IL FOGLIO di giovedì 17 novembre 2005 pubblica a pagina 1 dell'inserto un'intervista allo storico Michael Oren sull'elezione a leader del Labour israeliano di Amir Peretz.
Ecco il testo:Oggi il premier israeliano Ariel Sharon incontra il neoleader dei laburisti, Amir Peretz. Il summit è atteso da giorni, cioè da quando il "sindacalista" Peretz – è segretario generale del potente Histadrut – ha spodestato Shimon Peres dalla guida di Avoda (partito laburista): Amir infatti ha detto di volersi ritirare dal governo di unità nazionale con il Likud di Sharon, determinandone la caduta, per andare a elezioni anticipate a marzo. Ieri il ministro degli Esteri, Silvan Shalom – in visita a Tunisi per il vertice sull’informazione dove ha incontrato il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen – ha detto che Sharon oggi potrebbe accettare la richiesta del nuovo capo di Avoda per il voto anticipato: "Se Peretz vuole le elezioni avrà le elezioni", ha detto Shalom. "La nomina di Amir Peretz a capo dei laburisiti è una buona cosa – dice al Foglio Michael Oren, storico di fama internazionale con il libro "La guerra dei sei giorni", che in agosto si è arruolato tra i riservisti per monitorare il ritiro unilaterale di Israele dalla Striscia di Gaza – Finalmente c’è un cambio generazionale, il nostro paese sta andando oltre la generazione della Seconda guerra mondiale e la politica passa nelle mani dei più giovani. Poi Peretz mette sul tavolo le carte dei laburisti, cosa che Peres si è sempre rifiutato di fare. Amir è a favore del processo di pace di Oslo ed è un vero socialista, per questo il partito si sta muovendo verso le elezioni generali". La situazione politica in Israele è molto incerta, "ci sono troppe variabili in gioco", dice Oren, evitando di azzardare previsioni. "Tutti si stanno incontrando con tutti – continua lo storico – Nessuno può prevedere che cosa succederà lunedì", quando il Partito nazionalreligioso sottoporrà al Parlamento la questione della fiducia al governo, cui i laburisti sono intenzionati a votare contro mettendo così fine alla legislazione. Le elezioni anticipate sembrano quindi certe, anche se lo storico tende a non essere troppo categorico su questo punto. Il dato politico importante, però, secondo Oren, riguarda "l’emergere di un grande centro" nella politica israeliana che
si è nutrito di quattro prese di coscienza rilevanti: "Non c’è un partner vitale per la pace sul versante palestinese; Israele deve avere una barriera; dobbiamo cominciare a risolvere i disaccordi interni; dobbiamo chiarire il nostro rapporto con il giudaismo così come quello con la minoranza non
ebrea che vive in Israele". Questi aspetti rendono "solido" il centro, come dice Oren, che non si aspetta cambi drastici, "a meno che l’Anp non faccia uno sforzo concreto nel mettere fine al terrorismo, ma io non credo che questo sia possibile nel prossimo futuro: se così fosse – aggiunge – e se Israele fosse chiamato a fare altri sacrifici territoriali allora il centro ne uscirebbe destabilizzato". Ora la battaglia però è tutta interna al Likud. Benjamin "Bibi" Netanyahu ha sfidato la leadership di Sharon il mese scorso, ha inizialmente perso, ma ora si trova – grazie alla strategia di Peretz – a poter fare un nuovo affondo nelle primarie del partito. Secondo Oren, però, i piani di Bibi potrebbero essere scompaginati da un serrarsi di fila: "L’opposizione interna a Sharon si riunirà intorno a lui per contrastare la nuova minaccia dei laburisti". Il futuro del premier è quindi dentro al suo partito, il Likud: "Creare un nuova forza politica non è certo una cosa facile – dice Oren – Sharon dovrebbe mettersi a cercare fondi, e in questo ambito ha già avuto problemi in passato". Due giorni fa, il figlio del premier, Omri, è stato condannato per finanziamenti illeciti della campagna elettorale del padre nel 1999. Oren è fermo nell’escludere la possibilità di una spaccatura del Likud, e sorride quando sente parlare del "bing bang" – l’ipotesi che circola negli ambienti laburisti e che prevede un’alleanza tra Sharon battuto nelle primarie e Peres battuto da Peretz – "una possibilità, certo, ma non molto probabile". Lo storico dice anche che il cambio di leadership all’interno dei laburisti, nonostante sia stato accompagnato da grande entusiasmo, non sia garanzia di successo: "Non penso che Peretz vincerà le prossime elezioni – spiega – L’unico modo che ha di emergere è che il Likud si spacchi irrimediabilmente e che Peretz sia in grado di stringere patti forti con molti dell’ala sinistra del partito, come Yossi Beilin. In questo modo potrebbe avere sucesso, ma è anche questa un’ipotesi che non si può concretizzare: Sharon non è in una situazione disperata, la maggior parte degli israeliani è con lui e felice del suo
operato". Eppure ci sono voci e sondaggi che parlano del calo di popolarità del premier, dopo il picco raggiunto con il ritiro dalla Striscia, come se l’alone d’eroe si fosse un po’ dissolto. Oren abbassa la voce e dice, in un sussurro: "Proprio per niente". Secondo alcuni commentatori, la crisi di governo può avere effetti sul processo di pace. Oren ribadisce che soltanto un definitivo cambio di strategia da parte dei palestinesi nei confronti del terrorismo potrebbe realmente influenzare il processo, ma comunque "tradizionalmente durante il periodo di campagna elettorale la diplomazia si congela". Non a caso il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, è arrivata nel weekend – e si è fermata un giorno in più –
per mettere d’accordo il governo di Gerusalemme e l’Anp sulle frontiere. "Rice ha cercato di fare pressioni – spiega Oren – prima che cominciasse il periodo elettorale perché sa che, una volta che parte il processo delle elezioni anche il processo di pace viene un po’ sospeso".
