Gli insulti dall'estrema sinistra
prevedibili, anche se per questo non meno gravi
Testata:
Data: 06/01/2006
Pagina: 1
Autore: Maurizio Matteuzzi-Giancarlo Lannutti
Titolo: La caduta del falco

Mettiamo insieme il MANIFESTO e LIBERAZIONE, anche se non sta bene mettere due galli nello stesso pollaio. Ma l'attitudine che li accomuna nel pregiudizio antisraeliano ci obbliga a farlo.

Sul MANIFESTO Maurizio Matteuzzi, vecchio terzomondista per il quale nulla che abbia la benchè minima apparenza di occidente può andare bene, apostrofa Sharon con i termini più cortesi:

"Un falco dei più aggressivi e feroci", "Il falco ha chiuso le ali", "Sarà ricordato come l'uomo di Sabra e Shatila e l'uomo del muro dell'odio", "è rimasto sempre un militare, spesso feroce,mai un politico",

Per dire quanto Sharon sia stato cattivo da sempre, scrive:

"In guerra già nel '48, durante il promo conflitto arabo-israeliano è a comando di una divisione di fanteria"

Naturalmente si guarda bene dal dire cos'è stata la guerra del '48, chi l'ha scatenata e perchè.

"Un guerriero spesso sconfinato in un criminale di guerra" "il ritiri dei coloni da Gaza...è stata una mossa per rendere eterna e irrimediabile l'occupazione israeliana in Cisgiordania e nella parte araba di Gerusalemme"

L'articolo è pieno di travisamenti della storia, come è giusto che facciano gli eredi dell'Enciclopedia Sovietica di triste memoria, che ad ogni edizione provvedeva a riscrivere la storia a piacimento del dittatore di turno.

Ecco comunque l'articolo, leggerlo sarà irritante tanto è demagogico, ma sarà istruttivo.

Eccolo:

