Il CORRIERE DELLA SERA di venerdì 25 novembre 2005 pubblica a pagina 17 l'articolo di Elisabetta Rosaspina "Medioriente, due popoli, due democrazie", sul convegno romano dedicato al rapporto tra "La sinistra e a Israele" e agli interventi di Piero Fassino e Fausto Bertinotti.
Ecco il testo:ROMA — La democrazia si può esportare, anzi si deve. «Perché non possiamo rinunciare ai valori universali neppure nel mondo islamico». Parola di Piero Fassino che, sull'onda delle aperture già fatte anche da Massimo D'Alema, elogia la posizione di George Bush rispetto a quella dei repubblicani come Kissinger: «Tra chi accettava le dittature nel Sudamerica e chi invoca democrazia e diritti, se permettete, c'è una differenza fondamentale». Ma il segretario dei ds, pur riaffermando il no netto alla guerra in Iraq, si spinge anche oltre, con un'autocritica molto schietta: «Sono contrario all'uso delle armi, non devo ripeterlo. Ma tutte le volte che ho partecipato alle manifestazioni pacifiste contro l'attacco in Iraq mi sentivo a disagio per un interrogativo etico più che politico: quale è la proposta alternativa alla guerra per diffondere i valori che riteniamo fondamentali? Se io non ho una strategia tolgo impatto alla mia battaglia e in questo noi non siamo ancora riusciti ad elaborare una "politica preventiva", alternativa alla guerra. E' il momento che la sinistra si confronti su questo tema, al più presto».
L'occasione per la riflessione fassiniana su Islam, neo-con e democrazia è il seminario organizzato dall'associazione «Appuntamento a Gerusalemme» e dal Riformista
sui rapporti tra sinistra e Israele. L'ospite più atteso è in realtà Fausto Bertinotti, per la prima volta impegnato in un confronto diretto (e a tratti duro) con esponenti della comunità ebraica romana. Ma Fassino rilancia e al segretario del Prc che ripropone lo schema «due popoli, due stati» per sciogliere il conflitto mediorientale, risponde: «Due popoli, due democrazie», chiedendo anche per i palestinesi l'approdo definitivo a parametri occidentali.
La formula piace molto allo storico e politologo Federico Steinhaus, sul palco con i due segretari dei due partiti della sinistra: «I palestinesi sono i più prossimi tra gli arabi alla democrazia, dobbiamo spingerli, aiutarli». Fassino risponde con un'ulteriore apertura a Sharon: «Mi auguro un'affermazione dei laburisti, ma poiché voglio la pace, se Sharon continua su questa strada, speriamo che prenda un sacco di voti».
Per il resto il seminario è un confronto tra Bertinotti e la platea. Il leader di Rifondazione non arretra dalle sue posizioni classiche. Racconta anche un aneddoto che fa sorridere ma non conquista i presenti: «Quando chiudendo il penultimo congresso di Rifondazione coniai lo slogan: sono gay, sono lesbica, sono ebreo..., il mio nipotino mi chiese: "Ma nonno tu non eri amico dei palestinesi?"». Il segretario del Prc rivendica di «non essere antisemita per il fatto di criticare Israele» e anzi promette la sua «sorveglianza contro l'eventualità che risorgano comportamenti antisemiti a sinistra». Ai presenti non basta, ma di questo potranno parlare di nuovo con Bertinotti a fine gennaio quando - e sarà un'altra prima volta - si svolgerà un incontro tra Rifondazione e le comunità ebraiche di Milano e Roma.
LIBERO pubblica sullo stesso tema, a pagina 9, "Fassino si pente , siamo troppo filo-palestinesi", di Gianluca Rosselli.
