Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a inviare, prendendo a modello la seguente traccia , lettere al CORRIERE DELLA SERA:
Spettabile redazione,
Antonio Ferrari, nell'articolo "L'islam moderato primo obiettivo", pubblicato in prima pagina e a pagina 2 dal CORRIERE DELLA SERA di venerdì 11 novembre 2005 , afferma che la Giordania confina con la Palestina.
Di fatto, la Giordania confina invece solo con Israele, dato che uno Stato palestinese al momento non esiste. Inoltre buona parte dei confini tra i due stati si estendono tra territori che sono giordani e israeliani fin dal 1948.
Quella di Ferrari è ignoranza o voluta disinformazione?
Di seguito, pubblichiamo l'articolo di Ferrari:Tutto si può dire, salvo che i gravi attentati di Amman non fossero prevedibili. Anzi, erano stati annunciati, con solenne promessa di esecuzione, dal gruppo più temibile del fanatismo islamico, che fa capo ad uno dei luogotenenti di Osama Bin Laden, il terrorista di origine giordana Abu Musab Al Zarkawi. Se il primo ha sempre avuto come principale obiettivo il rovesciamento della monarchia saudita, il secondo ha giurato di distruggere quella hashemita, guidata dal giovane re Abdallah.
Tutto si può dire, salvo che i gravi attentati di Amman non fossero prevedibili. Anzi, erano stati annunciati, con solenne promessa di esecuzione, dal gruppo più temibile del fanatismo islamico, che fa capo ad uno dei luogotenenti di Osama Bin Laden, il terrorista di origine giordana Abu Musab Al Zarkawi. Se il primo ha sempre avuto come principale obiettivo il rovesciamento della monarchia saudita, il secondo ha giurato di distruggere quella hashemita, guidata dal giovane re Abdallah.
Tutto si può dire, salvo che i gravi attentati di Amman non fossero prevedibili. Anzi, erano stati annunciati, con solenne promessa di esecuzione, dal gruppo più temibile del fanatismo islamico, che fa capo ad uno dei luogotenenti di Osama Bin Laden, il terrorista di origine giordana Abu Musab Al Zarkawi. Se il primo ha sempre avuto come principale obiettivo il rovesciamento della monarchia saudita, il secondo ha giurato di distruggere quella hashemita, guidata dal giovane re Abdallah.
Tutto si può dire, salvo che i gravi attentati di Amman non fossero prevedibili. Anzi, erano stati annunciati, con solenne promessa di esecuzione, dal gruppo più temibile del fanatismo islamico, che fa capo ad uno dei luogotenenti di Osama Bin Laden, il terrorista di origine giordana Abu Musab Al Zarkawi. Se il primo ha sempre avuto come principale obiettivo il rovesciamento della monarchia saudita, il secondo ha giurato di distruggere quella hashemita, guidata dal giovane re Abdallah.
Negli ultimi cinque anni, le cellule di Al Qaeda hanno cercato di colpire la Giordania un nugolo di volte. Di piani terroristici, sventati da provvidenziali informazioni giunte ai servizi di sicurezza del regno, se ne conoscono ufficialmente tre. Un quarto piano, assai più modesto, realizzato l'estate scorsa con il lancio di razzi nel porto di Aqaba, ha provocato la morte di una guardia di frontiera giordana, anche se l'obiettivo era una nave da guerra americana.
Proprio l'alleanza del sovrano con gli Usa e la sua determinazione a isolare gli estremisti sono all'origine dei tre tentativi precedenti e di tutti i progetti eversivi, neutralizzati in silenzio. Nella notte di Capodanno tra il 1999 e il 2000, i terroristi avevano progettato di far saltare l'hotel Radisson, lo stesso che è stato colpito mercoledì sera, e alcuni siti religiosi, scelti perché simboli del cristianesimo. Al Radisson, che si trova su una collinetta appena fuori dal centro di Amman, e che per la sua posizione strategica viene ritenuto il più difendibile, scendono spesso le delegazioni ufficiali. L'albergo ospitò anche il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita di Stato in Giordania.
Nell'estate del 2000, i terroristi ci riprovarono. Un barchino di Al Qaeda, con equipaggio-kamikaze, doveva lanciarsi contro lo yacht reale, in crociera nel Mediterraneo. A bordo, re Abdallah, i primi due figli e la moglie Rania, che era incinta del terzo. L'informazione, giunta dai servizi segreti, non escludeva la presenza di un traditore a bordo dello yacht.
Per questa ragione, al re fu suggerito di comportarsi normalmente, senza destare sospetti. Si organizzò una sosta in un'isola greca, dove un aereo attendeva la famiglia reale per riportarla in patria. Ma è nel 2004 che fu disinnescata la mina più pericolosa. Furono intercettati alcuni camion, carichi di esplosivo e di sostanze chimiche, guidati da autisti-kamikaze, che si dovevano lanciare contro la sede delle forze di sicurezza e contro alcuni obiettivi sensibili nel centro di Amman. Gli esperti americani dissero al sovrano che se gli attentati fossero riusciti, vi sarebbero stati non meno di 80.000 morti.
Re Abdallah non è uno sprovveduto ed è sempre stato convinto che i suoi nemici ci avrebbero riprovato. Più di una volta ha detto: «Sono sicuro che il primo obiettivo di Al Qaeda non sia l'Occidente ma i musulmani moderati». Spiegando, senza tante perifrasi, che i primi nemici dei fanatici erano proprio la Giordania e l'Egitto Gli attentati dell'altro ieri, dopo quelli di Sharm el Sheikh, ne sono la conferma.
Il regno subisce un colpo durissimo in un momento estremamente delicato per le crescenti tensioni ai suoi confini (Iraq, Siria, Palestina) e insieme incoraggiante per la sua economia. Dopo la caduta di Saddam Hussein e le incertezze del dopoguerra, sono confluite nelle banche del regno notevoli ricchezze; e il turismo (arabo e internazionale) ha registrato confortanti segnali di crescita.
Colpire tre alberghi, due dei quali sono fra i più conosciuti e frequentati, è un segnale brutale, le cui conseguenze sono facilmente prevedibili. Ma la Giordania non si piega.
La strada della moderazione e delle riforme, decisa dal re, non prevede retromarce. Il sovrano, rientrato all'alba da una visita ufficiale nel Kazakhstan, ha detto: «Prenderemo i responsabili». Un impegno convinto, com'è nel suo carattere.
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