Un titolo che trae in inganno i lettori
ed è ambiguo anche l'articolo
Testata: Corriere della Sera
Data: 13/11/2005
Pagina: 6
Autore: Mario Porqueddu
Titolo: I complottisti di Amman: Ci ha colpiti Israele
Che la Giordania, i cui cittadini sono in maggioranza palestinesi, sia un paese dove l'informazione procede sovente a senso unico, non è una novità. Ma che il CORRIERE della SERA prenda per buone e riporti con un certa credibilità della bufale come la presunta respondabilità di USA e Israele negli attentati di Amman è paradossale. Eppure basta leggere l'articolo di Mario Porqueddu per rendersi conto dell'ambiguità che lo percorre. Se aggiungiamo il titolo che dà per certa una non-notizia, il lettore è presto ingannato:
Riportiamo il pezzo di Porqueddu:

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
AMMAN — Tre comunicati attribuiti ad Al Qaeda rivendicano i 57 morti di Amman. Il vicepremier giordano, Marwan Muasher, assicura: «Gli investigatori hanno concluso che dietro gli attacchi c'è Al Qaeda, e più precisamente il gruppo di Al Zarqawi».
Ma non basta. Parte della popolazione giordana non rinuncia all'idea che dietro le esplosioni di mercoledì ci sia la mano di chi è percepito come il fondamentale avversario, la storica e reale minaccia per questa zona del mondo: Israele e Stati Uniti.
Il re, Abdallah II, dice alla
Cnn che gli attentati sono «contro il popolo giordano, non contro la politica di alleanza con gli Usa», li riconduce al «conflitto ideologico in corso tra musulmani estremisti, che hanno una visione deviata dell'Islam, e musulmani moderati». Cioè lui e la Giordania. Ma il suo Paese si mostra diviso.
I segnali sono diversi e parlano di una spaccatura profonda, che coinvolge l'opinione pubblica e chi la orienta. Jamil al Nimri, editorialista del quotidiano Al Arab al Ywam
e membro del consiglio superiore della stampa giordana, cita due episodi. Uno riguarda un politico del Partito d'azione islamica, che è all'opposizione, fa capo ai Fratelli musulmani e ha 17 parlamentari.
«Parlava alla Bbc — racconta al Nimri — e diceva che non bisognava aver fretta nell'incolpare Al Qaeda. Suggeriva, in modo vago, che i responsabili potevano essere gli sciiti. Insomma, non voleva fosse messa sotto accusa l'ideologia islamista, sia pure estrema». Ancora in tv, ma su quella giordana, durante un dibattito al Nimri dialogava con il presidente nazionale degli avvocati, Saleh al Armoudi: «Lui — dice il giornalista — chiedeva: "A chi serve un attentato del genere? Chi può esserci dietro?". L'ho pregato di essere chiaro, dicendo che ci sono organizzazioni note che teorizzano queste azioni, e ci sono dei precedenti. Il nostro compito è individuare le radici politiche, culturali, di questo fenomeno. Altrimenti si cade nella cultura del sospetto». Eppure, liquidare tutto alla voce «teoria della cospirazione » forse sarebbe sbagliato, perché la tragedia di Amman ha evidenziato una caratteristica della società giordana che esisteva già, ed è comune a tanti Paesi, non solo arabi. «Certo — ammette al Nimri — la nostra politica ufficiale è filoccidentale e molto realistica per quanto riguarda le alleanze, ma l'operato degli Usa è messo sotto accusa da un'opinione pubblica che in parte è antiamericana e contro Israele».
In questo quadro arrivano gli attentati di mercoledì, e provocano reazioni di segno diverso. Lo sdegno per la carneficina è unanime, ma solo quello. «Fino a pochi giorni fa i clienti che caricavo sul taxi parlavano con orgoglio di lui, per tutti era l'uomo che lottava contro gli Usa». Lui è Abu Musab Al Zarkawi e chi parla non è un taxista qualunque: il suo cognome è al-Khalayleh, è parente di Ahmed Fadil al-Khaleyleh, il giordano diventato famoso con il nome di battaglia di Al Zarqawi. Il tassista aggiunge: «Dopo la strage le persone hanno cambiato idea su di lui». E' vero, in molti l'hanno maledetto e sembrava che i morti di Amman, quasi tutti arabi o musulmani, dovessero provocare una perdita di consenso dei kamikaze in Giordania. Ma c'è chi condannando gli attentati non chiama in causa Al Qaeda.
Esistono posizioni diverse. «Chi dice che sono stati loro? Potrebbe essere stato Israele» dichiara Ahmed al-Zawahrah, cittadino di Zarqa, al New York Times. Eun suo compaesano spiega davanti a un caffè al cardamomo: «Ciò che è accaduto non è giustificabile. Ma è sacra e legale l'opposizione all'occupazione in Iraq». Poi aggiunge: «E' stato Al Zarkawi? Chissà se non è una notizia creata dalla propaganda Usa...». Sono dubbi che non appartengono solo all'uomo della strada, ma anche a persone come Hmoud Awwad al Qassem, laureato a Venezia, attivista politico di sinistra.
Venerdì ha guidato un centinaio di persone in corteo per le strade di Amman con la parola d'ordine dell'unità nazionale. Ora dice: «Non ho certezze, ma penso che dietro un' operazione complessa come gli attacchi simultanei agli hotel possa esserci anche uno Stato. E poi, ormai, come si fa a credere a tutto quello che viene attribuito ad Al Qaeda? Perché avrebbe colpito obiettivi che non sono americani né dello Stato giordano? Il problema di fondo è che c'è un'occupazione americana in quest'area».
La Giordania, intanto, si organizza. «Saranno discusse nuove norme antiterrorismo», annuncia il vicepremier Muasher. «Il nostro slogan sarà legge, apertura e sicurezza», dichiara re Abdallah. E assicura: «Il terrorismo non ci trasformerà in uno stato di polizia».
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