L'UNITA' di martedì 13 dicembre 2005 pubblica l'articolo di Marco Dolcetta "Storia di un falso che aiutò l'Olocausto", basato su una conversazione con Pierre-André Taguieff sulla storia del falso antisemita "Protocolli dei Savi Anziani di Sion".
Ecco il testo:A Parigi incontriamo - in occasione della presentazione del suo nuovo libro La foire aux illuminés - Pierre-André Taguieff: filosofo, storico delle idee e politologo, oltre che direttore di ricerca al Cnrs e autore di numerosi libri come La forza del pregiudizio,L’annullamento dell’avvenire, I predicatori dell’odio, molti dei quali tradotti in italiano e riguardanti la questione dell’antisemitismo.
Incontrando Taguieff non si può fare a meno di parlare del suo libro di maggior successo: I protocolli dei savi di Sion, che ha come sottotitolo Un falso e utilizzazione di un falso. Taguieff ci parla brevemente degli aspetti meno conosciuti della storia di questo inquietante pamphlet che ha marcato, anche sanguinosamente, la storia del XX secolo.
I Protocolli - è Taguieff che parla - sono stati fabbricati a Parigi fra il 1900 e 1901 dai servizi della polizia politica segreta dello zar, l’okhrana, che per realizzare questo sofisticato lavoro si è rivolta al falsario Matteo Golovinki. Questo documento viene quindi redatto sotto la formula di appunti di sedute segrete tenute dai più alti dirigenti «dell’ebraismo internazionale» con l’intenzione di rivelare il loro programma di conquista del mondo. Dopo il 1921, il tribunale svizzero dimostrò filologicamente che si trattava di un falso che parafrasava un testo, di qualche decennio precedente, realizzato dallo scrittore Maurice Joly, dal titolo Dialogo all’inferno fra Machiavelli e Montesquieu. Pubblicato a Bruxelles nel 1864, il libro si rivolgeva contro Napoleone III ed era, a suo volta, ispirato - tanto nella forma, quanto nei contenuti - ad un testo del 1790, praticamente introvabile, dal titolo Monita secreta jesuitica, pubblicato in Olanda da un ex gesuita pentito. Nonostante la sentenza del tribunale, che risultò senza appello, i Protocolli hanno continuato, nel corso della prima metà del XX secolo, la loro corsa nella storia fino a diventare, nel 1940, un vero best seller planetario.
Il principale scopo dei falsari dell’okhrana - è sempre Taguieff che parla - era quello di squalificare ogni tentativo di modernizzazione liberale dell’impero zarista presentandola come «un’impresa giudeo massonica». Dal 1903 fino alla Rivoluzione di ottobre, i Protocolli sono rimasti l’arma ideologica nelle mani degli antisemiti russi e dei poliziotti manipolatori.
Il falso è però diventato il principale vettore del mito della «cospirazione ebraica mondiale» solo dopo il 1917: il pericolo ebraico ha preso infatti i colori del pericolo rosso il 17 luglio 1918, con l’assassinio della famiglia imperiale, denunciato dagli antirivoluzionari come un crimine rituale perpetuato dagli ebrei bolscevichi. Utilizzati inizialmente come macchina da guerra ideologica contro il bolscevismo, i Protocolli sono stati poi sfruttati anche per altri fini: spiegare, ad esempio, dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, come la sconfitta della Germania fosse avvenuta per una macchinazione ebraica, denunciando la pretesa collusione degli Ebrei con l’alta finanza internazionale per ridurre i regimi democratici a delle maschere di una plutocrazia internazionale con in testa una élite ebraica. Taguieff continua citando brani del suo voluminoso libro sui Protocolli, che ha ricevuto molti riconoscimenti, anche in Israele.
I Protocolli hanno permesso agli ambienti razzisti e reazionari del mondo intero di stigmatizzare il sionismo come un’impresa ebraica occulta di dominazione del mondo, demonizzando lo Stato di Israele che è stato mitizzato come il centro del complotto ebraico mondiale. È di questi giorni l’esternazione in questo senso dei massimi responsabili della Repubblica Islamica in Iran.
I Protocolli sono diventati così il testo di riferimento del nuovo antisemitismo: dopo essere stati fomentatori dell’odio nazionalsocialista, si sono prestati, dopo la guerra dei sei giorni, nel giugno 1967, a divenire veicolo del razzismo islamico nei confronti di Israele. Non va dimenticato a questo proposito che in quegli anni al Cairo, tra i consiglieri principali di Nasser, erano attivi ex agenti delle SS, come il filosofo Joseph Van Leers e Alois Brunner, che durante la guerra avevano curato in Germania le edizioni ufficiali del partito nazionalsocialista dei Protocolli dei savi di Sion.
