Elezioni palestinesi a rischio: due cronache corrette
che dicono la verità su Hamas, sull'anarchia dell'Anp e sui piani di Al Fatah
Testata:
Data: 22/12/2005
Pagina: 13
Autore: Aldo Baquis - la redazione
Titolo: Rischia di saltare il voto palestinese

La Stampa di giovedì 22 dicembre 2005 pubblica una corretta (non fosse per la trasformazione dei terroristi in "miliziani") cronaca di Aldo Baquis, che riportiamo. In particolare segnaliamo il breve passo sulla natura di Hamas, ceh informa il lettore sui motivi per i quali Israele non vuole che partecipi al voto, e le informazioni sulla crescente anarchia nell'Anp.

Ecco il testo:

Il presidente palestinese Abu Mazen ha avvertito ieri che potrebbe vedersi costretto a rinviare le elezioni politiche del 25 gennaio 2006 se Israele non garantirà il loro normale svolgimento. «Israele deve astenersi dall'interferire nel voto a Gerusalemme Est o anche altrove» ha detto Abu Mazen, al termine di un incontro a Ramallah con il generale Omar Suleiman, capo dei servizi di intelligence dell'Egitto.
In precedenza il quotidiano Haaretz aveva rivelato che Israele non intende consentire alcuna operazione di voto a Gerusalemme Est (nemmeno, come era avvenuto in passato, negli uffici elettorali) per la sua energica opposizione alla partecipazione di Hamas: un movimento che ripudia gli accordi di Oslo e predica la lotta armata ad oltranza, fino alla distruzione dello stato ebraico. Nell'incontro con Suleiman, Abu Mazen ha d'altra parte convenuto che la situazione politica e la situazione di sicurezza nei Territori non sono certo tali da propiziare le operazioni di voto. Al-Fatah si è spaccato in due liste rivali, una delle quali guidata dal carcere da Marwan Barghuti, e rischia di essere superato da Hamas.
In Cisgiordania e a Gaza gli episodi di anarchia armata non si contano più: martedì decine di miliziani di al-Fatah si sono impadroniti per alcune ore, armi alla mano, del municipio di Betlemme, nella Piazza della Mangiatoia. Ieri a Gaza miliziani legati al Fronte popolare per la liberazione della Palestina hanno sequestrato per otto ore il preside olandese (Hendrik Taatgen) e il vicepreside australiano (Brian Ambrosio) della Scuola privata americana: un istituto di élite, frequentato dalla buona borghesia palestinese.
In questo clima di violenza a fior di pelle, il leader del partito centrista La Terza Via, l'ex ministro delle finanze Salam Fayad, ha preferito sospendere la campagna elettorale, pur restando deciso a presentarsi alle urne. Un altro candidato moderato, Sari Nusseibeh, è stato bruscamente messo a tacere da miliziani penetrati in uno studio televisivo di Betlemme, dove stava rilasciando una intervista. Hamas, che ha appena conseguito ottimi risultati in una recente tornata di elezioni municipali, ha fatto sapere al generale Suleiman di opporsi a qualsiasi rinvio delle elezioni politiche. Lo stesso Abu Mazen ha detto martedì al presidente George Bush che, per quanto dipende da lui, «solo la morte» potrebbe impedirgli di far svolgere elezioni alla data prestabilita.
Ma da Hamas si apprendono informazioni diverse: nei giorni scorsi Jibril Rajub, uno dei responsabili palestinesi alla sicurezza, si è recato discretamente al Cairo con la richiesta a nome dello stesso Abu Mazen di convincere Hamas ad accettare il rinvio del voto. Hamas è subito passato al contrattacco e ha pubblicato un documento da cui risulterebbe che una agenzia legata all'Ambasciata degli Stati Uniti a Tel Aviv (Usaid) avrebbe offerto a un candidato di al-Fatah, Nabil Amro, di versare ingenti fondi su una trentina di conti bancari in Israele per facilitargli la campagna elettorale.
«Gli Stati Uniti - afferma Hamas - cercano dunque di influenzare l'esito del voto». La ambasciata e lo stesso Amro hanno subito replicato che si tratta di un documento falso. L'Anp ha reagito con fastidio a dichiarazioni dell'Alto responsabile per la politica estera europea Javeir Solana secondo cui ci potrebbero essereci ripercusioni negative negli auiti futuri all'Anp dell'Europa se Hamas vincesse le elezioni di gennaio. Anche quelle parole sono apparse a Ramallah come una ingerenza inopportuna nelle questioni interne palestinesi.
Già nel luglio scorso Abu Mazen rinviò in extremis le elezioni politiche (con grande malumore di Hamas) invocando la necessità di una riforma nella legge elettorale. Sperava forse di guadagnare tempo, per rafforzare il proprio potere anche grazie al ritiro israeliano da Gaza. Adesso, a poche settimane dal voto, il presidente palestinese sembra invece trovarsi nuovamente senza vie di uscite, stretto da un lato dalla anarchia armata nei Territori e dall'altro dalle ingerenze, più o meno delicate, da parte di Israele, Stati Uniti ed Unione europea.

