LIBERO di mercoledì 17 novembre 2005 pubblica a pagina 13 l'articolo di Silvia Guidi "Israele invita Ratzinger", che riportiamo:ROMA Il presidente israeliano Moshe Katsav coglie l'occasione della sua visita in Vaticano per invitare personalmente Papa Ratzinger a Gerusalemme; la prova che il dialogo fra Santa Sede e Stato ebraico è in forte ripresa. In questi primi mesi del pontificato di Benedetto XVI i colloqui fra Chiesa di Roma e mondo ebraico sono andati avanti spediti, tanto che in tempi recenti il cardinale Walter Kasper, responsabile del dialogo ecumenico, ha dichiarato che le relazioni della Chiesa cattolica con gli ebrei sono quelle che hanno fatto maggiori passi in avanti: « Condividiamo il monoteismo, i dieci comandamenti, e la speranza. Perciò abbiamo un rapporto unico con l'ebraismo, che non abbiamo con nessun altra religione del mondo » . Sul piano diplomatico ci sono ancora dei problemi da risolvere. Fra i nodi da sciogliere c'è il tema dei diritti e delle libertà della Chiesa in Terra Santa, diritti che Roma giudica guardando a una storia plurisecolare che risale quindi a un'epoca in cui lo Stato d'Israele ancora non esisteva. Dal 1997 la Chiesa è riconosciuta come personalità giuridica in Israele, ma di recente le autorità israeliane hanno stabilito che debba pagare le tasse per le proprietà e gli immobili che possiede nel Paese. Una decisione che ha suscitato più di una critica da parte ecclesiastica in quanto contravviene a una lunga tradizione. Altre trattative sono aperte su alcuni luoghi sacri per la tradizione cristiana, fra questi il Cenacolo, dove si svolse l'ultima cena, attualmente sotto il controllo giuridico israeliano. Ma se su alcune questioni concrete la trattativa conosce fasi alterne, non c'è dubbio che le relazioni fra Santa Sede e Israele abbiano fatto importanti passi in avanti. Una dimostrazione di questa tendenza è il fatto che la tempesta diplomatica dell'estate scorsa è stata rapidamente riassorbita. La visita di Katsav in Vaticano ( un'udienza che si annuncia già blindata, con via della Conciliazione interdetta alle auto) archivierà del tutto le tensioni di fine luglio, quando il governo di Gerusalemme aveva protestato dopo che il Papa aveva fatto riferimento a diversi stati colpiti di recente dal terrorismo, non citando esplicitamente Israele. L'incidente era stato dichiarato superato in agosto, dopo l'invio di una lettera del premier Sharon alla segreteria di stato vaticana. Durante la colazione di lavoro tra il presidente del Consiglio e il presidente Katsav al villino Algardi di Villa Doria Pamphilij, Berlusconi ha auspicato in termini informali che lo Stato ebraico entri a fare parte dell'Unione europea. « Dopo tutto Israele è un Paese europeo a tutti gli effetti: dal punto di vista culturale e per la sua parziale appartenenza geografica » , ha detto Katsav, pur precisando che, al momento, « Israele non ha presentato la sua candidatura » . « Abbiamo sofferto per anni il dolore di subire il rapporto non equanime dell'Europa nei confronti del conflitto israelo- palestinese » ha aggiunto Katsav. Poi « l'azione forte di Paesi amici in Europa ha influito molto sulla politica estera Ue. L'Italia ha avuto un grande ruolo in questo » .
IL FOGLIO pubblica sulla prima pagina dell'inserto l'analisi "Che cosa chiede Katsav a Ratzinger"
Ecco il testo:Roma. Il presidente d’Israele, Moshe Katsav, conclude questa mattina la prima
visita di Stato di un presidente israeliano in Italia. Poi è atteso in Vaticano. Le aspettative sono alte, perché l’incontro potrebbe portare a un accordo fiscale ed economico che stabilisce lo status della Chiesa cattolica in Israele, come già avrebbe dovuto essere dal 1993, dopo il riconoscimento dello Stato d’Israele. Dopo che Giovanni Paolo II aprì le realazioni diplomatiche con Gerusalemme, l’accordo sembrava imminente – era prevista la firma in due anni – ma ancora non s’è trovata un’intesa. Alcune fonti nell’entourage del presidente israeliano confermano al Foglio che "Katsav ha studiato e imparato negli ultimi mesi le questioni fondamentali che renderanno l’incontro con il Santo padre una svolta". Dopo l’incontro con Benedetto XVI, il presidente sarà ricevuto dal cardinale Angelo Sodano, cui presenterà le "vie d’uscita". Katsav intende spiegare alla Santa sede che il governo di Gerusalemme e le istituzioni hanno fatto il massimo per garantire la firma dell’accordo e sono stati fatti molti gesti a garanzia di questa apertura. Nonostante ciò, Israele non può garantire alla Chiesa cattolica l’extraterritorialità. Il Vaticano ha chiesto che, una volta raggiunto, l’accordo non sia cambiato. La delegazione israeliana vuole invece dire a Papa Ratzinger che la Chiesa cattolica ha uno status di istituzione pubblica: a Gerusalemme, un privilegio nei confronti della Chiesa potrebbe generare pressioni da parte delle altre chiese in Israele. Il Vaticano vuole che il potere giudiziario d’Israele si occupi di qualsiasi controversia o disaccordo sui luoghi santi o sui doni immobiliari della Chiesa in Israele. Ma la legge che il paese ha ereditato dal mandato britannico prevede che ogni conflitto che riguarda interessi religiosi non sia discusso in tribunale. Katsav
vuole ribadire che il compromesso – una comissione di esperti (formata da avvocati e giudici, e voluta dalla Santa sede) valuta caso per caso e lo presenta al ministro competente – è accettata da Israele. Le fonti del Foglio hanno confermato che il disaccordo fiscale è vicino a una soluzione. Fino al 2002 la Chiesa ha beneficiato di un esonero fiscale delle tasse urbane. La Santa Sede l’ha chiesto di nuovo.
