Il CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 16 novembre 2005 pubblica a pagina 14 un articolo di Francesco Battistini sull' accordo per l'apertura del valico di Rafah.
Ecco il testo:«Da tifosa di football americano, so che l'ultima yard è sempre la più dura». La centravanti di sfondamento Condoleezza Rice ha fatto l'alba, nella suite presidenziale del King David Hotel. Caffè, una fetta della torta di compleanno, pc acceso. La vista sulla Città vecchia e gli occhi sulla nuova Gaza. Il segretario americano ha accorciato le condoglianze in Giordania. Rinviato il viaggio in Corea. Allungato la visita in Israele. Tutto per quell'ultima, maledetta yard sul valico di Rafah che israeliani e palestinesi non si decidevano a fare. La yard che mancava, dopo la rimozione dei coloni, e che poteva far finire tutto in «una tragedia» (parole del mediatore Wolfensohn).
Una notte a contrattare, correggere, riscrivere. L'accordo, eccolo qui alle 11 del mattino, sta su tre pagine stampa laser: «Un grande passo», gongola Condi. Per due ragioni: è la prima volta che gli israeliani condividono con qualcuno il controllo dei confini; «ed è la prima volta — spiega il rappresentante europeo, Javier Solana — che quei confini sono affidati ai palestinesi».
La nuova Gaza, un milione 300mila ancora ammassati, apre il 25 novembre. Da quella data Rafah, sulla via per l'Egitto, deve diventare un vero posto di frontiera che dia «ai palestinesi — dice l'inviata di Bush — la libertà di muoversi, commerciare, condurre una vita normale». L'inizio della normalità saranno i camion: ne uscivano sì e no 35 al giorno, merce che spesso restava a deperire sotto il sole; ora ne passeranno 150, poi sempre di più, fino alla quota di 400 entro fine 2006. Da metà dicembre, toccherà ai pullman. Poi, via libera ai lavori del nuovo porto e del vecchio aeroporto, finanziato dall'Europa e distrutto nell'intifada. «Abbiamo aperto Gaza al mondo», commenta Javier Solana: «Naturalmente, siamo al corrente dei rischi. Su quella linea corre la famosa Philadelphi Road, la strada del contrabbando. Ma confidiamo nella capacità di controllo che palestinesi, israeliani ed europei, insieme, sapranno esercitare».
I controlli, appunto. Fino all'ultimo, Israele li voleva sulle telecamere a circuito chiuso, assieme al diritto d'impedire l'uscita di sospetti terroristi. I palestinesi si sono impuntati: questo è contro il nostro diritto di sovranità e, se c'è il pericolo d'un kamikaze, saremo noi a bloccarlo. S'è trovato il compromesso: i doganieri palestinesi saranno subordinati al controllo di quelli israeliani, ma i videotape e le eventuali controversie finiranno nelle mani d'una squadra d'ispettori europei.
La missione d'osservatori Ue è già pronta: sarà fatta soprattutto da carabinieri italiani e comandata dal generale Pietro Pistolese, uomo conosciuto nei palazzi di Bruxelles, militare d'esperienza che ha già fatto un lavoro simile a Hebron e che l'Ue incaricò anche in Albania. Ne è fiero, il ministro degli Esteri Gianfranco Fini: «L'accordo è una svolta importante nel processo di pace.
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