Pubblichiamo il testo integrale apparso sulla rivista "Storia in Rete" di Gianni Scipione Rossi, articolo sul quale Informazione Corretta ha già scrito (vedi archivio).
Una piccola perla sfuggita ai libri di storia e forse sconosciuta al grande pubblico.
“Un fascista ingaggiato dal Mossad con l’ok di De Gasperi” è il titolo dell’articolo che Gianni Scipione Rossi pubblica nel numero di dicembre della rivista Storia in rete.
A poche settimane dalla dichiarazione di indipendenza, i capi del servizio segreto ebraico sono in allarme. Sanno perfettamente che non appena Israele avrà reso pubbliche le proprie intenzioni gli arabi gli dichiareranno guerra.
Per fronteggiare questa emergenza vengono reclutati i migliori specialisti del mondo. Senza guardare tanto per il sottile vengono avvicinati anche uomini della ex RSI.
Attraverso questi contatti gli agenti del Mossad arrivano a Fiorenzo Capriotti, il protagonista di questa straordinaria avventura che, partito dall’Italia pensando ad un “lavoretto contro gli inglesi”, arriva in Israele e s’innamora di quella terra e della sua gente, di quei combattenti coraggiosi ed entusiasti, pronti a sacrificarsi per la loro Patria..….fino “a sentirsi veramente uno di loro”
Una storia interessante che merita di essere ricordata e che getta una nuova luce sull’impegno dell’Italia nel sostegno alla dura battaglia che il nascente Stato di Israele ha dovuto combattere contro gli eserciti arabi che ne volevano la distruzione.
Aprile 1948, Trento: Alcide De Gasperi ha un incontro molto riservato. Il presidente del Consiglio italiano riceve Ada Sereni, emigrata nel 1927 nel “focolare ebraico” di Palestina e tornata come agente del “Ha-Mossad Le-Modiin Ule-Tafkidim Meyuhadim”, il neonato servizio segreto ebraico. Da tre anni la giovane signora, che ha perso il marito Enzo a Dachau, si adopera per organizzare l’emigrazione via mare degli ebrei europei che, sfuggiti all’Olocausto, si ammassano in Italia. Destinazione Haifa. Prima con barche di legno, poi con piccole navi, in venticinquemila hanno già raggiunto la Terra Promessa. Clandestini. Sia alla partenza sia, soprattutto, all’arrivo.
La Palestina è ancora un mandato britannico. La Gran Bretagna è attestata sulla linea tracciata con il Libro Bianco del ’39, non vuole problemi con gli arabi e tenta di contenere l’immigrazione e di scongiurare la nascita dello Stato di Israele, mentre divampa la rivolta ebraica guidata dall’Haganah e dall’Irgun. L’Italia si barcamena. Da un lato preferisce che i profughi defluiscano dal suo territorio. Dall’altro, impegnata nell’ardua riconquista di un ruolo internazionale, sta impostando la futura politica estera filoaraba. Londra incalza. Il trattato di pace sarà firmato solo il 10 febbraio del 1947. Fino a quella data la sovranità italiana è depotenziata. In questo contesto il Mossad si muove con prudenza, ora aiutato ora frenato dalle autorità italiane. Con le quali, tuttavia esistono rapporti informali a vari livelli, attraverso Jehuda Arazi, Ada Sereni e Raffaele Cantoni, presidente delle Comunità ebraiche italiane. In questa prima settimana di aprile, De Gasperi sapeva che lo Stato di Israele stava per nascere. La risoluzione 181 dell’Onu sulla spartizione della Palestina era stata adottata quattro mesi prima, il 29 novembre 1947. Ma l’Italia non è ancora membro dell’Onu. Resta un soggetto “minore”. Tra arabi ed ebrei, anche condizionata dalla Santa Sede, l’Italia preferisce mantenersi in equilibrio. Riconoscerà Israele solo il 7 febbraio 1949, dopo gli USA, il blocco sovietico e la Francia, quando il giovane stato ebraico ha ormai suggellato con le armi il proprio diritto all’esistenza, respingendo l’assalto congiunto degli eserciti di Egitto, Siria, Transgiordania, Iraq e Libano.
L’aggressione era cominciata subito dopo la dichiarazione d’indipendenza, pronunciata da David Ben Gurion alle 4 del pomeriggio del 14 maggio 1948 nella sala del Museum-Hall di Tel Aviv: “Noi membri del Consiglio Nazionale, rappresentanti il popolo ebraico di Palestina ed il movimento sionista mondiale proclamiamo la fondazione dello Stato ebraico in Terra Santa, che porterà il nome di Medinat-Ysra’el….”
