Il CORRIERE DELLA SERA di venerdì 9 dicembre 2005 pubblica un articolo Fiorenza Sarzanini che riportiamoROMA — Tre giovani americani morti per terrorismo in Israele, tre Paesi coinvolti, una causa miliardaria. Con finale a sorpresa: la Farnesina che, per paura di ritorsioni, richiama all'ordine i giudici del tribunale civile di Roma. Il motivo? Avere dato ragione alle famiglie delle vittime e torto al governo iraniano condannato a pagare un risarcimento di 528 milioni di dollari. Una cifra stratosferica in parte rintracciata su depositi aperti presso la sede romana della Bnl.
La lettera spedita dieci giorni fa dal Cerimoniale del ministero degli Esteri al presidente della IV sezione è inequivocabile: bisogna ascoltare le ragioni di Teheran «per far venir meno ogni accusa di violazione di accordi internazionali, rendendo più remota la possibilità di ritorsioni nei confronti dello Stato italiano e dei suoi cittadini». Il governo di Roma si inserisce così in un intrigo internazionale che coinvolge anche le relazioni tra Stati Uniti e Iran.
La storia comincia il 9 aprile 1995 quando Alisa Flatow, 20 anni, sale sull'autobus 36 che da Ashkelon, in Israele, deve portarla nella comunità di Gush. Nella striscia di Gaza, un kamikaze manda il suo pulmino imbottito di esplosivo a sbattere contro il bus. Alisa viene ferita alla testa. Il giorno dopo suo padre Stephen autorizza l'espianto degli organi. Il 25 febbraio 1996, Matthew Eisenfeld, 24 anni, e Sara Duker, 23, prendono l'autobus 18 che da Gerusalemme deve portarli a Petra, in Giordania. Uno dei passeggeri si fa esplodere azionando il dispositivo che aveva nascosto nel suo zaino. Sara e Matthew muoiono dopo poco. Entrambe le azioni vengono rivendicate dal gruppo di Hamas, il Movimento di Resistenza Islamica. Uno dei suoi leader, Hassan Salaman, lo conferma alla polizia israeliana e poi rilascia un'intervista alla trasmissione
60 minutes della Cbs: «Siamo stati noi».
I parenti dei tre ragazzi decidono di intentare causa contro il regime di Teheran da sempre accusato di finanziare la fazione terroristica. Si rivolgono alla Corte Distrettuale di Washington. E ottengono ragione. I giudici condannano al pagamento dell'indennizzo «la Repubblica Islamica dell'Iran, il ministero iraniano per la sicurezza, l'Ayatollah Ali Hoseini Khamenei, Ali Akbar Rafsanjani, Ali Fallahian Kuzestani». Devono versare 225 milioni di dollari alla famiglia di Alisa Flatow, 150 a quella di Matthew Eisenfeld, altri 150 milioni di dollari a quella di Sara Duker. Entrambe le sentenze diventano esecutive nel marzo del 2003. E a quel punto i legali di parte civile cercano di rintracciare i fondi. Scoprono che presso la filiale della Bnl di Roma ci sono depositi che risalgono all'epoca delle inchieste sul traffico di armi.
Si rivolgono al tribunale civile di Roma che dispone il pignoramento dei beni e fissa l'ultima udienza al 15 dicembre. Ma formale arriva la protesta dell'ambasciata iraniana. In una lettera inviata il 16 novembre scorso al ministero degli Esteri «si contestano le pretese avanzate nella procedura e si auspica un intervento tempestivo per la più sollecita soluzione della questione, riservandosi di agire energicamente presso le autorità competenti per contestare ogni indebita azione posta in essere agli accordi internazionali e alle buone relazioni dei due Paesi». La mossa della Farnesina è pressoché immediata. Il 18 novembre il vicecapo del Cerimoniale scrive al presidente della sezione Esecuzioni Mobiliari del tribunale di Roma. Premette che «non intende interferire sull'autonomo esercizio del potere giudiziario», ricorda «la regola generalmente riconosciuta nei rapporti internazionali che impone allo Stato ospitante di esentare gli Stati esteri dalla giurisdizione dei propri tribunali» e poi aggiunge: «Questo ministero ha invitato l'ambasciata iraniana a chiedere al tribunale di anticipare al massimo la data dell'udienza e a costituirsi in un giudizio per far valere i propri diritti, contando sull'intervento ad adiuvandum del governo italiano... Ritiene opportuno rappresentare al Tribunale l'opportunità di adottare una rapida decisione per evitare una prolungata indisponibilità dei mezzi finanziari necessari al funzionamento dell'Ambasciata e più remota la possibilità di ritorsioni».
Non è quantomeno eccessivo fermere risarcimenti dovuti alle vittime del terrorismo per "evitare una prolungata indisponibilità dei mezzi finanziari necessari al funzionamento dell'Ambasciata"iraniana e per una "remota la possibilità di ritorsioni "?
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