IL FOGLIO pubblica a pagina 2 dell'inserro un articolo di Cristina Giudici sull'assoluzione e successiva espulsione di Mohammed Daki.
Ecco il testo:Milano. L’espulsione di Mohammed
Daki, cittadino marocchino con curriculum
fondamentalista, ha provocato molte polemiche.
E non solo da parte del suo avvocato,
Vainer Burani, che ha ipotizzato un
complotto e cioè una sorta di rivalsa del-
Viminale in risposta alle dichiarazioni di
Daki su un interrogatorio avvenuto senza
difensore alla presenza di agenti americani
dell’Fbi e dell’ex pubblico ministero
Stefano Dambruoso. Anche alcuni garantisti,
fra cui l’onorevole Giuliano Pisapia,
considerano il decreto legge Pisanu (approvato
l’estate scorsa dopo le bombe di
Londra), una sconfitta per lo Stato di diritto
perché viene emesso su dati e conoscenze
che rimangono segreti. Eppure in
Europa, da anni, i governi membri dell’Unione,
ricorrono alla prerogativa di poter
dichiarare persone non grate cittadini stranieri
che possono rappresentare un pericolo
sociale. Infatti la biografia di Mohammed
Daki è stata scritta in Germania, dove
l’intelligence tedesca ha ricostruito i suoi
contatti con Mohamed Atta e Ramzi bin al
Shibh, (finanziatore del commando dell’11
settembre) e la sua attività di supporto logistico
all’organizzazione terroristica Ansar
al Islam, (che conduce direttamente al
giordano al Zarqawi). Ed è per questo che
Daki è stato bandito da tutti i paesi di
Schengen, su richiesta della Germania, e
non può attraversare nessuna frontiera europea
fino al giugno del 2007.
Piaccia o no, così funziona nell’Ue
Certo, può destare qualche perplessità il
fatto che, innocente per la giustizia italiana,
sia stato arrestato dai poliziotti al suo
arrivo in Marocco, se è vero ciò che ha dichiarato
ieri un suo parente (dietro anonimato,
però): "Ho fatto il giro dei vari commissariati
e alla fine ho scoperto che è detenuto
da un’unità antiterrorismo della polizia
a Rabat". In ogni caso Mohamed Daki,
come tutti quelli che sono stati espulsi in
questi mesi dal Viminale, non può essere
considerato un paladino delle libertà occidentali
che invoca attraverso il suo avvocato.
Almeno a giudicare dalla sua rete di
conoscenze, ricostruita dall’intelligence tedesca.
Una rete che conduceva direttamente
alla cellula di Amburgo che ha pianificato
l’attentato alle Torri Gemelle. Indizi
gravi che però non hanno superato l’esame
dei giudici – che non hanno annoverato
fra le prove le informazioni fornite dai
servizi segreti.
In Italia Daki, prima di essere arrestato,
era in contatto con Ciise, un somalo considerato
dall’intelligence europea uno degli
ufficiali di collegamento di al Qaida, al
quale avrebbe dovuto procurare un documento
falso (un’operazione voluta dal mullah
Fouad, co-fondatore di Ansar al Islam
che dalla Siria inviava soldi e mujaheddin
in Iraq).
In ogni caso Daki non è stato oggetto di
attenzioni speciali da parte del ministero
dell’Interno. E’ il penultimo di una lunga lista
di stranieri, ventiquattro fino a oggi, che
sono stati allontanati perché ritenuti pericolosi.
Insieme con Daki è stato espulso anche
Mohammed Akremi Gharsellaoui, un
tunisino che fino a due giorni fa viveva a
Gallarate. Il suo nome è finito nei rapporti
della Digos per le attività di proselitismo
(videocassette, documenti che inneggiano
al jihad contro l’occidente) ed è stato indagato
per favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina. La polizia ha seguito i suoi
viaggi all’estero, in Svizzera e in Francia,
dove aveva contatti con gruppi di estremisti
islamici, mentre nel suo curriculum ci
sono anche alcuni reati eversivi commessi
in Tunisia contro il governo di Ben Alì, prima
di fuggire in Europa. Anche nel suo caso
gli indizi raccolti dalla polizia non sono
stati sufficienti a incriminarlo e per questo
il ministero dell’Interno ha ritenuto di inserirlo
nella lista dei cittadini non grati. Le
misure urgenti per il contrasto del terrorismo
internazionale approvate l’estate scorsa
sono state criticate dal presidente dell’Unione
delle camere penali, Ettore Randazzo,
che si è unito al coro di vari esponenti
dell’Ulivo e le ha giudicate "illiberali".
Tutti i detrattori del decreto legge Pisanu
considerano incongruente l’espulsione
di un cittadino straniero che è stato assolto
dalla magistratura, ma lo spirito della legge,
piaccia o meno, è esattamente questo:
supplire i limiti dell’azione della magistratura
nella lotta al terrorismo e cioè prevenire
l’attività di sostegno logistico, reclutamento
e raccolta fondi di cellule fondamentaliste.
Esattamente come accade nel
resto dei paesi europei.