Per concludere, non va dimenticata la nuova giudeo-fobia, a base antisionista, che si è arricchita di quei negazionisti e revisionisti che negano l’olocausto. Nei paesi dell’Europa dell’Est, comunisti e post-comunisti, oggi, come nei paesi arabi e in tutto il mondo musulmano, «la cospirazione ebraica internazionale» è diventata «il complotto sionista mondiale».
Tobia Zevi recensisce invece il libro di Will Eisner "Il complotto" , un a stria a fumetti del falso.
Ecco il testo:Finisce, in un certo senso, con Il complotto di Will Eisner (Einaudi, pagg. 136, euro 15, introduzione di Umberto Eco), fumetto pubblicato appena dopo la morte dell’autore a gennaio di quest’anno, la parabola dei Protocolli dei Savi di Sion.
Stiamo parlando della Bibbia dell’antisemitismo novecentesco: presentato come un documento autentico, il libello è in realtà un falso, che descrive fantomatici «dirigenti dell’ebraismo mondiale» nell’atto di tramare perversamente la conquista del mondo intero. Nato in ambienti reazionari russi alla fine del XIX secolo, divenne uno strumento nelle mani della polizia segreta zarista, che combatteva le istanze modernizzatici spacciandole per un complotto giudaico.
Will Eisner, padre del romanzo a fumetti, ricostruisce nel suo ultimo graphic novel la genesi della grande diffamazione e ne delinea la diffusione capillare a partire dal 1920. Frutto di una ricerca ventennale, Il complotto mostra tutta la consapevolezza storica e l’impegno civile dello scrittore: una voglia di occuparsi di questioni sociali che lo accomuna ad altri fumetti decisamente «seri» e per adulti come Maus di Art Spiegelmann.
Ma perché il grande disegnatore di racconti fantastici Eisner, nato a New York da immigrati ebrei, si cimenta con una vicenda storica recente e per di più drammatica? È lo stesso autore a rispondere: «Per tutta la mia carriera ho raccontato storie; ora che il fumetto viene assimilato alla letteratura popolare, si presenta la possibilità di contrastare la propaganda dei Protocolli con un linguaggio più accessibile. La mia speranza è che questo lavoro possa contribuire a svelare questo inganno terrificante». Una vera e propria dichiarazione d’intenti, che spiega la volontà di combattere la menzogna sul suo stesso terreno, quello del pregiudizio e della coscienza profonda, con un mezzo capace di raggiungere le grandi masse.
Inabissatosi in Unione Sovietica, il libello riemerse prepotentemente nella Germania della Repubblica di Weimar, portato all’attenzione dello stesso Hitler da qualche fuoriuscito russo. I Protocolli furono una fonte decisiva della teoria antisemita nazista, tanto da meritare una citazione esplicita nel Mein Kampf. Dopo la fine della seconda Guerra mondiale il libercolo continuò a godere di ottima salute, con una serie di stampe e ristampe negli Stati Uniti, in America latina e in molti paesi europei. Né le varie sentenze di condanna dei giudici riuscirono ad impedire che la pubblicazione si insinuasse, strisciante e insidiosa, in vari settori della società, generalmente tra gli auspici degli ambienti antisemiti di estrema destra.
Con una perfetta padronanza del medium il libro, che esclude necessariamente dal fumetto la ricostruzione del clima culturale in cui il falso nasce (l’Europa dell’Affaire Dreyfus e del I Congresso sionistico mondiale del 1897), si muove su due piani, concatenati indissolubilmente: su un livello narrativo-fumettistico, fatto di dialoghi serrati, di ambienti fumosi - quelli della corte zarista o della Costantinopoli immediatamente dopo il crollo dell’Impero ottomano - e di personaggi dalle tinte forti; su un piano quasi filologico, con la dimostrazione che i Protocolli sono stati copiati quasi per intero da un pamphlet satirico di Maurice Joly contro Napoleone III, sostituendo semplicemente all’imperatore i perfidi ebrei: frasi che coincidono parola per parola rivelano, come spiega Umberto Eco, la vera natura di un patchwork tratto da tutta una serie di testi politici e letterari.
Emblematica la fine del bellissimo fumetto, reso prezioso dalla qualità delle illustrazioni e dalla composizione grafica della pagina: «La storia dei Protocolli è giunta alla conclusione» dice Eisner, dopo l’ennesima misura di condanna da parte del Senato Usa; per poi concludere, nell’ultima facciata, con una rassegna di atti antiebraici degli ultimi mesi. Gli stessi che indussero Simon Wiesenthal, anch’egli in prossimità della morte, a prendere la penna per scrivere ai grandi della Terra, proponendo un ampio confronto sulle cause e sulle prospettive del rinascente antisemitismo. Come l’antisemitismo, del resto, questo «inganno terrificante» ha avuto la forza di risorgere ogni volta come una fenice, nonostante condanne e certificazioni di falsità, per continuare ad esercitare la sua influenza nefasta. Fino ad oggi. Fino al Complotto di Will Eisner. Sarà davvero finita?
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