La Repubblica di martedì 20 dicembre 2005 pubblica a pagina 9 una cronaca di Alberto Stabile, «La grinta di Sharon "Io vado avanti" », che riportiamo:
GERUSALEMME - Gli dei sono stati benevoli con Ariel Sharon. L´ictus non ha lasciato tracce, né nell´aspetto, né nei movimenti, né nelle capacità cerebrali del primo ministro israeliano Il quale, già stamattina sarà dimesso dall´ospedale Hadassah Ein Karem con la benedizione dei medici e dopo un periodo di riposo, genericamente quantificato in «pochi giorni», potrà tornare alla sua normale attività: «Venti ore di lavoro al giorno», ha orgogliosamente rivendicato Ilan Cohen, uno dei suoi consiglieri.
Nel ciclone emotivo innescato dal malessere che ha colpito il premier, dopo la grande paura è arrivato il momento del sollievo.
In fretta vengono rimosse le immagini di un povero vecchio disteso sul sedile posteriore della sua limousine, la maschera d´ossigeno a coprire l´angoscia che in pochi attimi s´è impressa sul suo volto, mentre corre nella notte verso l´ospedale.
Dell'esistenza di tali immagini ha scritto Maariv, mentre i medici hanno smentito che Sharon abbia mai perso conoscenza. Quella che Stabile contrabbanda come "verità" oggettiva e tenuta nascosta, quasi che lui stesso avesse visto le immagini in questione, è dunque soltanto un'incerta indiscrezione giornalistica
Un giorno, quando cadrà l´assurda censura che circonda le notizie sulla salute dei premier israeliani dai tempi di Levi Eshkol, 1967, guerra dei Sei giorni, si dirà, forse,
Soltanto in tre casi, come ricorda Lorenzo Cremonesi sul Corriere della sera , le condizioni di salute di altrettanti premier israeliani (Golda Meir, Levy Eskhol e Menachem Begin) sono state tenute nascoste per motivi di sicurezza.
Non siamo dunque di fronte a una censura sistematica, che costantemente circonderebbe "le notizie sulla salute dei premier israeliani"
che è stato l´infermiere perennemente al seguito di Sharon (una presenza imposta per legge dopo l´uccisione di Rabin) ad aver salvato la vita del primo ministro.
Anche i professori dell´Hadassah appaiono sollevati. Tutto è di natura minore nella loro diagnosi: il «leggero ictus, il «piccolo» grumo di sangue che ha ostruito la circolazione nel cervello e la disfunzione cardiaca «molto comune tra persone di una certa età e in buona salute» che ha, a sua volta, provocato il grumo. Conclusione: «Dopo un periodo di riposo Sharon potrà tornare alla sua piena attività». Parola del primario del reparto neurologico, Tamir Ben Hur. Pericoli per il futuro? «Ci sono eccellenti possibilità che l´ictus non si ripeta».
Quanto all´uomo Sharon, più che al malato, dal reparto arriva un tam tam in perfetta sintonia con le valutazioni cliniche. Parla di un primo ministro «allegro»: «C´è già qualcuno interessato a sostituirmi? È troppo presto». In forma: «Passeggia nella sua stanza senza alcun sostegno»; «ha dormito benissimo» e già la stessa notte del ricovero ha telefonato ad alcuni opinionisti israeliani «per rassicurarli».
Sharon s´è anche informato di come vanno i bombardamenti contro le milizie che lanciano i Kassam, da Gaza e delle primarie nel Likud. In sostanza, è il messaggio, nonostante il ricovero, Sharon non ha perso un solo colpo. Da un lato è come sé un sentimento di necessità, di bisogno di tutela, condiviso da gran parte della pubblica opinione, sospinga Sharon a tornare al più presto sulla collina del potere dove, fra la Knesset e l´Alta corte, sorge l´Ufficio del primo ministro.
Dall´altro, e questa è forse la novità più sconvolgente per molti israeliani, con l´ictus è arrivata la consapevolezza della vulnerabilità di un uomo che ha percorso quasi tutta la sua vita sulle ali di un mito. Un mito che parla di forza, di risolutezza, d´imbattibilità.
Basti pensare che alla stessa età in cui il fondatore dello Stato d´Israele Davide Ben Gurion scelse di ritirarsi dalla vita pubblica, Sharon progettava e progetta ancora di conquistare un altro mandato come primo ministro, essendo sicuro di vincere le elezioni fissate per il 28 marzo. Tant´è vero che in una conversazione telefonica con Aluff Benn di Haaretz Sharon ha usato un gioco di parole: «Avrei dovuto prendere qualche giorno di vacanza. Ma continuiamo ad andare avanti». "Avanti" (Kadima, in ebraico) è il nome che ha imposto al suo nuovo partito, dopo aver abbandonato il Likud.
Da ieri, tuttavia, non le capacità di Sharon di assolvere le sue funzioni, cosa su cui non c´è da dubitare, ma il suo futuro dopo l´avviso ricevuto con l´ictus, è diventato il tema dominante della campagna elettorale. Molti scoprono adesso quel che già si sapeva da giorni e cioè che Kadima non è un vero partito. Non ha una piattaforma, non ha organismi dirigenti, non ha un´ideologia cui riferirsi. È l´opera di un solista, concepita per assecondare il suo esasperato tatticismo.
Sharon ha preso una scatola vuota e l´ha riempita di transfughi dalla destra e dalla sinistra. L´opinione pubblica, a giudicare dai sondaggi trionfalistici, gli ha ancora volta dato la sua fiducia.