Su LA REPUBBLICA Vincenzo Nigro a pagina 23 intervista Moshe Katsav, che dichiara: "Teheran per noi resta una minaccia Italia grazie, ci hai dato coraggio".
Ecco il testo:ROMA - «Non siamo e non vogliamo essere nemici dell´Iran, ma per Israele i dirigenti di quel governo sono un pericolo: non c´è nessun altro paese membro dell´Onu che abbia dichiarato apertamente che un altro paese va cancellato dalla carta geografica. Per questo la mobilitazione morale dell´Italia, di tutti gli altri paesi, la risposta immediata dell´Onu ci hanno aiutato molto». Moshe Katsav, presidente di Israele, è in visita di Stato in Italia. Il suo ruolo non è operativo, ma è un uomo politico esperto, e tra l´altro è nato in Iran, nella stessa città dell´ex presidente Khatami. «Qui a Roma, in aprile, durante i funerali del Papa, gli ho stretto la mano, abbiamo parlato in farsi. Lui è un leader liberale, meno fanatico, meno ideologico di altri. Ma in Iran la linea la stabilisce la guida Khamenei, e il nuovo presidente Ahmadinejad segue questa linea fanatica. È inaccettabile che un paese membro dell´Onu dichiari di volerne distruggere un altro».
Presidente, qui a Roma le minacce contro Israele hanno mobilitato praticamente tutti i leader e i partiti, da destra a sinistra.
«Noi non siamo un nemico o un pericolo per l´Iran, non vogliamo attaccarlo. Per questo siamo rimasti traumatizzati dalla ripetizione di queste minacce da parte di Ahmadinejad. Le manifestazioni in Europa, la mobilitazione morale in Italia ci danno coraggio. Ma un regime di tipo totalitario che assomma in sé già l´elemento del ricorso al terrorismo sarebbe davvero un pericolo per tutta la regione se ottenesse il nucleare».
L´Europa ha sperato che i riformatori potessero continuare il loro percorso e rendere l´Iran complessivamente più democratico.
«Io non ho molta speranza in questo: il sistema può avere alcuni leader come Khatami o gruppi più liberali, ma resta un sistema ideologico e fanatico. Certo, l´Iran ha una grande popolazione, in buona parte evoluta ed educata, ma la realtà è quella che vediamo oggi: non ci sono mai stati tanti estremisti tutti insieme al potere. La Guida suprema, il presidente, il governo, la quasi totalità del Parlamento: è non è realistico sperare che la società civile fermi questa corsa verso l´arma nucleare. Dovrà essere il mondo a fermarli».
Anche con un attacco militare?
«Ci sono altri mezzi politici».
Proprio ieri è stato annunciato l´accordo sui valichi di Gaza. L´Europa controllerà Rafah.
«È una missione importante e delicata. Gaza può essere un pericolo per Israele, noi abbiamo individuato la presenza di Al Qaeda a Gaza. Abu Mazen è un uomo degno di fede che noi rispettiamo: con i palestinesi abbiamo un´occasione storica per costruire la pace, e siamo pronti a nuove concessioni dolorose. Ma Abu Mazen deve fare quello che la comunità internazionale gli chiede da mesi, combattere il terrorismo, disarmare le milizie armate. Non possono esserci tanti eserciti a Gaza, Abu Mazen deve imporre la sua leadership».
Lei si prepara a incontrare Papa Benedetto XVI. Nei mesi scorsi il vostro premier Sharon ha protestato dopo che Ratzinger aveva dimenticato di citare Israele tra i paesi colpiti dal terrorismo.
«Quella è storia passata, ci sono state delle lettere tra il nostro governo e il Vaticano, ma è un fatto lontano. Oggi io vedo un percorso continuo di avvicinamento del Vaticano, della comunità cristiana. Giovanni XXIII, poi Paolo VI con la sua visita a Gerusalemme, poi il grandissimo Giovanni Paolo II, il primo Papa a entrare nella sinagoga di Roma. La sua visione, la visione della Chiesa si rispecchiano in quella di Benedetto, che continua questo percorso. Un percorso che ci porterà a incontrare l´Islam, una religione che abusivamente viene utilizzata come schermo dai terroristi. Non sono un esperto, ma non c´è un solo passo nel Corano che giustifichi il terrorismo. Non c´è nulla che permette di usare le religioni per giustificare il terrorismo, e in questo le tre religioni saranno unite».
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