusione ideologica e operativa di ambienti eversivi in Italia con il terrorismo internazionale di matrice islamica, ma si è eretto un muro di calunnie e intimidazioni per negare la verità. Dal gennaio del 2004 eravamo al corrente che una settantina di nostri immigrati partirono dall' Italia per affiancare i terroristi islamici in Iraq e, tra loro, ci furono almeno sei kamikaze. Sapevamo che il 16 maggio 2004 l'italo-iracheno John Sawaka partecipò ai combattimenti a Nassiriya sfociati nell'uccisione di Matteo Vanzan. Sapevamo che solo dei terroristi in grado di conoscere dall'interno le pieghe della realtà italiana erano in grado di farci pervenire i loro «video a orologeria» in concomitanza con eventi salienti della nostra vita politica, condizionando efficacemente l'opinione pubblica e l'azione del governo.
E se appena appena scrutavamo all'esterno del nostro fragile guscio scoprivamo che l'Afghanistan e l'Iraq erano pieni di terroristi islamici con cittadinanza britannica e francese. Che già il 30 aprile 2003 due britannici andarono a farsi esplodere in un bar di Tel Aviv. Una tragica realtà che ha infranto tutti i muri dell'ignoranza e del qualunquismo quando lo scorso 7 luglio quattro terroristi suicidi britannici, tra cui un cristiano convertito all' islam, si fecero esplodere a Londra. Più recentemente una belga «purosangue» è andata a farsi esplodere in Iraq. Eppure noi in Italia continuiamo a tutt'oggi a illuderci, tra menzogne e ipocrisie, di essere al riparo dal terremoto che sconvolge il mondo intero. Il caso di Fabrizio è emblematico di un approccio ignobile e infame di chi, pur di negare l'evidenza dei fatti, è arrivato a screditare e ingiuriare un italiano perbene che, proprio in punto di morte, ci ha offerto un attestato di eroismo che gli fa onore e di cui siamo fieri.

Dal Foglio, un articolo dedicato a "Fabrizio Quattrocchi"

A quasi due anni dal suo omicidio possiamo finalmente guardare le immagini
di Fabrizio Quattrocchi che muore in Iraq il 14 aprile del 2004. Giunto dal Qatar
alla procura di Roma da poche ore e quasi subito trasmesso dal Tg1, per i magistrati il video girato dagli assassini costituisce “corpo di reato”. Per chiunque abbia dato un’occhiata ai pochi fotogrammi messi in onda dalla Rai, in quelle immagini c’è soprattutto la conferma che l’ex panettiere siciliano, diventato bodyguard a Genova e finito in Iraq a guadagnarsi la mesata, quella frase l’ha pronunciata davvero: “Vi faccio vedere come muore un italiano”. L’ha scandita piano, le mani legate e le ginocchia a terra, mentre faceva il gesto di abbassarsi
la benda che gli copriva gli occhi e la testa (una kefiah). Con le dita oscillanti
davanti alla propria faccia, per due volte Quattrocchi ha perfino chiesto il permesso (“Posso?”) di mostrare come intendeva ricevere in testa i proiettili dei banditi iracheni. Gli occhi non è riuscito a liberarli, Fabrizio, ma il messaggio è arrivato lo stesso, orgoglioso e raggelante, a spiazzare gli increduli e i timorati dalla possibilità che sul serio si possa ancora crepare a quel modo. In abiti civili ma senza piagnucolare o invocare cortei di pace e fughe precipitose. Nella sua Italia, che è pur sempre il paese in cui un’onorificenza non si nega a nessuno, forse una medaglia al valore civile Fabrizio Quattrocchi se l’è guadagnata. La possibilità di assegnargli un riconoscimento alla memoria è nelle mani di Ciampi e per nessuno, crediamo, sarebbe un gesto retorico se il presidente volesse chiudere così il suo mandato.

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