Profughi per sempre
una politica di discriminazione voluta dal mondo arabo per alimentare l'odio versio Israele
Testata:
Data: 29/12/2005
Pagina: 0
Autore: Clara Salpietro
Titolo: Il dramma dei profughi palestinesi in Libano

Il sito dell' Agenzia Internazionale Stasmpa Estero pubblica un articolo sulla situazione dei profughi palestinesi in Libano. Fornisce informazioni poco note, non casualmente. Gettano infatti una luce decisamente scomoda, per chi  vuole attribuire ogni responsabilità del conflitto mediorientale a Israele, sui motivi per i quali da 50 anni i rifugiati palestinesi restano tali e trasmettono in eredità il loro poco invidiabile status ai discendenti.

Ecco il testo:

   BEIRUT\aise\ - La Repubblica del Libano è stata per molti anni citata come esempio nel mondo intero per aver potuto realizzare nel suo piccolo territorio la coesistenza pacifica di ben quindici comunità religiose differenti. La guerra civile, che ha sconvolto il Paese dal 1975 all’ottobre 1990, ha seriamente messo in pericolo l’esistenza del "patto nazionale" che aveva attuato tale equilibrio e tale coabitazione. Grande attenzione in questi giorni è rivolta al processo di pace israelo-palestinese, che in Libano potrebbe avere molti risvolti.
"Non possiamo esercitare nessuna professione, possiamo solo fare i lavori più umili, ci tocca pulire le strade o imbiancare le case". A sostenerlo, con amarezza, è Bassam Hussein rappresentante dei Palestinesi che vivono nei campi profughi del Libano.
"Gli studenti sono andati via da qui per poter proseguire gli studi – racconta Hussein – dopo che conseguono la laurea è possibile che rimangono dove si trovano, perché in Libano non possono esercitare la professione di ingegneri o di medici, e questo solo perché sono palestinesi. Il governo non ci consente di muoverci, o di possedere case o terreni. Per riparare le nostre abitazioni dobbiamo chiedere ai militari l’autorizzazione per poter portare dentro il campo il materiale necessario. Il governo del Libano non aiuta la gente palestinese, ci ha rilegati nei campi. In passato c’erano 7 campi palestinesi, 2 sono stati distrutti, completamente rasi al suolo. Il problema palestinese – prosegue – è il problema di tutto il mondo arabo e di quello internazionale. Il Libano non vuole che noi ci sviluppiamo, anche se oggi le nostre condizioni sono migliorate rispetto a qualche anno fa. Quando siamo arrivati in questo Paese, ci hanno mandato via dalla città, non potevamo avere contatti con la gente. Non potevamo andare in città, non ci davano i permessi. Qui tutti dicono che il problema sono i rifugiati". Il progetto a cui mirano è quello di ricostruire l’identità della gente palestinese, risollevare le loro sorti. "Abbiamo problemi economici – evidenzia - perché non possiamo lavorare, ci troviamo in una brutta situazione. Non abbiamo soldi quindi non possiamo mantenere i nostri figli a scuola, non possiamo comprargli libri e quaderni. Anche la pulizia all’interno dei campi è un problema, anche le medicine sono un problema. Se abbiamo una malattia ci danno l’aspirina perché dicono che non ci sono medicine adatte a noi".
D. Come sono i rapporti con l’Italia e gli italiani?
R. I rapporti con gli italiani sono buoni, mentre non sono buoni con il Governo italiano. I media in Europa dicono che i palestinesi sono terroristi, sono gente cattiva. Questo non è vero e non è giusto che vengano dette queste cose.
D. Secondo Lei in futuro tra palestinesi e israeliani finirà lo scontro?
R. Noi toglieremo i punti di osservazione quando Israele depone le armi. Nei vari tentativi di arrivare ad un accordo, il governo libanese non ci ha mai aiutato, anzi ha trattato i palestinesi in modo disumano. Ricordo quando Israele invase il Libano e cosa è successo ai campi palestinesi, ricordo quando nell’85 sono state massacrate donne e bambini. Noi non possiamo avere la nazionalità libanese, non possiamo tornare nella nostra terra che è la Palestina, questo è il grosso problema dei rifugiati politici. Qui non è possibile vivere, il governo del Libano ci schiaccia per farci andare via.