LIBERO pubblica l'articolo di Andrea Morigi "Italia, il Paese dei Daki Da cacciare 60 estremisti":ROMA Buoni con i buoni, cattivi con i cattivi. Nella linea del ministro dell'Interno Beppe Pisanu su un piatto della bilancia c'è l'istituzione della consulta per l'Islam italiano, equilibrata sull'altro dalle espulsioni su due piedi, come nel caso di Mohammed Daki, imbarcato poco dopo la sua assoluzione su un aereo per il Marocco. E che i tribunali ritengano innocenti gli imputati per reati di terrorismo, paradossalmente è più un vantaggio che un ostacolo per il Viminale. Cinque anni al carcere di Opera sono una vacanza rispetto al rimpatrio, sostengono i fautori della " efficacia deterrente" delle misure. Nel dibattito che si è svolto all'interno dell'intelligence italiana, ha prevalso la loro tesi: vale infinitamente di più un " ti mando a casa tua" che un " ti condanno a 8 anni". Che si trasforma, tramite un tam- tam che echeggia da una moschea all'altra, in un messaggio alle comunità dei musulmani: quel che avete realmente fatto lo giudicano i magistrati, quel che avete intenzione di fare lo valuta il ministro. Parla chiaro il decreto sull'antiterrorismo voluto da Pisanu in seguito agli attentati di Londra e votato da quasi tutte le forze politiche del Parlamento. Fra l'altro la decisione in tema di espulsioni spetta al ministro dell'Interno e non ai tribunali. Il presunto terrorista Daki, due volte assolto dai giudici di Milano potrà rivolgersi al Tar, che comunque non ha il potere di sospendere l'esecuzione del provvedimento che è immediato. NESSUN TORTURATO Rimangono i timori sulla sorte dei rimpatriati, spesso considerati nemici pubblici anche dai loro governi, che li richiedono a gran voce. Per un ex imam di Carmagnola, Abdelkader Fall Mamour, che se la spassa al caldo nel natìo Senegal, altri sono indotti a parlare con metodi più spicci. In effetti, Daki non ha raggiunto i parenti e presumibilmente potrebbe essere stato prelevato al suo sbarco a Rabat dalla polizia marocchina, particolarmente attiva nell'azione di contrasto al terrorismo e nella collaborazione con i servizi segreti occidentali, Cia compresa, con i quali ha relazioni molto strette. Spagna, Francia e Italia hanno potuto smantellare, dopo le stragi nei treni di Madrid dell' 11 marzo 2004, le cellule islamiche di origine marocchina presenti nei tre Paesi proprio grazie alle sinergie tra servizi segreti. Eppure, precisano gli esperti dell'antiterrorismo, il clima non è quello della tortura quanto semmai dell'ostracismo, dell'isolamento sociale, della perdita del lavoro e senza ammortizzatori sociali. Del resto, a livello internazionale non mancano certo le basi legali che non solo consentono, ma invitano gli Stati membri dell'Onu a rendere inoffensiva la minaccia dei terroristi. Lo stesso Mohammed Daki rimane nella lista nera, aggiornata al 5 dicembre scorso, che designa i potenziali autori di attentati o i loro complici. Alcuni coimputati di Daki compaiono poi anche in un altro elenco, quello dei finanziatori della guerra santa, soggetti al congelamento del patrimonio e di ogni attività economica. Migliaia di persone dai nomi molto spesso simili e in molti casi provvisti di numerosi " alias", quindi difficilmente rintracciabili anche a causa delle diverse trascrizioni in caratteri latini dell'alfabeto arabo. Ciò non toglie che, limitatamente all'Italia, vi sia una sessantina di nomi con tanto di indirizzo, oltre al luogo e alla data di nascita, che sono in attesa di espulsione, almeno virtualmente. ITALIA ALL'AVANGUARDIA Per una volta, nonostante le proteste dell'opposizione di centrosinistra che evoca con il Verde Paolo Cento scenari inquietanti sulla " scomparsa" del marocchino, l'Italia si trova all'avanguardia in un campo nella lotta contro il terrorismo internazionale e non si limita a ricopiare su carta intestata della Repubblica le risoluzioni internazionali. Anzi, in alcuni casi le precede, come nel caso di Mohammed Akremi Gharsellaoui, il tunisino espulso contemporaneamente a Daki sulla base dei risultati di un'indagine della magistratura e della Questura di Varese. L'uomo era indagato perché sospettato di fornire falsi permessi di soggiorno a connazionali, ma nella sua abitazione sono state rinvenute videocassette inneggianti al jihad, insieme a cd rom e floppy disc ora al vaglio degli inquirenti. In tutto, la polizia ha effettuato controlli su sei tunisini, due marocchini e un libanese della provincia di Varese. Un altro tunisino, irregolare, è stato espulso. Secondo quanto confermato dalla Questura il provvedimento contro Gharsellaoui è stato emesso per contrastare un potenziale supporto a gruppi islamici nel territorio varesino. E che l'Italia sia un crocevia del terrorismo internazionale è confermato anche dall'interrogatorio di Mourad Trabelsi, imputato di terrorismo islamico a Cremona, sentito ieri da un magistrato danese, accompagnato da alcuni agenti di polizia, alla presenza del gip di Cremona Pierpaolo Beluzzi. A Copenaghen sono stati trovati riscontri di contatti tra l'ex imam di Cremona e alcuni esponenti islamici su cui sono state avviate indagini. In particolare, il magistrato danese era interessato ad accertare la provenienza di alcune cassette che nel 1998 furono trovate sia nella moschea, sia nell'abitazione di Trabelsi. Nei filmati vi erano rappresentanti azioni di guerriglia dei mujihaddin in Cecenia e in Russia. Trabelsi ha spiegato di aver acquistato in un mercato di Milano le stesse video cassette e di averle messe a disposizione degli altri fedeli. Il tunisino ha invece respinto l'accusa di aver utilizzato la cassetta per compiere opera di reclutamento.
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