Tel Aviv viene bombardata. Ma qualcosa è cambiato durante la Seconda Guerra Mondiale. Come scrisse Menachen Begin, nella prefazione all’edizione inglese delle sue memorie, “dal sangue, dal fuoco, dalle lacrime e dalle ceneri è nata una nuova specie di essere umano. Una specie completamente completamente sconosciuta al mondo per oltre diciotto secoli: l’ebreo combattente. Questo Ebreo, che il mondo considerava morto e sepolto per sempre, è risorto”.
De Gasperi non è antisionista ma il realismo politico lo costringe a non assumere posizioni nette. “Quello che voi chiedete – obietta ad Ada Sereni – è praticamente il farvi vincere la guerra in Palestina. Qual è l’interesse dell’Italia alla vostra vittoria?”.
La risposta è articolata su due punti: “L’Italia non ha alcun interesse ad essere circondata da paesi arabi troppo forti”; “se noi perderemo la guerra in Palestina ci sarà un deflusso di masse di profughi. Che interesse avete a riprenderveli?” E avanza la sua richiesta: “Chiudere un occhio e possibilmente due sulle nostre attività in Italia” A quel punto De Gasperi avrebbe assentito: “Va bene”.
La storia dell’emigrazione clandestina sta per chiudersi. Decine di migliaia di profughi partiranno ancora dai porti italiani, ma legalmente. In realtà Ada Sereni chiede a De Gasperi di chiudere un occhio sul traffico d’armi dall’Italia verso la Palestina ebraica e sull’attività di contrasto che il Mossad aveva in corso contro l’analogo traffico verso i paesi arabi. Qualche giorno dopo, il 10 aprile, viene affondata la nave “Lino”, salpata da Fiume e diretta a Molfetta.
Ma forse Ada Sereni ottiene anche un altro via libera. Il nascente stato di Israele ha bisogno di tutto. Anche di mettere in campo una marina capace di contrastare quella egiziana. In termini di mezzi navali, ma anche di uomini. In quei mesi delicati l’Italia non fornisce naviglio. Non si sottrae, però alla possibilità di inviare istruttori, ovviamente in modo assolutamente coperto.
A Israele conviene “dare un aiuto discreto”, chiarisce uno scambio epistolare tra l’ambasciata italiana a Parigi e la direzione degli Affari politici del ministero degli Esteri nel maggio 1948. L’Italia non deve scoprirsi con gli arabi, ma assumere anche un atteggiamento “non contrastante con le aspirazioni dei sionisti”, come spiegherà ad agosto il ministro degli Esteri Carlo Sforza al collega della Difesa Randolfo Pacciardi, che poteva contare sulle simpatie sioniste del capo di Stato maggiore della Marina Franco Maugeri.
Ma dove trovare gli uomini adatti? Il servizio segreto della Marina si mette al lavoro. Lo dirige il comandante Calosi. La Marina israeliana vuole costituire reparti d’élite e in particolare un nucleo di mezzi d’assalto. Calosi non può mandare personale in servizio. Deve pescare tra gli ex combattenti. Che appartengono essenzialmente a una categoria: i reduci della Decima Mas che hanno combattuto sotto le insegne della Repubblica Sociale. Capitano del Genio navale fino all’8 settembre, Nino Buttazzoni è salito al Nord con Junio Valerio Borghese, il comandante della Decima Mas, una delle formazioni più note, compatte ed efficienti della RSI. Con lui ci sono anche i suoi nuotatori paracadutisti (gli NP). Noto per la sua abilità e per la capacità di comando, è forse il primo ad essere contattato. Lo ricorda lui stesso, anche se sorvola sul ruolo del SIS. “Gli anni dell’immediato dopoguerra – scrive nelle sue memorie – sono pieni di iniziative “non ortodosse”. Fra l’altro, vengo invitato a prendere contatto con il centro di coordinamento dei servizi israeliani a Roma.E’ diretto dalla signora Sereni, con la quale ho un lungo colloquio. E’ala ricerca di una persona esperta che assuma l’incarico di organizzare e addestrare alle armi e alla guerriglia i numerosi ebrei provenienti dalle regioni orientali dell’Europa e decisi a raggiungere i territori del Medio oriente per creare una loro nazione. L’incarico mi attira, anche perché significa misurarsi ancora con gli inglesi, decisi a opporsi allo sbarco degli ebrei in Palestina”.
