La leggenda antisemita ( e antiitaliana) del
diffusa dalla propaganda iraniana
Testata:
Data: 03/11/2005
Pagina: 2
Autore: Francesco Battistini
Titolo: "Edoardo Agnelli martire sciita" La leggenda in un video e sul web
Riportiamo un articolo sulla leggenda antisemita, diffusava dalla propaganda iraniana, circa la conversione all'islam di Edoardo Agnelli e il successivo "martirio" dovuto alle trame del "ramo sionista degli Elkann".
Un buon esempio della velenosa mistura ideologica che il regime di Teheran propina al suo popolo e diffonde nel mondo.

Dal CORRIERE DELLA SERA di giovedì 3 novembre 2005:

«Riaprite l'inchiesta su Edoardo Agnelli». A Teheran, se faranno il sit-in di protesta davanti all'ambasciata italiana, gli studenti dell'università Imam Sadegh promettono d'alzare le foto d'un giovane magro, dinoccolato, il bastone in pugno, che negli anni Novanta veniva spesso a trovarli. Poco più in là, nel Museo dei martiri dell'Islam, sezione dedicata alle reliquie degli shahid stranieri e di chiunque nel mondo abbia fatto qualcosa per la Causa, sono anni che un ritratto-altarino dedicato all'erede Fiat e un custode chiacchierone raccontano ai visitatori la più famosa delle leggende metropolitane sul «sionismo italiano»: la storia di Edoardo convertito all'Islam «che non si suicidò, ma fu ucciso perché l'impero Agnelli non finisse nelle mani d'un musulmano».
La diceria è salita al rango di notizia martedì, quando a rilanciarla è stata un'agenzia di stampa vicina al presidente Mahmoud Ahmadinejad, la Fars. A propagandarla in Italia ha provveduto il sito www.edoardo.ws, corredato di foto e di documenti attribuiti al defunto, del tutto privo di testimonianze dirette.
E' una vicenda che muove da un fatto, l'unico risaputo: la tormentata religiosità del figlio dell'Avvocato. Che (raccontano fonti iraniane) un giorno si presentò all'ambasciata degli ayatollah a Roma e, riconosciuto, ottenne d'incontrare Khomeini nella città santa di Qom. Che qualche anno più tardi tornò a Teheran per un venerdì di preghiera con Khamenei. Che infine avrebbe lasciato molti scritti infervorati: «Possa Allah guidarvi, proteggervi, essere sempre con noi... Non ci sarà una nuova religione dopo l'Islam».
Fin qui l'Agnelli che cercava un Dio, ovunque fosse. Ma dove comincia il «martirio»? Quando Edoardo precipita dal viadotto di Fossano, 15 novembre 2000, in Iran gl'integralisti si decidono: bisogna costruire il mito. L'anno successivo, una troupe tv viene in Italia per un'inchiesta. Immagini dal luogo della morte, riprese ai cancelli Fiat, memorie di studenti islamici in Italia e d'un hojatoleslam che aveva certificato la conversione: tutto per sostenere come l'Agnelli islamizzato fosse stato «emarginato dal ramo sionista degli Elkann». Una guerra per l'eredità, è la tesi, che nascondeva una guerra di religione.
Il documentario oggi è un cult movie della tv iraniana, spesso replicato in prima serata e venduto in dvd. Nessuna prova. Ed è ormai un'aureola anche per chi lo girò: l'antivigilia di Natale del 2001 — eravamo in piena emergenza 11 settembre —, i quattro della troupe furono fermati a Roma mentre facevano riprese nei pressi del Vaticano. Interrogati per capire chi fossero. Trattenuti 24 ore. Consegnati all'ambasciata iraniana. Rimpatriati senza troppe spiegazioni. Niente di meglio, per accusare l'Italia di voler censurare la verità. E gridare in piazza, ora che serve: visto che non è una leggenda?
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