Hannukkah davanti all'Ambasciata iraniana
opinioni a confronto
Testata:
Data: 28/12/2005
Pagina: 12
Autore: Andrea Garibaldi - Monica Ricci Sargentini -la redazione
Titolo: «Non andrò davanti all'ambasciata iraniana Mischiare religione e politica è da integralisti» - «Vogliamo lanciare un forte segnale di pace per un popolo che è oppresso dalla dittatura» - Le luci di Hannukkah contro il buio dell'Iran

Riportiamo da pagina 12 del Corriere della Sera  di mercoledì 28 dicembre 2005 due opinioni contrastanti sulla celebrazione di Hannukkah davanti all'ambasciata iraniana a Roma, iniziativa da noi segnalata in home page e pienamente appoggiata. Ecco il testo dell'intervista di  Andrea Garibaldi a Gad Lerner:

  Gad Lerner è contrario, radicalmente, al ritorno degli ebrei romani in via Nomentana, davanti all'ambasciata iraniana, stavolta con l'Hanukkiah, la lampada a otto bracci che viene accesa in occasione della festa ebraica dell'Hanukkah. Chiama i promotori di quel ritorno « ayatollah inconsapevoli», dice che questa protesta è «involontariamente blasfema» e «oggettivamente integralista». Lerner fu tra i primi firmatari del manifesto che convocò la manifestazione del 3 novembre, dopo le dichiarazioni del presidente dell'Iran, Ahmadinejad («Israele va cancellato dalla mappa del mondo»), ma — dice — «quel giorno c'erano ebrei e non ebrei, a via Nomentana...».
Oggi invece?
«Oggi i ragazzi del "Movimento culturale studenti ebrei" adoperano una ricorrenza religiosa solenne per fini politici, mescolano il momento della preghiera al momento della protesta politica, che è quanto deprechiamo nell'islam degli ayatollah ».
Lerner, nel suo libro «Tu sei un bastardo», parla anche della narcisistica separazione programmata da alcuni ambienti ebrei. Siamo di fronte a qualcosa del genere?
«Sono abituato ad accendere le candele di Hanukkiah
in famiglia. Trasformare la cerimonia in appuntamento politico esalta la nostra diversità rispetto a tanti concittadini italiani che condannano le infamie pronunciate da Ahmadinejad».
Qui a Roma ci sarà Riccardo Pacifici, vice presidente della comunità romana.
«Prima del 3 novembre a Pacifici fu attribuito il concetto che chi non fosse andato alla fiaccolata sarebbe stato considerato nemico degli ebrei. Pacifici poi smentì. Ora, con questa manifestazione che profana la festa dell'Hanukkah, diventa più difficile definire una linea ferma di laicità contro il fondamentalismo».
Anche il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni andrà in via Nomentana.
«Ho parlato con il rabbino. Mi ha detto che non si tratta di una manifestazione politica, ma di una dichiarazione di resistenza, propria di Hanukkah,
poiché con questa ricorrenza si ricorda il miracolo della lampada votiva che resta accesa con poco olio nell'esilio di Babilonia e si ricorda la resistenza degli ebrei alla conversione. Il rabbino non mi ha convinto, mi dispiace che ci sarà anche lui».
Perché non è stato convincente?
«Protestiamo per l'applicazione letterale del Corano alle situazioni di oggi. Denunciamo la Chiesa di Roma quando confonde liturgia e politica, e poi facciamo qualcosa di simile...».
I promotori dicono: cerchiamo soltanto di «illuminare i cuori del popolo iraniano».
«Ma no! La commistione tra tematiche religiose e politiche contribuisce alla barbarie».
Si parla di una partecipazione limitata.
«C'è il gusto di essere in pochi ma buoni. Io credo che questi ragazzi siano attivisti generosi che rischiano però di fare male alla comunità ebraica».