L'UNITA' pubblica a pagina 12 un'intervista di Umberto de Giovannangeli a Yuli Tamir, deputata alla Knesset e stretta collaboratrice di Peretz.
Ecco il testo:Del gruppo dirigente del Labour è stata l'unica a schierarsi apertamente con Amir Peretz nelle primarie del partito. Del neo-presidente laburista, Yuli Tamir, 51 anni, deputata alla Knesset, è la più stretta collaboratrice, colei che spesso ne ha anticipato le mosse politiche. Cosa che fa anche in questa intervista esclusiva a L'Unità. «Per Amir -sottolinea- c'è una doppia pace da conquistare: quella con i palestinesi ma anche una pace sociale all'interno della società israeliana fondata sui principi di giustizia e di eguaglianza».
Lei è stata l'unica della dirigenza del Partito Laburista ad essersi schierata a fianco di Peretz nella sua corsa alla conquista del partito. Può aiutarci a disegnare un profilo del candidato laburista alla presidenza del consiglio?
«Amir Peretz non è assolutamente un personaggio nuovo nella politica israeliana. Anche se è più noto per essere stato a capo dell'Histadrut, è stato anche sindaco di Ofakim riuscendo a cambiare molte cose in questa cittadina ed è stato per anni deputato laburista svolgendo anche vari incarichi all'interno del partito. La sua recente entrata nel partito con il suo gruppo, è stata in realtà un ritorno alle sue origini politiche. Nella sua visione politica c'è sempre e in ogni caso l'uomo. Ogni cittadino deve contribuire al funzionamento dello Stato ma deve anche esserne sostenuto, e non abbandonato. L'ho appoggiato perché vedo in lui un "umanista", nel senso di chi vede l'uomo come fine e non come mezzo. Dove tutti i primi ministri vedono solo l'importanza della pace con i palestinesi, Amir vede allo stesso livello di importanza anche la pace sociale all'interno della società israeliana. Queste sono le sue due bandiere».
Peretz è portavoce di un ordine sociale decisamente diverso da quello proposto dallo stesso partito laburista negli ultimi anni e si discosta molto dall'approccio occidentale di libera economia che ha portato Israele a posizioni di rispetto in molti campi dell'economia mondiale. Un ritorno a posizioni social-democratiche classiche è compatibile con l'Israele di oggi?
«Non credo che Peretz si allontani dalle posizioni dei partiti social-democratici europei, parte dei quali guidano anche i loro stati. Molti paesi occidentali hanno ormai capito che ordine del giorno sociale e progresso economico del paese, non devono essere in contrasto fra loro. Quanto succede in questi giorni in Francia e ciò che è avvenuto negli Usa dopo gli uragani, dimostra due cose: primo, che se non ci si occupa di problemi sociali. In quanto a degrado sociale ed emarginazione, le nostre periferie non si discostano molto dalle banlieues francesi. Secondo, che il costo della soluzione a questi problemi a posteriori è probabilmente molto più alto che se si fossero trovate le giuste soluzioni per tempo. E in politica il fattore-tempo è decisivo».
L'opinione pubblica mondiale osserva Israele principalmente attraverso la lente del processo di pace. Quali posizioni dovremo aspettarci da Peretz?
«Peretz è notoriamente un sostenitore del processo di pace sin dal suo inizio con gli Accordi di Oslo-Washington. Amir intende proseguire sulla strada tracciata da Rabin, e lega strettamente il bene del Paese a tutti i livelli, al successo del processo di pace. La pace fra i due popoli porterà una crescita economica, e questa trascinerà con sé il benessere da ripartire più equamente fra la popolazione nel rispetto del principio della giustizia sociale. Un approccio in cui il processo di pace e la pace stessa non sono fini, ma indispensabili mezzi, strumenti che devono essere al servizio del popolo. Chi accusa Peretz di essere troppo "colomba" appartiene a quella categoria di politici israeliani che mente al proprio elettorato illudendolo che sia possibile arrivare alla pace con i palestinesi mantenendo gli insediamenti all'interno dei confini. Amir sa che questo non è vero, che si dovrà uscire da molti dei territori e ritiene giusto presentarsi fin d’ora nelle sue vere posizioni, che sono poi quelle che possono oggi avvicinarci alla soluzione del conflitto. Le elezioni sono abbastanza vicine, e sarà l'elettorato a decidere se è meglio continuare a illudersi su posizioni che tutti sanno essere non reali, oppure accelerare il processo per arrivare ad una soluzione concordata con i palestinesi».
Peretz ha lanciato un appello al «grande sconfitto» delle primarie, Peres, perché non faccia mancare il suo contributo al «Nuovo Labour». È solo una mossa tattica?
«Chi pensa questo o è in malafede o non conosce Amir. Il suo appello a Peres è sincero, ed è il riconoscimento di una esperienza politica e di governo che deve essere messa al servizio di un progetto di rinnovamento».
Sharon ha ribadito che per Israele la guerra al terrorismo resta una priorità assoluta.
«Per Peretz la guerra al terrorismo è una delle questioni cruciali, ma non l'unica. Perché esiste un'altra "guerra" che Sharon ha disertato e che Amir vuole vincere: è la guerra alla povertà. Perché Israele non sia costretto a dover far fronte non solo all'Intifada palestinese ma anche all'Intifada dei poveri, dell'Israele dei senza speranza. L'Israele a cui Peretz vuol dare una chance di riscatto sociale ed umano». u.d.g
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