Riportiamo dal CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 30 novembre 2005 un articolo illuminante circa un video, diffuso da un sito legato al regime iraniano, nel quale il presidente Ahmadinejad dichiara di essere stato protetto da un aureola durante il suo discorso all'Onu.
A parte quella poco credibile di un deputato oltranzista, che denuncia un complotto dei nemici del presidente, due sono le ipotesi sui motivi che si celerebbero dietro la diffusione dell'incredbile video. Ahmadinejad potrebbe aver voluto, come denunciano alcuni deputati "progressisti" "rendersi intoccabile agli occhi dei più semplici". Se cosi fosse ci troveremmo di fronte a un'eloquente prova della scelta, da parte dei vertici iraniani, di una pericolosa strategia di conservazione del potere, volta a eccitare pulsioni irrazionali e a promuovere una fede cieca nell'infallibilità del "capo". Una strategia comune, nel corso del secolo scorso, a molti regimi totalitari, spesso condotti da essa all'aumento dell'aggressività verso l'esterno e infine alla guerra .
L'altra ipotesi è che Ahmadinejad creda davvero in ciò che dice. Ipotesi che appare, data la storia personale dell'uomo, abbastanza probabile.
E tutt'altro che rassicurante.
Ecco il testo:Ci mancavano le visioni, per fare di Ahmadinejad il leader rivoluzionario perfetto. E adesso, pare, ci sono anche quelle. Apparse, al presidente iraniano, nientemeno che al palazzo di Vetro, mentre parlava all'Assemblea generale dell'Onu in settembre, quando — così è andato a confidarsi Ahmadinejad col suo leader spirituale, l'eminente ayatollah Javadi Amoli — un'aureola luminosa è discesa sul suo capo. «(Il mio consigliere) mi ha detto: quando hai esordito con le parole " nel nome di Dio" ho visto che una luce t'ha avvolto fino alla fine del discorso. E anch'io l'ho sentito. Ho sentito che l'atmosfera è cambiata, e che per tutti i 27-28 minuti del mio discorso nessuno dei leader ha battuto ciglio».
Uno scherzo, un'impostura malefica di uno dei 100mila
blogger iraniani che sono le vere radio libere dell'Iran? Tutt'altro. Perché la confessione, e successivo Dvd, starring il presidente, è stata diffusa da uno dei website più visti dell'Iran,
Baztab.com, uno dei portali semistatali che producono la nebulosa delle notizie ufficiali del regime. L'agenzia porta dritto a Mohsen Rezaei, l'ex comandante delle Guardie della Rivoluzione, dalle cui file il presidente ha pescato a piene mani per riempire di ex compagni pasdaran le poltrone nei ministeri. Difficile che un simile sito lo canzoni, in un Paese dove comunque, come nota l'ex giornalista iraniano ora immigrato a Parigi Hossein Bastani, nessun'agenzia di stampa s'arrischierebbe a pubblicare notizie sgradite al presidente, e dove «diffondere bugie sul suo conto ha conseguenze serie».
Dunque, l'Ahmadinejad che appare nel sito in questione, è piuttosto infervorato. «Non sto esagerando quando dico che i leader non battevano ciglio. Io li guardavo. Erano attoniti, come se una mano li avesse tenuti incollati agli scranni. Una forza ha aperto i loro occhi e le loro orecchie al messaggio della Repubblica islamica». Tocca all'ayatollah Amoli gettar acqua sul fuoco dei suoi fervori visionari, ricordandogli che i servitori dello Stato devono «mantenere le promesse e astenersi dal traviare (!) il popolo».
E però, l'Ahmadinejad mistico ha scatenato il gioco delle interpretazioni a Teheran. Chi ha distribuito il video, se l'incontro tra il presidente e l'ayatollah Amoli era privato?
Akbar Alami, deputato progressista: «Spero non i suoi seguaci, per rendere ogni critica al presidente un tabù per la gente semplice». Dice il giornalista Bastani: il governo è consapevole d'aver ottenuto il potere coi voti dei più poveri, dei meno istruiti, e «promuove queste dicerie» appunto per guadagnare agli occhi dello stesso popolino «uno status carismatico, dogmatico, santo». Però lui avanza una seconda ipotesi, più pericolosa: «Che a forza di diffondere queste voci, abbiano finito per crederci loro stessi». C'è, infine, una terza tesi, sostenuta dall'influente deputato oltranzista Ahmad Tavakoli. Ma quale propaganda, il video è un sabotaggio dei nemici di Ahmadinejad: «Un'invenzione per poterlo insultare».
Pio, Ahmadinejad lo è davvero. Amato dal popolo, anche. Un esempio cui ispirarsi, anzi. Tanto che — scrive il Financial Times — la sua giacca a vento di cotone beige aperta sulla camicia, la stessa per stringere le mani nel suk o e parlare all'Onu, è diventata l'ultima moda nei negozi (popolari) di Teheran, 20 dollari il pezzo: hanno esaurito le scorte, «le giacche del presidente» le devono importare dalla Cina. Però, è proprio l'appeal di Ahmadinejad, la sua religiosità popolare, a far storcere il naso al clero più colto. Non piace la sua devozione al Dodicesimo imam (scomparso nel 941, e che secondo una certa tradizione sciita tornerà per portare un'era di giustizia islamica), che ha citato perfino alle Nazioni Unite. Perché, va bene un leader che diventa un'icona fashion. Ma può questo clero non preoccuparsi di un presidente che — tra evidenti incertezze diplomatiche — va all'Onu e si crede unto da un'aureola?
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