Segnaliamo anche la cronaca del Foglio, molto informata e realistica nella descrizione della situazione (fin dal titolo:L’Anp è tentata dal rinvio del voto, magari anche dando la colpa a Israele ) in prima pagina:

Torna la spia venuta dal Cairo-Gerusalemme. Secondo fonti vicine al primo ministro Ariel Sharon, Israele ha deciso d’impedire ai palestinesi di votare a Gerusalemme est per le elezioni legislative del 25 gennaio 2006 – le prime dal 1996 – a causa della partecipazione di Hamas, gruppo islamico che, nonostante le infinite richieste di disarmo, mantiene intatta la sua ala militare. L’Anp ha protestato indignata, ma poi ha preso l’occasione al volo: queste elezioni si stanno rivelando un problema soprattutto per Abu Mazen, presidente dell’Anp.
Il ministro dell’Informazione palestinese, Nabil Shaath, ha annunciato: “Se lo Stato ebraico non ci permetterà di andare alle urne a Gerusalemme, le elezioni non avranno luogo”. Secondo gli accordi di Oslo, i palestinesi residenti nella parte est della città possono votare presso gli uffici postali, come hanno fatto già alle legislative del ’96 e alle presidenziali del 9 gennaio. Il quotidiano israeliano Jerusalem Post ha però scritto che Israele, con tutta probabilità, ritirerà le truppe dalla Cisgiordania e toglierà i blocchi stradali per il giorno delle elezioni. Per l’Anp questa apertura non è naturalmente in grado di riequilibrare il divieto di recarsi alle urne nella zona est di Gerusalemme, ma la discussione arriva giusto in tempo per la leadership di Fatah, il partito al potere, che sta attraversando una crisi interna e che, già da qualche settimana, va in cerca di una buona ragione per rinviare le elezioni.
Alle municipali, Hamas ha ottenuto un ottimo risultato e Fatah teme che questo successo si possa ripetere a gennaio. Secondo la stampa mediorientale, l’annuncio della lista della nuova guardia, al Mustaqbal (Futuro), separata da Fatah e guidata da Marwan Barghouti, popolare leader palestinese in carcere in Israele, potrebbe aiutare Hamas a ottenere più seggi.
Il gruppo islamico fa leva sul discontento generale della popolazione nei confronti del partito al potere: molti, anche tra i “martiri” rimasti invalidi durante l’Intifada, danno la colpa della situazione sociale ed economica alla corruzione di Fatah. Le violenze nei Territori aumentano, gli apparati per la sicurezza non accennano a rafforzarsi e Hamas è il movimento che si è sempre fregiato di una grande ed efficace vocazione sociale e anti corruzione. Dopo il successo dei Fratelli musulmani (con cui il movimento palestinese ha un legame quasi fraterno da sempre) alle elezioni al Cairo, Hamas ha deciso di coordinarsi con gli amici egiziani per ottenere un “trionfo memorabile”. L’intenzione è di copiare “il modello della Fratellanza”: alcuni portavoce di Hamas si sono già recati al Cairo per delineare il piano organizzativo.

Il modello dei Fratelli musulmani
Sulla stessa strada, ma in direzione opposta, ieri è passato Omar Suleiman, capo dell’intelligence egiziana, diretto a Ramallah per scongiurare ogni rinvio elettorale. Per Suleiman, in visita sia in Israele sia nei Territori nell’amata veste di mediatore, queste elezioni devono essere utilizzate come uno strumento di cambiamento. Saeb Erekat, ministro dell’Anp per i Negoziati, è d’accordo, dice che un rinvio sarebbe “catastrofico”.
Ad Abu Mazen non resta che risollevare Fatah: unire le due liste, presentare un partito unico per prevenire il successo di Hamas. Il rais e i leader della nuova corrente continuano a negoziare: Qaddura Fares, membro di Mustaqbal, dice che le due liste non indeboliranno il gruppo, ma la leadership di Fatah non la pensa affatto così. “Le divisioni devono essere risolte prima delle legislative, altrimenti non potranno avere luogo le elezioni”, dice al Foglio Ben Bella, nome di battaglia del portavoce di Farouq Qaddumi, segretario generale del partito in esilio a Tunisi. Per la dirigenza di Fatah è indispensabile la presentazione di un’unica lista per la sopravvivenza del partito e “chi non l’accetta – continua Ben Bella – o chi si presenterà con una corrente differente deve essere costretto ad abbandonare il partito”.
Per Qaddumi, i piani di Mohammed Dahlan, ministro per gli Affari civili e mente di Mustaqbal, sono chiari: liberarsi della vecchia guardia. “Ma le cose in Fatah funzionano in modo diverso: a 40 anni sei un adulto, a 60 prendi le decisioni e a 70 hai l’esperienza per gestire la situazione”, dice Ben Bella, ripetendo un motto del segretario generale. Ogni disputa sarà risolta a marzo, durante la sesta Conferenza di Fatah. “In questo momento esistono divisioni nel partito che il congresso dovrà eliminare – dice Ben Bella – Ma fino ad allora se non si raggiungerà l’unità è necessario rinviare le elezioni per evitare una crisi più grande”.

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