L'Iran minaccia, Israele si prepara a difendersi
analisi politiche dopo le ultime dichiarazioni di Ahmadinejad
Testata:
Data: 10/12/2005
Pagina: 1
Autore: un giornalista - Gian Micalessin
Titolo: Ahmadinejihad - «Teheran è un pericolo»Israele in allarme studia la rappresaglia
IL FOGLIO di sabato 10 dicembre 2005 pubblica in prima pagina un articolo sulle dichiarazioni negazioniste e antisemite del presidente iraniano Ahmadineiad, ribattezzato nel titolo "Ahmadinejihad".

Ecco il testo:

Roma. Il presidente iraniano Mahmoud
Ahmadinejad ha proiettato due giorni fa sulla
scena internazionale la svolta aggressiva
del regime iraniano, lo stesso che ha relazioni
eccellenti con Hamas, il cui leader,
Khaled Mishaal, ha annunciato ieri che la
calma con Israele "è finita", "il nostro popolo
si sta preparando a un nuovo round del
conflitto". Ahmadinejad, alla Mecca, durante
la conferenza dell’Oci, l’organizzazione
che raduna i paesi musulmani, ha interrotto
l’esame – anche autocritico – sul terrorismo
islamico tentato da più parti, per ribadire la
tesi di sempre, condivisa da gran parte dei
presenti, secondo cui il vero, unico terrorista
al mondo è Israele. Poi ha aggiunto: "Se
gli europei fossero onesti dovrebbero dare
qualcuna delle loro province in Europa, in
Germania o in Austria o in qualche altro
paese ai sionisti". Frase raccapricciante,
condannata da molti leader europei.
In realtà, nessun paese al mondo – tranne
Israele – ha il diritto d’indignarsi. Da sessant’anni
queste stesse identiche parole sono
pronunciate dal re dell’Arabia Saudita e
nessuno protesta, per evidenti ragioni petrolifere.
Ahmadinejad non è colto, ma ha
uomini colti che lo indirizzano. Quando
parlò di "distruggere Israele" non fece altro
che citare a memoria discorsi di Khomeini
di trent’anni fa, contro cui nessuno al mondo,
tranne Israele, ha mai protestato. Il presidente
iraniano ha fatto altrettanto ora alla
Mecca, citando, in omaggio agli ospiti, una
posizione espressa da re Abdulaziz Ibn
Saud già nel luglio del 1943, poi ribadita a
Franklin Delano Roosevelt il 14 gennaio
1945, durante un loro incontro sul Mar Rosso,
dopo Yalta: "Se gli ebrei sono obbligati a
cercarsi una sede, vi sono territori in Europa,
in America e altrove più spaziosi e più
fertili della Palestina e meglio corrispondenti
ai loro interessi". Il presidente americano
ascoltò e tacque, non ribatté. Quella
posizione si basava su due elementi condivisi
da Ahmadinejad e da buona parte dei
leader musulmani presenti alla Mecca, che
tuttora non riconoscono Israele: l’antisemitismo
islamico e la falsa idea che Israele sia
nato per risarcire gli ebrei della Shoah.
Quanto ad antisemitismo islamico è esauriente
l’intervista del saudita re Feisal, figlio
di Abdulaziz ibn Saud e fratello dell’attuale
re Abdullah, il 4 agosto 1972 alla rivista egiziana
al Mussawar: "Israele ha sempre avuto,
fin da tempi antichi, intenzioni malvagie.
Il suo obiettivo è la distruzione di tutte le altre
religioni. Gli ebrei considerano le altre
religioni inferiori alla loro e gli altri popoli
inferiori al loro. Celebrano un certo giorno
in cui mescolano il sangue di un non ebreo
nel loro pane e lo mangiano. Due anni fa,
mentre ero in visita a Parigi, la polizia scoprì
cinque bambini assassinati. Il sangue
era stato essiccato e risultò che alcuni ebrei
li avevano uccisi per prendere il sangue e
mescolarlo con il pane che mangiano. Questo
dimostra fino a qual punto arriva la loro
malvagità e il loro odio verso i non ebrei".
Feisal era solito regalare a tutti gli ospiti i
protocolli dei Saggi di Sion.
Re Abdullah, ogni volta che un attentato
islamico insanguina il suo regno, sostiene
che è "di matrice sionista". Più subdola – e
presente anche in Europa – l’idea che gli
arabi debbano scontare in Palestina i crimini
antisemiti del Vecchio continente. Idea
che deriva dalla scelta di Stalin di motivare
il suo "sì" in sede Onu nel 1947 alla nascita
di Israele, non come conseguenza della cobelligeranza
dei sionisti –
Stalin odiava il sionismo –
ma quale sorta di risarcimento
della Shoah. Invece,
il diritto degli ebrei al loro
Stato in Palestina, oltre che
a evidenti ragioni storiche,
era legato ad altro. Essi erano
stati per ben due volte
cobelligeranti dei vincitori
della Prima e della Seconda
guerra mondiale, mentre
palestinesi avevano combattuto
con i perdenti, prima l’Impero ottomano,
poi, seguendo il Gran Muftì di Gerusalemme,
addirittura con Adolf Hitler.
Quando gli chiesero perché non aveva consultato
i palestinesi prima di emettere la Dichiarazione
Balfour del 1917, il premier
Lloyd George rispose sarcastico: "Non potevamo,
erano troppo impegnati a spararci
addosso". Diecimila sionisti, invece, avevano
combattuto dal 1916 in poi a fianco degli
inglesi nella Jewish Legion di Jabotinsky e
50 mila combatterono con gli Alleati nella
Seconda guerra mondiale. Israele non è
dunque un "risarcimento", ma un diritto
conquistato dagli ebrei con la forza delle armi
al servizio della democrazia e contro le
dittature. Questa è una verità intollerabile
per i fondamentalisti musulmani.
Nell'articolo "«Teheran è un pericolo»Israele in allarme studia la rappresaglia " pubblicato apagina 13 dal GIORNALE Gian Micalessin spiega come Israele valuti l'opzione militare per difednersi dalla minaccia iraniana.
Del tutto sbagliato, da questo punto di vista, l'uso del termine "rappresaglia".

