Il Riformista di mercoledì 28 dicembre 2005 pubblica a pagina 7 un articolo di Jacopo Tondelli sulla ripresa degli attacchi mirati su Gaza e sulle valutazioni dell'esercito israeliano circa la possibilità di una vittoria elettorale di Hamas. Ecco il testo.
Gerusalemme. Le indiscrezioni
mediche diffuse in questi
giorni dicono di uno Sharon
meno in salute di quanto l’opportunità
politica e l’immarcescibile
immagine del guerriero
intento ad una nuova battaglia
avevano consentito di ammettere,
all’indomani dell’ictus che
ha colto il Premier. Per 24 ore il
leader israeliano non sarebbe
stato neppure in grado di parlare
chiaramente, né «di prendere
alcuna decisione», aggiungendo
che il problema cardiaco
che lo affligge imporrà a Sharon
un interevento chirurgico
già nelle prossime settimane.
Musica per le orecchie dei suoi
deboli oppositori che, soprattutto
sul versante Likud, hanno
iniziato ad attaccarlo frontalmente
chiedendo chiarimenti
sulla situazione, e insinuando la
possibilità che Arik non sia più
in grado di guidare il paese. Il
che, se fosse vero, rimescolerebbe
ancora una
volta le carte e riaprirebbe
la partita
elettorale del prossimo
marzo, che tutti
considerano già
chiusa a favore del
nuovo partito del
premier Kadìma, cui
spetterebbe poi il
non facile compito di scegliere
un alleato tra i laburisti e quel
che resta del Likud.
E invece l’occasione per
dimostrarsi ancora abile e arruolato,
Sharon, l’ha avuta subito
e non ha mancato di coglierla
né, tanto meno, di mostrarla
come prova provata del
suo essere ancora saldamente
in sella. Lunedì, infatti, alcuni
missili Qassam lanciati da Gaza
sono piovuti su un kibbutz
vicino alla Striscia, nei dintorni
della città del leader laburista
Amir Peretz, Sderot, già teatro
di bombardamenti artigianali
prima del disimpegno. Non ci
sono stati morti né feriti, ma
per puro caso visto che l’esplosione
è avvenuta a poca distanza
da una scuola materna
in cui era in corso una festa, in
occasione della festività ebraica
di Hannukah iniziata domenica
scorsa. Ancora una
volta, quindi, dal ginepraio di
Gaza definitivamente esploso
dopo il ritiro dello scorso agosto
è arrivato un messaggio di
guerra ad Israele, e la ferma risposta
da più parti invocata è
subito arrivata.
All’alba di ieri, infatti, elicotteri
dell’esercito di Israele
hanno colpito alcuni obiettivi
strategici per le cellule terroristiche
palestinesi, ed in particolare
due edifici utilizzati come
base logistica e per il reclutamento
di militanti dalle Brigate
dei Martiri di Al-Aqsa.
Gli abitanti delle zone limitrofe
agli obiettivi militari sono
stati informati dall’esercito
israeliano dell’attacco, ed è
stato loro richiesto di non lasciare
le proprie case.
E mentre Udi
Dekel, direttore della
divisione strategica
di Tsahal, ha dichiarato
che, in caso
di vittoria alle prossime
elezioni, Hamas
potrebbe fare
scelte di maggior
moderazione nei
confronti di Israele, sulle modalità
e sulla consistenza dell’attacco
di ieri, e sugli obiettivi da
colpire si é instaurata una vivace
dialettica tra comandanti
delle forze armate e governo, e
anche all’interno del Consiglio
dei Ministri stesso. Sul divaricarsi
delle posizioni ha pesato,
oltre all’esistenza di diverse valutazioni
di opportunità strategica,
anche l’avvicinarsi della
prossima scadenza elettorale,
che vedrà Sharon contrapposto
a molti ministri che per anni
hanno lavorato al suo fianco.
Alla fine proprio il premier ha
spinto per una risposta muscolare,
evitando però, almeno per
ora, di deliberare un’azione via
terra che, nel occupazione,
presenta qualche aspetto
problematico. Senza l’appoggio
blindato delle colonie è infatti
cresciuto sensibilmente il numero
di chilometri da percorrere
in territorio nemico, e questo
verrebbe prontamente rinfacciato
al Premier dal fronte antiritiro,
qualora si decidesse un’azione
terrestre che portasse a
delle perdite umane. Insomma,
un campo minato separa Sharon
dalla probabile vittoria di
Marzo. Anche perché restano
intatte le perplessità sollevate
dall’esercito che, nel contesto
di scontri sempre più frequenti
tra gruppi armati irregolari
palestinesi, denuncia in Gaza
la costante crescita numerica
di militanti raccolti anche sotto
nuove sigle, e sottolinea che
ai molteplici corpi di polizia
palestinesi non è pervenuto
l’ordine di disarmare delle organizzazioni
terroristiche. Che
dalla roccaforte di Gaza, a
questo punto, rischiano davvero
di arbitrare le decisive partite
politiche palestinesi ed
israeliane dei prossimi mesi,
agitando uno spettro che, sempre
meno umbratile, si aggira
per la Palestina, ed è lo spettro
della guerra civile.
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