Buttazzoni non parte. Si sta ricostruendo una vita e non se la sente di lasciare la famiglia. Ma suggerisce di “avvicinare vari ufficiali degli NP sia del Nord sia del Sud. Alcuni vengono ingaggiati, come il capitano Geo Calderoni”
Parte, invece, il capo di terza Fiorenzo Capriotti da Ascoli Piceno, classe 1911.
Non viene dalla Repubblica. Nel 1940 era partito volontario nei mezzi d’assalto. Con il suo MTM (motoscafo turismo modificato) partecipa il 26 marzo 1941, nell’isola di Creta, all’assalto contro le navi inglesi ancorate nella baia di Suda. Il 26 luglio successivo tenta di violare Malta ma è catturato dagli inglesi. Lo attendono quasi cinque anni di prigionia. Per un anno e mezzo è detenuto tra Inghilterra e Scozia. Poi viene “ceduto” agli americani. Dalla fine del 1942 è in Missouri. Non cooperatore finisce alle Hawaii. Rientra in Italia nel marzo del 1946. Un rimpatrio difficile.Scopre che “non c’era più un fascista! Tutti avevano vinto la guerra! Anzi, un fascista c’era ancora: ero io! E solo io avevo perso la guerra”.
Eppure Capriotti non era stato un fascista in senso proprio. Il suo potrebbe essere definito un “fascismo patriottico”. “Durante il Ventennio – tiene a precisare – fui sempre e soltanto un italiano. Non avevo mai indossato l’orbace”. Si era arruolato per amor di Patria, “non per combattere una guerra politica”. In un certo senso, Capriotti diventa “fascista” nell’estate del 1943: “Con la caduta del fascismo e l’arresto di Mussolini, abbandonai ogni speranza per la vittoria delle nostre armi. Poi arrivò l’8 settembre, per maggior disgrazia mio compleanno….L’Italia perse la guerra; io persi la guerra ma non l’onore. Attraversata in prigionia la guerra civile, non si sottrae all’impegno politico. Nel 1946 partecipa all’avventura del “Fronte dell’Italiano” di Giovanni Tonelli e quando nasce il Movimento Sociale Italiano, a fine dicembre, entra nel raccoglitore dei reduci. Come Nino Buttazzoni, che fu tra i fondatori del MSI. Nel partito neo-fascista Capriotti diventa un dirigente. E’ componente del Comitato Centrale quando lascia il partito, nel 1957. La politica lo ha deluso. Se ne va amareggiato. “Stimavo Michelini (a lungo segretario del MSI, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ndr) era una persona concreta. Ad Almirante dicevo sempre: sei un grande oratore ma devi batterti per avere il venti per cento. Bisognava fare battaglie sociali, contrastare Nenni e Togliatti. Invece non si parlava chiaro. Dicevano: bisogna portare avanti la valigia. Ma dentro quella valigia che cosa portavamo?”
Tornato in Patria, Capriotti non aveva avuto fretta di riprendere servizio in Marina. “Aspettai che mi cercassero i carabinieri”. Rimette la divisa nel 1947, ma solo per qualche mese. Appena può, siamo all’inizio del 1948, lascia. E’ a quel punto che il libero cittadino, nonché dirigente missino, Fiorenzo Capriotti è avvicinato dal capo del SIS, “un signore di antica razza”. “Lo incrociai mentre uscivo dal Ministero. Mi disse: “Ci sarebbe qualche lavoretto….che lei sa fare molto bene!” Sulle prime si schernisce….Poi ha lo stesso riflesso di Buttazzoni: “….A meno che non si tratti di qualche lavoretto contro gli inglesi”.
“Si trattava – ricorda – di inviare in Israele due operatori di mezzi d’assalto, di cui uno per i subacquei, era il sottotenente di vascello Nicola Conte, che aveva lavorato con gli inglesi, e un altro per la superficie, sarei stato io. Da sottufficiale di Marina prendevo 75 mila lire al mese. Me ne avrebbero date 150 mila. Avrei messo da parte qualcosa per lavorare contro gli inglesi!”.
Capriotti non ricorda se vi fossero altri italiani coinvolti. Non sa dei contatti avuti da Buttazzoni. Ricorda invece molto bene l’incontro avuto nell’aprile del 1948 con Ada Sereni e Yehuda Arazi.
Probabilmente nessuno disse mai a De Gasperi quali furono le conseguenze del suo colloquio con la signora del Mossad. Ma certo è da quel vertice segreto in Trentino che prende l’avvio la storia paradossale di un “fascista” che diventa un protagonista dei primi passi dello Stato d’Israele e s’innamora degli “ebrei combattenti”.
