Il 23 dicembre esce negli Stati uniti il film di Spielberg sulla strage di Monaco
e sulla reazione israeliana
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Data: 07/12/2005
Pagina: 51
Autore: Giovanna Grassi - Alessandra Farkas
Titolo: La «sporca» caccia ai terroristi di Monaco - Polemiche, ebrei cauti «Non piacerà a destra»
IL CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 7 dicembre 2005 pubblica l'articolo di Giovanna Grassi "La «sporca» caccia ai terroristi di Monaco" sul film di Steven Spielberg "Munich", in uscita il 23 dicembre negli Stati Uniti.

Ecco il testo:

LOS ANGELES — Lo schermo nero, senza titoli di testa, si accende lentamente: si vede una sbarra di ferro, che poi diventa una lunga recinzione: su di essa si posa una mano, nella notte ancora fonda. Un gruppo di giovani, apparentemente atleti perché alcuni indossano la tuta sportiva, si inerpica sul recinto. Sembra una bravata, ma una didascalia avverte: « Munich è ispirato a eventi reali». Inizia così il film di Steven Spielberg (2 ore e mezza di storia), che ricostruisce, ma solo nelle prime sequenze, l'attacco dei guerriglieri palestinesi di Settembre nero alle Olimpiadi di Monaco. Era il 5 settembre 1972 e nella strage morirono 11 atleti d'Israele.
Dal 23 dicembre sarà sugli schermi Usa, a fine gennaio sui nostri, ma nell'attesa già c'è chi polemizza (un volantino contro il film è stato diffuso in questi giorni a Los Angeles). Spielberg, dal canto suo, tiene a precisare: «Considero quanto accaduto nel settembre 1972 e la risposta di Israele un momento importantissimo nella storia moderna del Medio Oriente».
Nel film, dopo il prologo sulla strage, entra in azione il commando del servizio segreto israeliano che ebbe l'ordine di trovare e uccidere i palestinesi colpevoli. Al centro della trama ci sono la missione e poi la crisi morale e ideologica dei protagonisti: gli omicidi anche di presunti innocenti coinvolgono infatti il capo del commando israeliano, si sviluppa una catena di violenza, vi sono pagamenti in denaro delle spie e degli informatori francesi (in uno di questi gruppi ha un ruolo anche Valeria Bruni Tedeschi). Eric Bana è Avner, il leader del commando di cui fanno parte anche Mathieu Kassovitz e Daniel Craig.
«Ogni civiltà scopre che è necessario negoziare i suoi più alti valori con molti compromessi», dice la figura femminile che evoca quella del primo ministro dell'epoca Golda Meir, nella sua casa di Gerusalemme. Nelle intenzioni di Spielberg e dello sceneggiatore, lo scrittore Premio Pulitzer Tony Kushner ( Angels in America)
ciò dovrebbe allontanare i sospetti che si tratti di un film sul tema della vendetta ancorché ispirato al libro «Vengeance» (vendetta, appunto) del canadese George Jonas. Kushner ha riscritto daccapo la storia e il regista sembra soprattutto porsi un quesito attuale: quali segnali di pace possiamo trovare nel conflitto israeliano- palestinese se osserviamo tutti i protagonisti come uomini, dilaniati tra dubbi e moralità? Spiega Spielberg: «Narrare la risposta di Israele alla strage di Monaco attraverso gli occhi degli uomini che dovevano vendicarla e attraverso l'incontro-scontro con i loro coetanei palestinesi (ma la sequenza in questione è pura fiction,
ndr) allontana il concetto di vendetta, immerge lo spettatore in una dimensione più umana e lo costringe a pensare a quanto accadde — e accade — non solo in termini politici o militari. Affido a questa convinzione la speranza che tutti noi possiamo imparare qualcosa di importante sul disordine mondiale. E' un film che ho fortemente voluto per far pensare alla pace».
Quando Avner-Bana torna a casa a New York e cerca di dimenticare tutto ciò che lo ha tramutato in un assassino, Geoffrey Rush — la «mente» delle azioni del commando — gli dice: «Hai fatto ciò che hai fatto per aiutare il tuo popolo, la tua cultura, per difendere ciò che abbiamo conquistato e ancora dobbiamo avere». E in questa scena, sulle sponde dell'Hudson, si vedono sullo sfondo, come simbolo, le Torri Gemelle intatte. Prima, facendo l'amore con la moglie, Avner aveva rivissuto nella memoria gli omicidi, gli orrori, gli sguardi dei bambini atterriti spettatori di tante stragi.
Altra presenza femminile è quella di una donna incontrata da Avner una notte, in un bar: il suo profumo, da cui era affascinato, lo porterà a entrare in una stanza dove troverà uno dei suoi compagni, assassinato da lei. E qui comincia un altro capitolo, che si conclude solo con la morte della ragazza. Ma non ci sono giudizi di colpevolezza o di innocenza per i protagonisti, neanche alla fine, quando Avner si sente pedinato, «condannato» dai suoi nemici.
L'articolo " Polemiche, ebrei cauti «Non piacerà a destra» " di Alessandra Farkas presenta le prime reazioni all'annuncio del film da parte di esponenti della comunità ebraica americana.
NEW YORK — «È la sfida più pericolosa della sua carriera» proclamava a luglio il New York Times,
dando il via ad un susseguirsi di voci secondo cui «con Munich Steven Spielberg rischia di danneggiare la sua mitica statura tra gli ebrei Usa ed israeliani». Perché «non soddisferà nessuno munito di idee precise sul Medio Oriente». Ma alla vigilia della prima mondiale del film, il 23 dicembre prossimo, il mondo ebraico americano è tranquillo. «Munich non incontrerà ostacoli da parte dei leader ebraici Usa», profetizza Elan Steinberg, direttore emerito del World Jewish Congress, «molti dubitavano che il regista di pellicole d'azione e sugli alieni fosse in grado di girare una storia sull'Olocausto. Si sbagliavano allora e si sbagliano adesso». Ottimista anche Abe Foxman, capo dell'Anti-Defamation League (ADL): «Nessuno di noi ha visto il film, che verrà proiettato ai leader della comunità la settimana prossima», mette le mani avanti, «ma non anticipo problemi né polemiche». Più cauto il rabbino Marvin Hier, capo del Centro Simon Wiesenthal di Los Angeles, declina ogni commento («non l'ho visto») e nega che la Mecca del Cinema «organizzi proteste come quelle che accolsero la Passione di Cristo di Mel Gibson». «Spielberg non è Gibson nè Michael Moore e conosce la differenza tra umanizzare un terrorista e giustificarlo», concorda Steinberg, «il film sarà criticato dall'estrema destra israeliana, bastian contraria su tutto, e dagli estremisti arabi». La vera incognita? Secondo l'autorevole settimanale Jewish Forward è vedere se Spielberg userà il parallelo "Monaco-11-9" per trarre una lezione, modernissima, sull'era post-Osama e la guerra in Iraq. «Il film costringerà ebrei e non ebrei a porsi domande scomode sulla risposta americana e israeliana al terrorismo», spiega il Forward, «ma ben venga l'introspezione, anche se la minoranza ultraortodossa la confonde con la debolezza».
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