Ecco il testo:ROMA Piero Fassino fa autocritica. Dopo essere andati per anni a braccetto con Yasser Arafat, ora gli eredi del Pci recitano il mea culpa: la sinistra italiana è stata eccessivamente filo- palestinese. « Per troppo tempo abbiamo giudicato il conflitto arabo- israeliano come uno scontro tra un torto, quello di Israele, e una ragione, quella dei palestinesi » , ha affermato ieri Fassino, intervenendo a una seminario aRoma su " Sinistra e Israele" organizzato, tra gli altri, dal quotidiano " il Riformista" e dall'associazione " Libertà Eguale". « Invece » , continua il segretario della Quercia, « in quella terra si scontrano due ragioni: quelle di due popoli che hanno uguale diritto ad esistere e ad avere un posto dove vivere » . Secondo Fassino, però, la presa di coscienza della Quercia su Israele « è avvenuta già da diversi anni » e oggi « l'atteggiamento anti- Israele in realtà appartiene a posizioni minoritarie, come quella che fa riferimento al " Manifesto" » . Ma il mea culpa della Quercia arriva soprattutto dall'area riformista. Rompendo quelli che a sinistra sono sempre stati dei tabù, come il rapporto con il sionismo e la politica espansionistica della Grande Israele. « La sinistra per troppo tempo ha attribuito alla parola sionismo un significato negativo equiparandola al razzismo » , sostiene Peppino Caldarola, « mentre il sionismo ha contribuito alla costituzione di uno stato laico, sociale e democratico come è Israele. Troppo spesso la sinistra si è innamorata di leader politici arabi che con la democrazia non avevano niente a che fare » . Umberto Ranieri, invece, tracciando un percorso storico che dimostra come « in Europa sionismo e socialismo siano sempre stati legati » , arriva ad elogiare la svolta moderata di Ariel Sharon, « che oggi non si può più considerare la bestia nera della sinistra europea » . Anche Ranieri, comunque, fa autocritica. « Troppo spesso i partiti di ispirazione marxista, quindi anche il Pci, hanno identificato l'ebraismo con una sorta di avamposto del capitalismo finanziario e il sionismo con il colonialismo di Israele in territorio arabo » , osserva Ranieri, secondo cui questa chiusura è andata allentandosi solo verso la fine degli anni ' 80, con i viaggi di Napolitano, Occhetto e lo stesso Fassino a Gerusalemme. « A questo punto la sinistra ha il dovere politico e morale di recuperare fino in fondo il rapporto con lo stato ebraico » , auspica il segretario diessino. E su questo la Quercia sta investendo parecchio, anche nell'ottica di una strategia preelettorale. L'obbiettivo di via Nazionale è quello di accreditarsi come valido interlocutore nei confronti del governo israeliano, togliendo così a Berlusconi e Fini l'esclusività dei rapporti con Gerusalemme. E' di questi giorni, per esempio, la notizia della resurrezione dell'associazione milanese " Sinistra per Israele", che però verrà trasformata in un'organizzazione presente su tutto il territorio nazionale sotto la presidenza di Furio Colombo. E sarà proprio l'ex- direttore dell'Unità l'ambasciatore a cui Fassino ha attribuito il gravoso compito di ricucire un rapporto eroso da anni di politica pro- Arafat. L'associazione, si legge nel manifesto programmatico, si batterà contro « i pregiudizi anti- israeliani che albergano in una parte della sinistra italiana » e i « fenomeni di antisionismo che a volte nascondono un vero e proprio antisemitismo » . La scoperta delle ragioni dello stato ebraico da parte della Quercia, però, convincono solo in parte i rappresentanti italiani di Israele. « L'immagine della società israeliana come guerrafondaia, razzista, colonialista e avamposto dell'imperialismo americano non avrebbe attecchito così bene nell'opinione pubblica europea se non si fosse basato su stereotipi presenti proprio nel mondo progressista e di sinistra » , afferma Anna Borioni, dell'associazione " Amici di Gerusalemme", che poi si chiede come mai « nessun corteo di sinistra, dei sindacati, dei pacifisti e dei no global sia mai sceso in piazza per solidarizzare con le vittime delle stragi che in questi anni hanno insanguinato Israele » . Noi dalla sinistra siamo sempre stati « isolati e discriminati » , accusa. Mentre lo storico Federico Steinhaus sottolinea come « la sinistra abbia sempre attribuito allo stato ebraico il vizio d'origine di aver occupato un territorio senza averne diritto, considerando gli ebrei come nuovi nazisti e i palestinesi come popolo oppresso » . Chi invece sembra avere la coscienza a posto è Fausto Bertinotti. « Nel dna della sinistra è presente solo una parte dell'ebraismo, quella messianica » , afferma il leader di Rifondazione, che poi attribuisce « il giusto merito ad Arafat, il primo a riconoscere il diritto di esistere allo stato d'Israele » . E infine conclude: « Noi abbiamo sempre considerato anche le ragioni degli ebrei. E sulla rinascita di un certo anti- semitismo in Europa, la sinistra non è responsabile » . Gianluca Roselli
Da L'UNITA' del 24 novembre risulta che il neo-presidente di "Sinistra per Israele" ha auspicato la diffusione di un'"informazione corretta".
Nessuno potrebbe essere più favorevole di noi a quasto programma. Dispiace anzi che Furio Colombo non sia in una posizione tale da poterlo applicare con il massimo dell'eficacia.
Per fare un esempio, del tutto casuale, la posizione di direttore di un quotidiano della sinistra...
Lo è stato, come sappiamo. Ma uqndo dirigeva l'UNITA', evidentemente, aveva altre priorità. Peccato.
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