Ecco l'articolo, sostanzialmente corretto:

Questa volta Israele potrebbe
non accontentarsi
d’una risposta a livello diplomatico.
Le parole del presidente
iraniano Ahmadinejad
rischiano, questa volta, d’innescare
una risposta assai più
concreta. A farlo capire, senza
troppi giri di parole è il ministro
della difesa israeliano
Shaul Mofaz secondo il quale
Israele deve tenersi pronto a
scegliere strade anche diverse
da quella diplomatica per
reagire alla minaccia nucleare
iraniana.
La durissima dichiarazione
di Mofaz arriva a 24 ore dall’intervento
del presidenteAhmadinejad
che - durante una
conferenza tenutasi alla Mecca
- ha prima ridimensionato
l’entità dell’olocausto e ha poi
invitato gli Stati europei che
appoggiano i sionisti «aconcedere
alcune loro province affinché
possano traslocare il loro
Stato in Europa». Intervenendo
sull’argomento durante
una visita ad un mercato alla
periferia di Tel Aviv Mofaz
ha definito Ahmadinejad come
un uomo «pieno di odio
per Israele». «La combinazione
di questo odio estremo e le
capacità nucleari del paese
rappresentano una sicura minaccia
per lo stato d’Israele e
per i paesi occidentali» - ha
detto il ministro della Difesa.
Valutando una possibile reazione
alle parole del presidente
iraniano Mofaz ha aggiunto
che - per quanto la mossa giusta
sia quella di muoversi sul
terreno della diplomazia -
Israele «deve anche tenersi
pronto ad altre soluzioni».
L’idea di un blitz o di un bombardamento
preventivo, simile
a quello ordinato nel giugno
1981 da Menachem Begin per
distruggere la centrale nucleare
irachena di Osirak, incomincia
insomma a venir discusso
apertamente.Eil direttore
dell’Agenzia Internazionale
per l’Energia atomica,
l’egiziano Mohammed El Baradei
incomincia a preoccuparsi.
«Non penso esista una
soluzione militare alla questione
», ha detto ieri da Oslo poco
primadi venir insignito del Nobel
per la pace conferitogli
quest’anno. «Una soluzione
militare sarebbe completamente
controproducente, ma
il sul riarmo nucleare dell’Iran
il mondo sta perdendo
la pazienza», ha aggiunto El
Baradei. I suoi inviti a percorrere
la via della diplomazia e
della cooperazione non sembrano
però convincere il ministro
degli esteri israeliano Sylvan
Shalom. Le sue dichiarazioni
non sono prese di posizione
avventate o commenti
passeggeri, sono invece parte
diun pensiero sistematico che
punta alla «cancellazione dello
stato d’Israele» - sostiene
Shalom facendo riferimento
anche al discorso dello scorso
ottobre quando Ahmadinejad
auspicò la cancellazione dalla
carta geografica dello Stato
d’Israele.
Da questo punto di vista secondo
Shalom le minacce del
presidente iraniano vanno
prese molto più sul serio delle
sparate di Muhammar Gheddafi,
il dittatore libico considerato
fino a qualche anno fa il
più inveterato e implacabile
nemico d’Israele in medio
Oriente. «Non mi sognerei
maidi prenderle alla leggera -
hadetto Shalomriferendosi alle
provocazioni del presidente
iraniano - quelle dichiarazioni
rivelano un modo di pensare
che dimostra chiaramente
quanto quell’uomo sia pericoloso
». Le parole di Ahmadinejad
sono, inoltre, solo una
parte del problema. Secondo
Shalom la vera preoccupazionesono
gli armamentia disposizione
della repubblica islamica.
E non solo gli ordigni
atomici che Teheran potrebbe
riuscire ad assemblare in
pochi anni se continuerà la
propria corsa verso il nucleare.
Per il ministro degli esteri
una minaccia ben più immediata
arriva dal continuo sviluppo
dell’arsenale missilistico.
«Lo sviluppo di quel settore
-hadetto Shalom - liha portati
a realizzare missili già in
grado di raggiungere Israele
le capitali europee».
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