Né Capriotti pensa mai di nascondere il proprio particolare “fascismo”. Neppure in Israele: “Doveva arrivare in visita Ben Gurion. Abraham Zaccai era preoccupato di come avrei risposto a una domanda sulle mie idee politiche. Ma non ebbi dubbi. Naturalmente direi che sono fascista! Ma non preoccuparti – gli dissi – perché lui, Ben Gurion, è fascista esattamente come me: egli, per Israele, vuole esattamente quello che io voglio ed ho sempre voluto per l’Italia e che può essere definito in maniera semplice: tutto per l’Italia, nulla contro l’Italia, tutto per un’Italia sempre più grande ed Augusta”.
Ormai diventato mister Katz, profugo rumeno diretto in Palestina, protetto dal Mossad, Capriotti va a Milano, dove opera Ephraim Ilin. Uomo d’affari di origine russa, aveva comprato dalla Cabi Cattaneo di Guido Cattaneo sei MTM, praticamente residuati di guerra. Capriotti li controlla e collauda l’idroscalo. Poi vengono imballati e spediti in Israele.
Lui sbarca ad Haifa in giugno. “Neppure mia moglie sapeva dov’ero. Le feci credere di aver accettato un lavoro a Limassol, nell’isola di Cipro”. Lo Stato ebraico è nato ma la guerra è in corso. Nonostante questo “la gente era felice, cantava, ballava, gioiva: era il mondo che invano avevo sognato per l’Italia. E, tanto stavo male in questo nostro paese, tanto mi sentii felice laggiù tra quella gente semplice”.
“Fin dal primo momento – dice Capriotti con una punta di nostalgia – mi sentii di amare quella terra e fin dal primo incontro mi sentii veramente uno di loro”.
A Jaffa si costituisce il primo gruppo mezzi d’assalto. I soldati vengono dai kibbutz. I comandanti erano “carismatici, trascinatori. In particolare Yohay Fisher (Ben Nun), futuro ammiraglio comandante della Marina, e Yossele Dror. Erano combattenti entusiasti, dallo spirito meraviglioso, pronti ad ogni sacrificio e alle scomodità che la guerra e la situazione impone. Solo io potevo comprendere, gustare e partecipare alla gioia che loro derivava da quella completa dedizione alla Patria”.
Durante l’estate l’addestramento si svolge nel lago di Tiberiade. Poi il ritorno a Jaffa.
La prima azione di guerra è programmata per il 22 ottobre 1948. Obiettivo l’ammiraglia egiziana “El Emir Farouk”, alla fonda nel porto di Gaza. Capriotti vorrebbe partecipare all’azione, ma è italiano. Se fosse catturato ne nascerebbe un incidente diplomatico. Quattro barchini sono issati sulle navi appoggio. Gli equipaggi tornano alle 2 del mattino. Missione compiuta.
Fiorenzo Capriotti rientra in Italia il 27 ottobre. Va a rapporto al SIS. Tornerà ancora in Israele. Nel 1952, dopo aver curato per quattro anni, da Lugano, la spedizione di componenti di sistemi d’arma, vi resta sei mesi. Ormai in Israele ci va con il passaporto regolare. Anche da turista. Il lasciapassare numero 00020 rilasciato il 26 ottobre 1948 a un Fiorenzo Capriotti nato a Gerusalemme è solo una tessera ingiallita.
Il 22 ottobre 1992, nell’anniversario dell’azione di Gaza, l’ex marò è ad Atlit. L’ammiraglio Ami Ayalon, comandante in capo della Marina Israeliana, gli consegna una pergamena: “Fiorenzo Capriotti, che combattè nella gloriosa Unità d’avanguardia “la Decima Flottiglia MAS” della Marina Italiana nella seconda guerra mondiale; che ci fu di grande aiuto per fondare e addestrare l’unità di Commando della nostra marina, durante la Guerra d’Indipendenza, identificandosi completamente, con devozione e spirito di sacrificio a suo rischio e pericolo. In cambio di questo contributo alla rinascita dello Stato d’Israele gli porgiamo come omaggio il titolo: Comandante ad honorem della Tredicesima Flottiglia”. Nell’aprile del 1998 il comandante Capriotti fu tra gli amici d’Israele invitati al gala romano per il cinquantenario di Israele. L’8 settembre del 2005, nelle sue Marche, ha compiuto 94 anni.
Ada Sereni è morta in Israele nel novembre del 1997.
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