Di seguito, l'intervista di Monica Ricci Sargentini a Riccardo Pacifici, vicepresidente della Comunità ebraica romana:

«L'accensione dell'Hanukkiah davanti alle ambasciate iraniane del mondo vuole essere un gesto di pace, una mano tesa verso il popolo iraniano oppresso da una feroce dittatura». Riccardo Pacifici, vicepresidente della comunità ebraica di Roma, non ci sta ad essere chiamato «integralista» e «ayatollah» soltanto per aver aderito all'iniziativa del Movimento culturale studenti ebrei che stasera accenderà un'Hanukkiah (un candelabro a otto bracci con cui si celebra la festa ebraica dell'Hanukkah) davanti all'ambasciata dell'Iran a Roma.
Perché celebrare una festa ebraica davanti all'ambasciata dell'Iran?
«Questa è un'iniziativa nata da alcune organizzazioni ebraiche a Londra. Domani (oggi
ndr.) a Washington, Londra, Berlino, Parigi, Bruxelles e Roma si accenderanno questi lumi simbolici davanti alle ambasciate iraniane. A Roma l'iniziativa è stata raccolta dal movimento culturale studenti ebrei. Io e il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, abbiamo aderito purché non ci fosse alcun tono polemico».
Ma Gad Lerner vi accusa di confondere religione e politica, di mettervi sullo stesso piano degli ayatollah.
«Sono assolutamente sorpreso da quest'accusa. La Hanukkah è l'unica festa ebraica che prevede di rendere pubblica la gioia della ritrovata libertà. Secondo il precetto ebraico si accendono i candelabri sui davanzali delle abitazioni e nelle pubbliche piazze. L'idea è di lanciare un segnale di libertà ad un popolo che è oppresso da una dittatura teocratica».
Nessun intento provocatorio?
«Assolutamente no. Anche nella nota manifestazione del 3 novembre scorso, indetta da Ferrara, si portarono delle bandiere iraniane proprio per lanciare un messaggio al popolo iraniano e dirgli: "Noi non vi odiamo ma siamo sconvolti dalle parole del vostro leader"».
Questa volta però non ci saranno bandiere. Perché?
«Questa non è una manifestazione. Ci sarà solo un'Hanukkiah eanche i sopravvissuti ai campi di sterminio accenderanno le candele. La loro presenza vuole essere una testimonianza delle bugie raccontate da Ahmadinejad».
Ci sono stati altri momenti in cui la festa dell'Hanukkah ha assunto questo significato?
«Una delle foto più belle del giorno in cui è stata liberata Bagdad è quella in cui si vede un'Hanukkiah accesa per la prima volta di fronte alla villa che era la residenza di Saddam Hussein».
Quale effetto pensate di avere sul regime iraniano?
«Nessuno. Forse loro lo interpreteranno come un gesto provocatorio proprio per l'odio che covano dentro. Ma il messaggio è chiaro: un conto è combattere le dittature e un conto è combattere i popoli. Esattamente come in Iraq».

L'Opinione  pubblica a pagina 7 sotto il titolo "Le luci di Hannukkah contro il buio dell'Iran" una rievocazione storica delle circostanze che furono all'origine della festa religiosa. Ecco il testo:

