Un'opinione corretta da sinistra, una tra le poche
l'analisi di Peppino Caldarola
Testata:
Data: 07/01/2006
Pagina: 1
Autore: Peppino Caldarola
Titolo: Il dramma della democrazia israeliana

Sul RIFORMISTA di oggi, 7.1.2006, una critica da sinistra alla sinistra. L'accurata analisi di Peppino Caldarola:

Ecco l'articolo:

 E’ un evento la commozione mondiale per Sharon. Forse è scontato registrare, di fronte alla minaccia della scomparsa del leader più contrastato ma anche più coraggioso di Israele, parole di angoscia e di partecipazione al dolore del popolo ebraico.Altrettanto scontato è leggere parole di solidarietà rivolte all’ultimo Sharon, al leader che unilateralmente ha deciso il ritiro da Gaza aprendo una prospettiva senza precedenti alla possibilità di pace fra palestinesi e israeliani. Il dolore è per l’inabilitazione e forse la minaccia di morte dell’ultimo Sharon, non essendoci revisioni di giudizio sull’altro Sharon, sul guerriero di Israele. Fausto Bertinotti esplicita questa tesi. Sharon, ha detto alla "Repubblica", è stato per gran parte della sua vita un uomo "orribile".Nemer Hammad,fino a poco tempo fa rappresentante del popolo palestinese in Italia e oggi consigliere di Abu Mazen, pur ammettendo che la "svolta " di Sharon ha introdotto una novità nel conflitto, continua a descrivere Sharon come il responsabile principale delle disgrazie palestinesi. E’ un approccio, a parere mio, sbagliato. C’è un punto su cui i sostenitori unilaterali della tesi palestinese devono riflettere. La morte di Arafat non commosse alcuno e all’indomani della scomparsa del raiss si aprirono opportunità di pace fino allora impreviste. La malattia di Sharon e la sua temuta scomparsa creano, invece, una sensazione di sgomento che investe, senza eccezioni, a parte i gruppi più estremi palestinesi e quel cretino che guida l’Iran, tutto il mondo, anche nella schiera dei nemici di Israele. Le ragioni sono molteplici. La prima sta nel fatto che si individua nella leadership di Sharon quel convergere di duttilità e di forza che danno alla democrazia israeliana la forza di incamminarsi sulla via della pace, e sulla via di rinunce territoriali dolorose ma necessarie per aprire una nuova stagione. Il duro Sharon rappresenta un popolo, anche quello che non l’ha votato e non l’avrebbe votato alle prossime elezioni. In secondo luogo si coglie il valore e la eccezionale capacità di intraprendere una nuova strada che è maturata dentro Israele fino a realizzare quella parola d’ordine di Abba Eban,"liberarsi dai territori e non liberare i territori". Israele ha fatto in questi anni, anni in cui è stata colpita in modo terribile, quasi senza solidarietà internazionale, comunque senza quella europea, il più grande sforzo di ricerca di interlocutori palestinesi e arabi con cui fare la pace per rompere quella sensazione ben espressa nella frase che Theodor Herzl scrisse al cattolico liberale barone Leitenberger: "Siamo un popolo che vive permanentemente in territorio nemico". Infine, si è aperta, a seguito dell’11 settembre, una breccia nella cultura e nella politica occidentale che finalmente riconosce una responsabilità primaria non già a Israele ma all’estremismo arabo-musulmano (e non parlo solo dei sostenitori del Califfato, mi riferisco a un mondo di complicità che investe anche il cosiddetto moderatismo arabo). Tuttavia siamo ancora ben lontani da una revisione critica dell’intera storia del conflitto. Ciclicamente torna a proporsi il tema della nascita di Israele come espropriazione dei palestinesi. Ciclicamente si racconta il dramma di questo popolo ferito come conseguenza dell’aggressività di Israele. In questa narrazione scompare l soggetto arabo. Scompare sia quando non si vede come la diaspora palestinese sia frutto dell’abbandono dei palestinesi da parte di tutte le classi dirigenti arabe, sia quando si sottovaluta il dato storico che le scelte terroristiche portate per la prima volta nella storia moderna sull’intero globo sono eseguite da organizzazioni militari palestinesi, sia quando non vede che nel mondo arabo, con una successione di colpi di stato in cui caste militari, regnanti, leaders legati alla rendita petrolifera, sono state selezionate leadership che hanno esercitato, spesso in lotta fra loro, il più terribile dominio sulle popolazioni arabo musulmane. L’ "orribile" Sharon, ma poi anche Rabin e prima ancora Begin e gli altri leader, si sono dovuti muovere sullo scacchiere mediorientale avendo di fronte classi dirigenti che univocamente - si distaccheranno successivamente Egitto e Giordania - impediscono passi avanti alla soluzione del problema palestinese. La stessa colpa di Sharon, quella che riguarda il terribile massacro nei campo profughi di Sabra e Shatila ad opera dei falangisti cristiani che volevano vendicare la morte a Beirut del presidente libanese Bachir Gemayel, è colpa grave per non aver assicurato protezione, non per aver partecipato al massacro.Eppure tutti dimenticano che per quella gravissima "culpa in vigilando" la democrazia israeliana seppe trovare la sanzione più dura destituendoil ministro della Difesa e il capo di stato maggiore.  I prematuri necrologi e le parole commosse sul povero Sharon riproducono a tutt’oggi una lettura unilaterale della storia di quel conflitto. E’ qui invece il salto culturale che fa va fatto. Non si comprende l’affacciarsi irruente dell’uomo di pace Sharon se non si parte dalle ragioni profonde del suo popolo che ha spinto alcuni leaders israeliani, fra cui soprattutto Sharon, anche a procurare gravi torti ai palestinesi. Si continua ad avvertire invece l’esistenza di una zona grigia in cui i buoni i cattivi si incrociano, spesso nella stessa persona, all’interno della classe dirigente israeliana, mentre un silenzio opprimente avvolge le responsabilità cruciali delle classi dirigenti arabe e dello stesso gruppo dirigente palestinese che si sono avvalse nel tempo della protezione acritica di gran parte del mondo occidentale, di importanti settori della sinistra, e per lungo tratto della stessa Chiesa cattolica. Sharon ben rappresenta il dramma ma anche la forza della democrazia israeliana: l’emergere costante in quelle classi dirigenti della difesa più alta del proprio popolo che si spinge talvolta alla guerra, ma che sa trovare le parole e i gesti per trasformare indomiti guerrieri in ostinatissimi cercatori di pace. In Sharon questa capacità è stata talmente forte che si è spinta fino a realizzare una straordinaria rivoluzione nel sistema politico con la nascita di Kadima. E’ logico sperare che la tragedia che avvolge il destino umano di Sharon non coinvolga il proprio popolo e la svolta che Ariel aveva compiuto. Ma è logico sperarlo solo se finalmente la comunità internazionale saprà dare ai successori di Sharon l’appoggio in grado di rendere irreversibile la scelta del vecchio leader. Di "orribile", caro Bertinotti, c’è solo il silenzio occidentale sui ritardi del mondo arabo. Di "orribile" c’è solo l’arroganza di Nemer Hammad che tuttora è incapace di vedere la grave colpa che il gruppo dirigente attorno ad Arafat, di cui lui faceva parte, si è reso responsabile impedendo processi di democratizzazione all’interno del proprio popolo e rompendo connivenze con antiche e nuove formazioni terroristiche. 

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