Ariel vuol dire in ebraico il Leone di Dio. Più che un leone, e più ancora che di Dio, Sharon era un falco. Dei più aggressivi e feroci: «always escalate» era il suo motto. Ora, sia che muoia sia che viva (e noi speriamo che viva), il falco ha chiuso le ali. Adesso che non vola più qualcuno -ahinoi perfino a sinistra - che lo aveva proposto e non per burla come Nobel per la pace vorrà certo farlo subito santo, come un altro celebrato guerriero di dio. La Storia è piena di falchi che, se non per convinzione per realismo politico, si sono convertiti in realizzatori di pace. Il generale De Gaulle capì che la guerra in Algeria non aveva futuro. Il boero De Klerk capì che il Sudafrica dell.apartheid non aveva futuro. Rabin capì che un Israele senza uno Stato palestinese a fargli da contraltare non aveva futuro. Sharon non era, come qualcuno si era illuso che fosse, il De Gaulle israeliano. Non era il De Klerk israeliano, perché il boero aveva capito che la pace la poteva fare solo con il suo nemico Mandela mentre lui il suo nemico Arafat l.ha prima deligittimato, isolato, relegato e infine fatto morire (se materialmente o no non è ancora stato chiarito). Non era neanche Rabin che fu ucciso nel novembre del .95 in un piazza di Tel Aviv da un estremista ebreo che vedeva in lui, Sharon, il dio d.Israele. Sharon è nato ed è morto - polticamente se non ancora clinicamente - falco. Un guerriero - spesso sconfinato in un criminale di guerra - che non èmai diventato un politico, in un paese come Israele che fra i suoi miti fondatori ha quello dei cittadini-soldati passati poi alla politica. Sarebbe ingiusto e rozzo dire, adesso che è uscito di scena inmodo così rapido e drammatico, che non si è lasciato dietro nulla se non guerra e devastazione, morte e disperazione. Ma di certo non si lasciato dietro una speranza di pace. Dopo Sharon la pace appare più lontana che mai, in un paese e in una regione, il Medio Oriente, già data alla fiamme dai folli sogni dei neo-conservatori americani e dalle «guerre di liberazione» dell.amministrazione Bush. Il ritiro dei 7 mila coloni da Gaza, l.anno scorso, che per certi versi fu drammatico e segn ò una sorta di rottura fra Sharon e la sua base storica, non è stato affatto, come si è voluto far credere dentro e fuori (soprattutto fuori) Israele, l.inizio della pace. Per come è stato fatto e per cosa c.era dietro è stato semmai il suo opposto. Una mossa per rendere eterna e irrimediabile l.occupazione israeliana in Cisgiordania e nella parte araba di Gerusalemme, per garantire i 450 mila coloni per cui lui, comeministro dell.agricoltura, dell.edilizia, dell.infrastruttura nazionale (prima di diventare ministro degli esteri e poi primo ministro) aveva fatto tanto, che di lì non si sarebbero mossi mai più e che Gerusalemme sarebbe rimasta la capitale «unica, indivisa ed eterna» dello Stato di Israele. «Occupate più colline - aveva proclamato una volta, quando era l.idolo dei settlers -.Tutto cià che occupiamo sarà nostro. Tutto ciò che non occupiamo finirà nello loro mani». La Storia dirà qual è stata l.eredità lasciata da Sharon al suo paese e al mondo. Quale fosse la sua «visione» strategica del futuro, quali fosseroi confini definitivi di uno Stato che, unico al mond, dal .48 si rifiuta pervicacemente di tracciarli, quale fosse il tipo di Stato che aveva inmente, quale fosse lo Stato palestinese - a cui non aveva mai creduto ma che all.ultimo diceva  di essersi rassegnato ad accettare - che intravvedeva una volta conclusa e vinta la guerra secolare con «gli arabi». Per Sharon l.intifada che aveva contribuito a scatenare con la famosa passeggiata sulla spianata delle mochee a Gerusalemme del settembre 2000, non era l.inevitabile reazione dei palestinesi privati di qualsiasi possibilità di una soluzione politica, ma prima ancora che «terrorismo » - una mercanzia buona per il mercato esterno, soprattutto americano, che a suo tempo aveva considerato anche Mandela un «terrorista » -, l.ultima battaglia di una guerra arabo- israeliana che durava da 120 anni. Lasciando la Storia con i suoi te per attenersi alla cronaca, Sharon sarà ricordato come l.uomo del massacro di Sabra e Chatila, l.uomo del Muro dell.odio, l.uomo della (apparentemente) demenziale passeggiata davanti alla mosche di al-Aqsa. L.uomo dell. always escalate, sempre alzare il tiro. Non per arrivare a una qualche forma di accordo con il nemico,ma per annientarlo e distruggerlo sul campo di battaglia. E rendere cos ì impossibile ogni forma di accordo reale, che non sia la resa senza condizioni ai vinti. In queste ore di finto lutto (quasi) generalizzato e di reale inquietudine per il futuro, è difficile ma bisogna ricordare che se Sharon sembrava avere rinunciato ai suoi sogni di un Israele che andasse dal mar Meditterraneo al fiume Giordano e sembrava avere accettato l.idea di uno staterello palestinese che non fosse, come proclamava prima, «la Giordania», si trattava sempre di uno (o,meglio, più) bantustan smilitarizzato, senza continuità territoriale e risorse economiche; dell.intera valle del Giordano che doveva rimanere nella mani di Israele, delle colonie nella West Bank che dovevano restare definitivamente annesse a Israele; di tutta Gerusalemme che doveva rimanere la capitale «indvisa » di Israele; del diritto al ritorno che doveva essere riconosciuto solo agli ebrei della diaspora ma mai e poi mai ai profughi palestinesi scacciati nel .48 e nelle altre guerre. Anche la