D. È mai stato in Palestina?
R. Io non ho mai visto la Palestina, sono nato in Libano. La posso immaginare nella mia mente, perché mi è stata raccontata dai miei genitori. Se posso, spero di andarci un giorno.
Per Ghaleb Abu Zaineb, membro del consiglio politico del "partito di Dio" o "Hezbollah", e responsabile delle pubbliche relazioni con i cristiani in Libano, la situazione interna libanese può migliorare, così da garantire un miglior livello di vita, avviare dei piani per cancellare il debito pubblico, per dare delle garanzie sociali, tra cui la libertà in tutti i suoi aspetti.
"Siamo un partito libanese – spiega il rappresentante degli Hezbollah, che conosce l’Italia dove anni fa è venuto per studiare - che ha lottato contro l’occupazione, abbiamo ancora armi per garantire la sicurezza, perché il pericolo Israele tuttora esiste e noi non possiamo rilassarci davanti al nemico. Esercitiamo un lavoro politico, – aggiunge – da quando è iniziata la pace in Libano abbiamo rappresentanti in Parlamento, lavoriamo nella vita sociale e in tutti i suoi settori. Dopo la liberazione di questo Paese è aumentato l’interesse in campo politico. Dopo la cacciata degli occupanti dalla maggior parte del territorio libanese, per noi è diventato principale costruire uno stato moderno in Libano. In questo campo lavoriamo in maniera seria, anche se troviamo delle difficoltà a causa della corruzione che c’è nella società libanese".
D. Qual è il futuro del Libano?
R. Il futuro è una scommessa. Se i libanesi hanno imparato dalle esperienze passate, allora siamo ad un incrocio per la costituzione di uno stato moderno. Se invece lavoreranno come quelle persone che influenzano dall’esterno, non faremo mai lo Stato. Se continuiamo in questo modo, continuerà il problema. La ricetta magica del Libano è: rispetto dell’equilibrio.
D. Lei pensa che gli Hezbollah in futuro faranno pace con Israele?
R. Noi non speriamo di fare pace con loro, e non possiamo considerare se stessi in pace fino a quando i territori palestinesi occupati e i palestinesi dispersi in tutto il mondo non vedranno una qualunque possibilità di pace. Non si può fare pace con un assassino che prende la terra con la forza, che uccide in modo spietato, che minaccia. Non si può fare pace. Non c’è equilibrio, sono stati coperti massacri e omicidi. Gli americani hanno bloccato indagini e commissioni di indagini su quegli omicidi e adesso hanno il coraggio di chiedere un’indagine sull’assassinio di Hariri.
D. Com’è il rapporto con l’Italia e gli italiani?
R. In Libano in generale c’è amore verso Italia e italiani, è considerato un Paese amico, i libanesi non vedono niente di negativo nell’Italia. Questo è il pensiero di tutte le parti.
D. Quale messaggio vuole inviare alla popolazione libanese?
R. Auguro che i libanesi riprendano l’interesse pubblico, perché è un’occasione d’oro per discutere di una nuova forma di realtà che porti alla costituzione di uno Stato libanese. Dico di non fa perdere questa occasione. Riguardo l’estero invece dico che noi puntiamo sulla popolazione e anche sulla sensibilità umana, affinchè possiamo essere fuori dal conflitto internazionale. Il mandato americano è il pericolo grave per l’interno del Libano. Confermiamo i buoni rapporti con l’Europa. Siamo uno Stato Mediterraneo, quindi possiamo lavorare per scambio e dialogo tra le culture. Questo però possiamo definirlo con l’Europa non con gli americani.

Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a scrivere alla redazione di Aaise per esprimere la propria opinione. cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail pronta per essere compilata e spedita.

aise@uni.net