Ma uno Sharon non in grado di sopportare lo stress e le fatiche fisiche di una campagna lunga quattro mesi potrebbe, come ha scritto Nahum Barnea su Yediot Aharonot compromettere il sogno di una vittoria che fino a ieri appariva scontata. Ipotesi che il vicepremier Ehud Olmert, un fedelissimo di Sharon, s´è affrettato a negare.
Europa pubblica a pagina 2 un articolo di Daniele Castellani Perelli, "«Kadima il vuoto dietro Sharon» Intanto il Likud sceglie Netanyahu".
Lo riportiamo:
«E quindi cosa c’è dopo Sharon? Clinicamente obeso, 77 anni e con un ictus. Non durerà a lungo.
Anche se riesce a andare avanti e a guidare il suo partito, non potremo non chiedercelo. Cosa c’è dopo Sharon? ».
Sul sito di Haaretz, il principale quotidiano israeliano, i lettori discutono il quadro politico, mentre il primo ministro Ariel Sharon si riprende lentamente, in ospedale, dal lieve ictus cerebrale che l’ha colpito domenica. I medici annunciano che già oggi potrà lasciare l’ospedale, ma il paese è inquieto, e gli avversari già fanno intendere che non potrà più essere lo stesso.
Perché, tra i molti messaggi, di vario tenore, comparsi su Haaretz, incominciare con questo?
Europa è un chiaro esempio di quotidiano che manifesta all'armismo, non suffragato da dati di fatto sulla salute di Sharon e, indirettamente, sulla stabilità del sistema politico israeliano.
I messaggi d’auguri e di buona convalescenza dominano il forum di Haaretz. Gabriel, da Washington, scrive: «La malattia non può nulla in un uomo così determinato. Ariel ha un progetto e lo porterà a termine. Per il guerriero non è ancora arrivata l’ora». «Vivrà fino a 120 anni!», predice un canadese di Thornill, in Ontario.
Ma al di là del vasto affetto, notevole soprattutto se consideriamo che Haaretz è un quotidiano progressista, non c’è dubbio che ieri mattina Israele si è svegliata preoccupata e confusa. Sharon, il cui nuovo partito è dato in nettissimo vantaggio in vista delle prossime elezioni di marzo, è da sempre il simbolo della forza. Una forza che ha impiegato prima sui campi di battaglia, e più recentemente nel clamoroso ritiro dalla striscia di Gaza.
«Sicuramente questo incidente avrà un certo impatto sull’opinione pubblica, che comincerà a chiedersi di che consistenza sia Kadima, il partito del primo ministro, e chi possa prendere il suo posto – spiega a Europa l’analista politico israeliano Uzi Benziman – Il problema è che ci stiamo rendendo conto che il Kadima è un ‘oneman show’, un partito in cui Sharon è l’unico leader».
Uzi Benziman è un commentatore politico di Haaretz, ha scritto diversi libri, tra cui la biografia di Sharon Il Cesare israeliano. Con il premier non è in ottimi rapporti, visto che lo ha querelato per una frase contenuta nel suo ultimo libro. Eppure Benziman non minimizza affatto il prestigio di Sharon («È bastato un suo ictus per gettare nella confusione il paese») e anzi, a proposito dei due possibili successori, il ministro delle finanze Ehud Olmert e quello della difesa Shaul Mofaz, afferma: «Un giorno potrebbero essere dei leader, ma per il momento non c’è paragone con Sharon. Se il premier non si riprende dall’ictus allora il Kadima non c’è più, perché la popolarità delle seconde linee non è paragonabile a quella del fondatore del partito». Questo ictus, per Benziman, ha svelato tutta la debolezza di Kadima: «È un partito nuovo, senza una macchina organizzativa, non ha mai affrontato un’elezione, e così ora i suoi potenziali elettori sono confusi. Si staranno chiedendo se possono affidarsi a Sharon, se sarà in grado di guidare il paese».
Stessi timori ha espresso ieri, in una intervista alla Cnn, un altro importante analista israeliano, Gil Hoffman, commentatore del Jerusalem Post: «Questo ictus è destinato a cambiare drammaticamente la politica israeliana.
Ora, anche se Sharon dovesse uscire dall’ospedale e sentirsi un ventenne, nella campagna elettorale non potrà non porsi il tema dell’età dei candidati».
La campagna è partita, e ieri il Likud, il partito conservatore da poco abbandonato da Sharon, ha svolto le primarie per scegliere il proprio candidato alle elezioni di marzo. Secondo i primi exit poll, l’ex ministro delle finanze Benjamin Netanyahu avrebbe ottenuto il 47 per cento delle preferenze contro il 32 del suo sfidante, il ministro degli esteri Silvan Shalom.
Per Uzi Benziman «c’è una grande differenza tra i due, a dar retta a come si presentano»: «Netanyahu è un falco, che dice di non voler concedere nulla ai palestinesi.
Shalom parla un linguaggio più moderato, è più realista e vuole venire a patti con i palestinesi. Per cui tra i due c’è una chiara differenza ideologica». «Certo – aggiunge – Netanyahu è più carismatico, ha l’immagine dell’uomo forte, ma è anche vero che la gente ricorda che come primo ministro fu piuttosto deludente».
Il Likud potrebbe anche essere avvantaggiato dalle cattive condizioni di salute di Sharon, potrebbe recuperare un po’ di voti, ma certo al momento i sondaggi lo danno chiaro perdente, e i suoi stessi elettori sembrano sempre più disillusi, se è vero che ieri pomeriggio solo il 15% degli iscritti si era recato alle urne: «Se venisse confermata – conclude Benziman – la bassa affluenza sarebbe solo uno dei tanti segnali di un partito in forte crisi».
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