road-map, un piano «di pace» che rappresentava già un amputazione e un insulto per i palestinesi, nato sull.onda di un discorso di George Bush del 2002 e messo a punto dal Quartetto (Usa, Ue, Onu e Russia), a lui era sembrato da rigettare in quanto eccessivo e «poco serio». Gli accordi di Oslo del .93 fra Rabin e Arafat, i vertici di Camp David e di Taba del 2000 fra Arafat e Barak, la road-map del 2003. Tutti falliti ufficialmente per l.intransigenza e il doppio gioco di Arafat e per il «terrorismo» dei palestinesi. Fino a quando, sul finire del 2000, non riemerse dall.ombra Sharon, eletto una prima volta nel febbraio del 2001 promettendo «pace e sicurezza» agli israeliani. Non la pace con i palestinesi ma la guerra. La guerra in cui usò alcune delle tattiche che aveva praticato in Libano, nell.82 e che gli erano valse accuse di criminale di guerra.A ogni ipotesi di pace fallita, nuovi pezzi di Palestina venivano ingoiati dagli israeliani, per «ragioni di sicurezza». A ogni attentato kamikaze che aveva cominciato a mietere vittime civili dentro Israele accuse di connivenza contro l.Autorità palestinese e la deligittimazione perfino come nemico di Arafat, l.uomo che ai tempi degli accordi di Oslo Rabin e i servizi segreti israeliani avevano identificato come l.unico in grado di tenere sotto controllo quel caos - sempre più grande ma sempre più voluto e cercato - che erano (e sono) i palestinesi. Sharon si era più volte pubblicamente pentito di esserselo lasciato sfuggire a Beirut e di non averlo «liquidato » - come centinaia di altri leader vittime degli «assassinii mirati» - in altre occasioni in cui era stato a portata di mano. Come per i palestinesi, anche per gli israeliani pace e sicurezza non sono mai apparsi così lontani come durante il primo governo di Sharon, che però fu rieletto nel 2003 contro la debole alternativa laburista rappresentata da Mitzna (era riuscito anche a fare dei laburisti di Peres la foglia di fico del suo bellicismo a oltranza). Il muro dell.apartheid, il muro dell.odio era stata un.altra delle sue scelte strategiche. Per difendersi dagli attacchi kamikaze, era la ragione ufficiale. In realtà quel muro, che non cessava a ogni metro di mangiarsi altra terra palestinese, sembrava prefigurare, forse, un futuro confine «definitivo». Fuori dal muro, la Palestina sempre più piccola e divisa. Dentro un grande ghetto fortificato nell.attesa dell.attacco dei barbari. Questo era Sharon. un guerriero di dio, nonostante la tradizione laica della sua famiglia. Guerriero fin da bambino. Nella sua autobiografia del 1989, non a caso intitolatoa «Warrior », ricorda che suo padre gli aveva regalato un pugnale, quando aveva 13 anni e vivevano in una fattoria vicino a Tel Aviv: «per difendersi dai nemici». Gli arabi, i palestinesi. «Una lezione che non ho mai dimetnicato». La sua famiglia era arrivata in Palestina, allora sotto mandato britannico, nel 1922 dalla Russia. Allora si chiamavano Scheinermans ed erano andati a sistemare in un insediamento agricolo nella valle di Sharon, da cui presero il nome. Lì era nato Ariel, nel 1928. Arruolatosi giovanissimo nel Gadna, un battaglione giovanile paramilitare, poi nell. Haganah, uno dei gruppi ebraici di combattimento. Di lì un crescendo: come capo della famigerata Unità 101, fu il responsabile di un massacro di palestinesi nel villaggio di Qibya, nel .53, quando come rappresaglia all.assassinio di una donna israeliana e dei suoi due figli uccise 69 civili arabi. Nella guerra dei sei giorni del .67 era a capo di una divisione corazzata. Nel .71 si mise a caccia di «terroristi« palestinesi a Gaza. Nella guerra del Kippur del .73 trasgredì gli ordini e attraversò con la sua unità il canale di Suez accusando i suoi superiori di «incompetenza e codardia». Ufficiale brillante ma insubordinato, con questo si tagliò la carriera militare e si diede alla politica. Con il Likud di Menachem Begin, il partito allora di estrema destra. Divenneministro e quando era alla difesa gli toccò guidare l.attacco al Libano e l.assedio di Beirut. Fu allora quando diede, insieme agli altri generali israeliani, il via libera alle falangi cristiane libanesi che per tre giorni massacrarono migliaia di palestinesi - donne e bambini in testa - nei campi di Sabra e Chatila. L.anno dopo la commissione Kahan sancì la sua «responsabilità personale» nell.orrendo massacro e lo costrinse a dimettersi da ministro della difesa (ma non dal governo). Sembrava la sua fine, ma non era che l.inizio. Un.inizio non scalfito, 20 anni dopo, dall.accusa di crimini  di guerra con cui una corte belga voleva processarlo in nome dell.umanità. Un volo quasi irresistibile del falco. Fino allabrusca caduta finale dimercoledì sera.

LIBERAZIONE, organo di Rifondazione comunista, rispetto al MANIFESTO, sembra il Corriere della Sera. E' vero che in prima viene richiamata nel titolo la "gioia" che pervade il mondo arabo, che, messa lì tra il dolore e la paura, può avere la stessa valenza. Sharon viene definito "boia e statista", ma il tono degli articoli e mille anni luce lontano dal livore del quotidiano cugino. Anche qui comunque la ritorsione contro Israele di tutto quello che non funziona. E Sharon viene indicato come il capro espiatorio del fatto che agli israeliani non è garantita la sicurezza !

Nosappiamo se valga la pena raddrizzare le gambe ai cani. Chi vuole provarci, clicchi sulle e-mail sottostanti.

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