Il CORRIERE DELLA SERA del 22 ottobre 2005 pubblica un'intervista al presidente iracheno Jalal Talabani sul processo a Saddam Hussein.
Ecco il testo:QALACHWALAN (Kurdistan iracheno) — Come membro dell' Internazionale Socialista, Jalal Talabani ha sottoscritto l'appello mondiale contro la pena di morte. Come presidente dell'Iraq, però, dovrà affrontare il dilemma se firmare o meno la sentenza d'impiccagione per Saddam Hussein.
Presidente Talabani, cosa farà?
«Io non firmo. Né la sua condanna, né quella di chiunque altro».
Vuol dire che, con lei presidente, Saddam ha salva la vita?
«Ho detto che non firmo, non che mi oppongo alla sentenza».
Scusi?
«Prenderò un giorno di vacanza. Al mio posto potranno firmare i due vicepresidenti. Se lo vorranno. Ci siamo già comportati in questo modo in più di 12 condanne capitali».
Talabani è rilassato. Incontra il
Corriere nella sua cittadella militare tra le montagne del Kurdistan. Qui ha combattuto per decenni l'esercito di Saddam. I suoi soldati curdi che a Bagdad lo difendono con il coltello tra i denti, a Qalachwalan sono quasi superflui. Il faccione di Talabani è appeso in tutti gli uffici. La regione l'ha sempre votato con una compattezza granitica. Qui può invitare gli amici a cena senza dovergli offrire anche un carro armato di scorta.
Non si vuole sporcare le mani con la firma. Un po' ipocrita, no? Il presidente del nuovo Iraq si lascia andare a un sorriso disarmante.
«Scherza o cosa? Sa di chi stiamo parlando? Di Saddam Hussein. Criminale di guerra, dittatore spietato paragonabile solo ad Hitler. In confronto il vostro Mussolini era un'educanda».
Lei è avvocato. Come può accettare un processo nel quale i principali capi d'accusa sono già scritti nel preambolo della Costituzione? La condanna di Saddam è nel Dna del nuovo Iraq.
«Saddam non è uno qualsiasi. Abbiamo tonnellate di documenti contro di lui. Non è un innocente. Quando ottomila curdi della famiglia Barzani sono stati massacrati, Saddam è andato in tv a dire che li aveva "mandati all'inferno". L'ha detto lui. Confessione pubblica e spontanea».
Allora perché perdere tempo?
«Anche in flagranza di reato si fa un processo. Persino lui ne ha diritto. Ho chiesto a Saddam dei cinquemila curdi gassati ad Halabja. "Mi dispiace", ha risposto. Altre volte invece blatera di difesa nazionale, interessi patriottici. Che dica quello che vuole. Sarà il tribunale a decidere».
La condanna, appunto.
«A guidare il procedimento c'è un giudice molto indipendente. Un curdo di queste parti, mai iscritto ad alcun partito. Quando qualcuno provava a chiedergli un favore… Via, si girava dall'altra parte. L'uomo migliore per garantire giustizia. Ma è un fatto che Saddam sia odiato dagli iracheni. Persino i sunniti, se fossero liberi dalla paura, lo vorrebbero morto».
Crede? E la guerriglia?
«Contesto. Che cos'è la "guerriglia", o come la chiama qualche estremista di sinistra europeo, la "resistenza"? Io sono stato guerrigliero.
Io ho combattuto sulle montagne l'esercito del dittatore. Ma né io, né i vostri partigiani, abbiamo mai massacrato centinaia di migliaia di civili. Questi che uccidono oggi in Iraq, sono terroristi. Certo, ben assistiti dall'estero, ma criminali».
Qualcuno li «assiste». Chi?
«I gruppi fondamentalisti. Ma anche Paesi vicini».
Arabi?
«Non l'ho detto».
E l'Iran? E' vero che controlla il Sud sciita?
«Di sicuro i servizi segreti iraniani hanno migliaia di agenti in Iraq. Ma che controllino il Sud non ci credo. I nostri sciiti sono diversi da quelli iraniani. Primo sono arabi e non persiani. Agli iracheni non piace che una loro donna sposi un persiano ancorché sciita. Secondo, l'ideologia sciita è impregnata di arabismo: credono che il governo debba andare ai discendenti della famiglia del Profeta. Arabi appunto, non persiani. Terzo, Al Sistani, il Gran Ayatollah di Najaf, è contrario al "governo dei religiosi" tipico della Rivoluzione khomeinista. Quindi che cosa può sperare di controllare l'Iran?».
Lei è un uomo di sinistra, eppure lo spagnolo Zapatero l'ha abbandonata. E Prodi promette di farlo.
«Il problema della sinistra europea è che è malata di anti-americanismo. Conosco D'Alema come persona ragionevole. Ma se Prodi volesse lasciarci, non importa, grazie ugualmente».
I soldati italiani sono a Nassiriya per difendere gli interessi petroliferi dell'Eni?
«Ridicolo. Siete venuti per aiutarci contro un terribile dittatore. E lo state facendo egregiamente. Invece di ditte petrolifere ne vedo di russe, americane, turche, cinesi. Di italiane neanche l'ombra».
Per fare il presidente iracheno, sta dimenticando l'indipendenza curda?
«Molti giovani irresponsabili la chiedono. Va bene. Facciamola. Domani i nostri vicini non hanno neppure bisogno di invaderci. Ci chiudono le frontiere e noi moriamo di fame. Anche se avessimo petrolio da vendere non potremmo esportarlo. L'indipendenza resta un sogno. L'autonomia e la democrazia no. Non sono mai state così reali».
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