Ieri sera la Comunità ebraica di Roma è andata ad accendere una hanukkah
sotto l¹ambasciata iraniana in via Nomentana per protestare contro
l¹antisemitismo del nuovo Hitler in sedicesimo, al secolo Ahmed Amhadinejad,
presidente della Repubblica estremista islamica dell¹Iran. L¹hanukkah nei
secoli ha rappresentato la riscossa del popolo ebraico che quasi
duemilatrecento anni fa si ribellò al dominio dei successori di Alessandro
Magno e ricostruì il proprio tempio a Gerusalemme. Ecco la storia di tutto
ciò.               
STORIA
Eretz Israel (Giudea) era sotto il dominio persiano. Dopo la caduta
dell'Impero Persiano, Eretz Israel passò sotto il dominio greco. Nel 330 il
giovanissimo Alessandro di Macedonia trasformò il Regno Greco in un potente
impero che si estendeva dall'Africa al Medio Oriente. Alessandro Magno
dimostrò rispetto verso i Saggi di Israele, in special modo verso Shimon
haZadik, il Sommo Sacerdote (Cohen Gadol).
Dopo la morte di Alessandro, che fu avvelenato, o morì di malaria, il suo
impero fu diviso in quattro parti tra i governatori Tolomeo, Seleuco,
Antigone e Filippo. I loro domini furono noti come Egitto, Grecia, Siria e
Pergamo.
Ma Antioco (Seleuco) III re di Siria, che regnò dal 222 al 186, intraprese
una guerra contro Tolomeo d¹Egitto per il possesso della Terra di Israel, ne
uscì vittorioso e Israel fu annessa al suo Impero. All¹inizio del suo regno
Antioco III si mostrò ben disposto verso gli Ebrei ed accordò loro alcuni
privilegi.
Più avanti, però, dopo essere stato sconfitto dai Romani e obbligato a
pagare pesanti tasse, cominciò ad opprimere i vari popoli a lui sottoposti e
li obbligò a versare grandi quantità di oro che, a sua volta, versava nelle
casse dei Romani. Quando Antioco III morì, gli successe suo fratello Seleuco
IV che cominciò ad opprimere seriamente gli Ebrei.
Il PAZZO
Qualche tempo dopo, Seleuco fu ucciso e suo fratello Antioco IV cominciò a
regnare sulla Siria. (174 a. E. V.). Questi era un tiranno dal carattere
rabbioso e impetuoso, sprezzante delle religioni e dei sentimenti altrui.
Veniva chiamato ³Epifane² (preferito dagli dei), ma lo storico Polibio gli
diede il soprannome di ³Epimane² (pazzo), un titolo certamente più adatto al
suo carattere crudele.
Desiderando unificare il suo regno sotto un¹unica religione, una lingua e
una cultura comuni, il re che non tollerava le particolari tradizioni
ebraiche, così diverse da quelle degli altri popoli, tentò di sradicare
l¹individualismo degli Ebrei sopprimendo tutte le loro leggi. Il minuscolo
regno ebraico, nel bel mezzo del suo potente impero, era come una spina nel
fianco. Antioco rimosse il giusto Kohen Gadol Yochanan e, al suo posto,
nominò Yeshua, un ebreo ellenista, che amava essere chiamato con il nome
greco di Giasone e che aveva pagato per la carica di Kohen Gadol 60 kikar
d¹argento.
ASSIMILAZIONE
Un grave pericolo minacciava Israele dall¹interno, il popolo era diviso. Una
gran parte della popolazione continuava a seguire le mitzvot come ordinato
da D-o nella Torà; queste persone non avrebbero mai potuto abbandonare la
loro fede e accettare di adorare gli idoli dei Greci. Un¹altra parte della
popolazione si era convertita all' ellenismo e accettava di essere
politeista e amava lo stile di vita dei Greco-Siriani. Sotto la guida del
Gran Sacerdote Giasone, a Yerushalaim fu costruito uno stadio olimpico.
Giasone incoraggiò i giovani ad esercitarsi negli sport allo stadio. Gli
Ebrei assimilati erano contagiati dall¹ideale di bellezza esteriore e
facevano di tutto per essere accettati nella società Greca. Gli effetti
della cultura greca si sentivano ovunque. Molti Ebrei rifiutavano di far
circoncidere i propri figli, altri frequentavano le spiagge della Giudea e
facevano il bagno con i Greci.  L¹impressione era che fosse più facile per
un Ebreo assimilarsi piuttosto che mantenere la propria identità. Il
pericolo per Israele era grande. Giasone fu rimpiazzato da Menelao che pagò
per la carica di Kohen Gadol più di quanto avesse pagato Giasone. In quel
