Osservatori europei a Rafah
storica decisione di Israele
Testata:
Data: 03/11/2005
Pagina: 1
Autore: Davide Frattini
Titolo: Israele dà all'Europa le chiavi di Gaza
Il CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 3 novembre 2005 pubblica un articolo di Davide Frattini sull'accordo tra Israele e Unione Europea per il controllo del valico di Rafah.

Ecco il testo

GERUSALEMME — «Voi europei siete belli, voi italiani ancora di più. Noi non abbiamo bisogno di belle statuine, ma di qualcuno che garantisca gli accordi di Sharm el- Sheikh e fermi i kamikaze». La battuta fatta al ministro degli Esteri Gianfranco Fini in visita a Gerusalemme è nello stile di Ariel Sharon, le parole storiche. Israele per la prima volta si affida all'Unione Europea in una faccenda strategica che considera vitale: la sicurezza. Il premier vuole che gli osservatori invitati a controllare il valico di Rafah tra l'Egitto e Gaza abbiano «poteri reali». È da quest'area, sostiene l'intelligence israeliana, che le armi arrivano agli estremisti, è da qui che nei giorni caotici dopo il ritiro terroristi di Al Qaeda si sarebbero infiltrati nella Striscia.
«Neppure gli americani hanno basi militari in Israele — commenta David Hazony, direttore della rivista Azure,
pubblicata dallo Shalem Centre —. È la dottrina dello Stato ebraico fin dalla sua fondazione: nessuna forza internazionale deve interferire sulle questioni legate ai confini o alla sicurezza. La decisione del governo ha una portata simbolica molto importante». Azure,
vicina alla destra, aveva dedicato un numero speciale alle relazioni con il Vecchio Continente, quando erano ai livelli piu bassi, quando intellettuali come Yossi Klein Halevi suggerivano «un divorzio, per puntare verso Oriente». «L'evacuazione degli insediamenti ha cambiato lo status di Israele nel mondo e Gerusalemme si rende conto che gli europei hanno sostenuto questo miglioramento. Il presidente francese Jacques Chirac ha invitato Sharon a Parigi in luglio, per la prima volta dopo quattro anni. Adesso stiamo offrendo qualcosa in cambio: l'Unione può riacquistare peso in Medio Oriente».
Le iniziative segrete di alcuni Paesi, qualche mese prima del ritiro, avevano irritato il governo Sharon. Spagnoli, britannici e francesi avevano aperto un canale con i leader di Hamas per valutare se il movimento fondamentalista si stesse davvero preparando a una svolta politica. Sul tavolo ci sarebbe stata l'offerta di cancellare il gruppo dalla lista delle organizzazioni terroristiche. «L'Unione ha capito che gli estremisti rappresentano il vero ostacolo. L'Italia su questo punto ci ha sempre appoggiato» commenta Mark Regev, portavoce del ministero degli Esteri. Poco più di un anno fa, un rapporto interno del ministero aveva delineato in 25 pagine «la rotta di collisione tra Israele e l'Europa». «L'Unione sta crescendo in peso e influenza, Gerusalemme deve capire che in futuro non potrà più contare solo sulla relazione speciale con gli Stati Uniti. Sono necessarie contromosse». Dopo che il documento era finito sui giornali, Dov Weissglass, uno dei principali consiglieri di Sharon, aveva suggerito in un colloquio con
Haaretz che il ritiro da Gaza dovesse servire anche «a moderare le posizioni europee nei nostri confronti». Nel dicembre 2004, è arrivata la firma di un Piano d'azione comune, che fa parte della Politica europea di vicinato. Tra i punti, un accordo per combattere le nuove forme di antisemitismo.
Israele, spiegano gli analisti, comincia a riconoscere che le
intelligence europee svolgono un ruolo che potrebbe aiutare a indebolire gli estremisti. A Gaza i britannici hanno un canale privilegiato con il ministro palestinese Mohammed Dahlan. Londra, scommettendo per il futuro sull'uomo forte della Striscia, lo ha invitato a seguire corsi di aggiornamento «professionale» in strategie antiterrore.
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