periodo Antioco fu impegnato in una guerra vittoriosa contro l¹Egitto, ma i
Romani gli imposero di interromperla ed egli dovette obbedire. Nel
frattempo, a Yerushalaim si sparse la voce che il re fosse morto e il popolo
si ribellò a Menelao che fuggì con i suoi amici. Antioco ritornò dall¹Egitto
incollerito per le interferenze dei Romani.
I MARTIRI
 Quando Antioco sentì ciò che era avvenuto a Yerushalaim, ordinò al suo
esercito di attaccare gli Ebrei, ne furono trucidati migliaia. Il re, non
contento, promulgò una serie di tremendi decreti.
Vietato credere in D-o, i rotoli della Torà furono confiscati e bruciati;
vietato rispettare lo Shabat, proibite la circoncisione (Brith Milà),
l¹osservanza della Kasheruth (regole alimentari) e dei capo mesi SS PENA LA
MORTE!
Rimaneva un unico isolato rifugio, in una piccola parte del paese, sulle
colline della Giudea, ma persino lì i Siriani perseguitarono gli Ebrei
fedeli e molti morirono.
MATATIAU
Un giorno i soldati di Antioco arrivarono al villaggio di Modiin dove viveva
Matatiau, il vecchio sacerdote...
MODIIN
Gli ufficiali siriani eressero un altare nella piazza del mercato e chiesero
all¹anziano sacerdote di offrire sacrifici agli dei greci.  Matatiau rispose
che lui, i suoi figli erano determinati a rimanere fedeli ai patti che i
loro padri avevano stretto con D-o. Allora un ebreo ellenista si avvicinò
all¹altare per fare un sacrificio, ma Matatiau afferrò una spada e lo
uccise, mentre i suoi figli e i suoi fratelli si lanciavano sugli ufficiali
siriani. Ne uccisero molti e cacciarono gli altri, dopo di che distrussero
l¹altare.    
GUERRIGLIA
Matitiau sapeva che Antioco si sarebbe adirato quando avesse saputo quello
che era accaduto, avrebbe sicuramente inviato una spedizione per punire lui
e i suoi seguaci; così, insieme ai figli e ad altri fedeli lasciò il
villaggio di Modiin e si rifugiò sulle colline della Giudea.
Tutti gli Ebrei coraggiosi e leali si unirono a lui. Formarono così delle
legioni che, di quando in quando, lasciavano i loro nascondigli e
attaccavano gli avamposti dei nemici e distruggevano gli altari che erano
stati costruiti per ordine di Antioco
I MACCABEI
Poco prima della sua morte, Matitiau chiamò tutti i suoi figli e li incitò a
continuare la lotta in difesa della Torà. Chiese loro di seguire i consigli
del saggio fratello Shimon e di farsi guidare in battaglia dal coraggioso
Yehudà che venne chiamato ³Yehudà haMaccabì² parola composta dalle iniziali
di ³Mi Camocha Ba¹elim Hashem² Chi è come te fra gli dei, oh D-o.
GLI ELEFANTI
Antioco inviò le sue truppe, guidate dal generale Apollonio, per distruggere
Yehudà e i suoi seguaci. Nonostante il grande numero di soldati e di armi, i
Siriani furono sconfitti dai Maccabei. Il re inviò un¹altra spedizione che
fu nuovamente battuta; allora comprese che solo inviando un potente esercito
avrebbe potuto sperare nella vittoria. Così, Yehudà e i Maccabei si
trovarono di fronte ad un esercito nemico di oltre 40.000 uomini,
perfettamente armati, guidati da due comandanti, accompagnati da terribili
elefanti. Senza perdersi di coraggio, si riunirono a Mitzpà, pregarono il
Signore e, al grido di: ³Combatteremo fino alla morte per le nostre anime e
per il nostro Tempio!², dopo una serie di battaglie, vinsero la guerra
HANUCCA' - INAUGURAZIONE
Ora era arrivato il momento di liberare Yerushalaim. Entrarono nel Tempio,
distrussero le statue degli dei e gli altari che i vandali Siriani vi
avevano eretto. Yehudà e i suoi seguaci costruirono un altro altare che
inaugurarono il
25 di Kislev dell¹anno 165 a. E.V.
Dal momento che la Grande Menorà d¹oro era stata rubata dai Siriani, i
Maccabei ne costruirono una di metallo meno prezioso, ma quando giunse il
momento di accenderla, trovarono solo una piccola ampolla di olio puro, con
il sigillo del Gran Sacerdote Yochanan che sarebbe stata sufficiente ad
ardere per un solo giorno. Ma avvenne un miracolo: la lampada continuò ad
ardere per otto giorni, il tempo sufficiente ad avere del nuovo olio.

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