Ritorniamo sul film "Private" del figlio di Maurizio Costanzo. Preferiamo chiamarlo così, "figlio di MC" invece che con il suo primo nome, perchè è grazie al potere mediatico del padre che quasi nessun giornale in Italia ha gridato allo scandalo per la sua destinazione a rapprensentare l'Italia agli Oscar. Babbo Costanzo ha una rubrica su quasi tutti i giornali italiani, chi oserebbe mai criticargli il pargolo ?
Oggi IL RIFORMISTA pubblica un ottimo articolo di Dimitri Buffa che riprendiamo, osseravando quando sia importante che un foglio si sinistra come il RIFORMISTA abbia il coraggio di criticare un film di propaganda anti-israeliana e,soprattutto, un prodotto di nessun livello artistico e di totale fiasco di pubblico.Sui giornali, chiamiamoli così, di centro-destra silenzio assoluto. Ma quanto è estesa la lunga mano del babbo!
Ecco l'articolo:Il rabbino capo di Roma Riccardo Disegni e il presidente della comunità
ebraica di Roma Leone Paserman confessano candidamente «non esserlo andati a vedere e di non sentirne il bisogno adesso». Altri giovani e meno giovani delle comunità ebraiche di Roma, Livorno,Milano e Bologna il film Private del figlio di Maurizio Costanzo» (Saverio) invece sono andati a vederlo quando è passato nelle rassegne cinematografiche estive, dato che produttori entusiasti di distribuirlo Italia non ce ne sono stati moltissimi. Tutti sono concordi sullo scarso valore artistico di una pellicola che tecnicamente parlando «ricopia
spudoratamente il metodo di girare di Blair witch project e «provocamal di mare e l’effetto claustrofobia alla stessaidentica maniera».
Raffaella Spizzichino, una giornalista della comunità ebraica romana, nota per essere tra organizzatrici del Film festival Mediterraneo e per «Panafricana»
confida, sarcasticamente, nella lobby ebraica del cinema americano
e di Hollywood, «perché il film non venga premiato, anche se io
non avendolo visto non azzardo i giudizi tecnici che lascio a tanti altri». In America, dicono tutti, certo non sarà accolto bene, «lì la favoletta della povera famiglia palestinese oppressa persino dentro casa dall’occupante
militare israeliano duro senza cuore non se la bevono più da un pezzo».
In Italia invece la polemica è passata abbastanza sotto traccia. Gira su internet una recensione condivisa da gran parte della comunità ebraica di Bologna, scritta da Bruno Di Mauro che segnala alcune incongruenze della trama: «Quando la figlia del protagonista si chiude in un armadio per spiare i soldati, apre e chiude continuamente le ante, anche mentre i soldati guardano
nella sua direzione a mezzo metro di distanza, ma non si accorgono di nulla; le
cerniere non scricchiolano (eppure il mobile è vecchio!), e soprattutto la ragazza dovrebbe avere le mani di Spider Man, perché manovra le ante dall’interno, allargando e restringendo con estrema precisione la feritoia, ma non mi risulta che gli armadi abbiano maniglie interne per poter compiere
l’operazione! Sarà un modello speciale, magari progettato per l’antisemitismo
mogli infedeli con mariti gelosi…» Questo per ribadire la scarsa professionalità del tutto, condita con un politically correct tutto italiano (e
una certa sinistra da girotondo) nel suo essere anti israeliano. «Oramai in Italia l’anti semitismo è una merce che tira, persino a sinistra dove si traveste da anti sionismo », commenta Uri Baranes, che dice di «non avere avuto la rabbia necessaria per andarselo a vedere al Nuovo Sacher quando fu presentato quest’estate da Moretti, so solo, perché l’ho letto nella recensione
di Porro sul Corriere della Sera, che ha raffigurato i soldati di Tsahal come se fossero la Gestapo Hitler, tanto mi basta». Provocando un dibattito post
spettacolo che poi degenerò con urla da parte degli astanti quando l’ex consigliere della Rai Mauro Misul, esponente di rilievo della comunità ebraica livornese, montò su tutte le furie gridando «vergogna, sciacquatevi la bocca quando parlate di Israele» all’indirizzo di Saverio Costanzo e Nanni Moretti
all’ennesima domanda in chiave anti israeliana con cui il pubblico dell’arena all’aperto sollecitava l’inevitabile dibattito post pellicola.Dibattito inevitabilmente orientato a senso unico anti israeliano. Anche Victor Majar, esponente spicco della sinistra interna alla comunità ebraica italiana, pensa
che «nominare da parte italiana un film del genere per l’Oscar» è operazione
«politicamente ardita». Lui Majar il film l’ha visto ed è uno dei pochi, insieme a Di Mauro e a Misul, che può parlarne non per sentito dire.
«A me non è piaciuto per diversi motivi spiega Majar - perché soldati israeliani li fanno parlare in ebraico, e danno la sensazione di essere soldati nazisti invece che ebrei, mentre il linguaggio dei palestinesi viene tradotto in italiano e quindi c’è il trucchetto semantico di fare sembrare estraneo
quindi ostile il parlato degli israeliani.., e poi perché gli unici personaggi israeliani che nel film sembrano avere umanità sonoquelli strani, mentre gli altri vengono dipinti in una luce di spietatezza prossima alla perfezione...
quella sarebbe la normalità israeliana? Infine non si capisce il messaggio
messaggio del film, quale sarebbe il pericolo per la famiglia palestinese?
Io so che la storia da cui è tratto il film è una vicenda veramente accaduta, ma in quella maniera non si spiega né la realtà né si rappresenta la fiction. Semplicemente non si capisce nulla se non che gli israeliani sono cattivi e oppressori. E anche la fine è molto ambigua con quella trappola esplosiva
nella serra che non si sa se farà veramente saltare in aria i soldati,
essendo preparata per l’ appunto dal figlio del padrone di casa. Che
cosa vuol dire quella scena? Giustifichiamo il terrorismo? Il linguaggio del
film è zoppicante, gli israeliani sono decontestualizzati, non si capisce
perché entrino nella casa, sembra una trama di fantascienza». Molti in realtà credono che la candidatura all’Oscar per Private venga più dai santi in paradiso e dalle paterne raccomandazioni del figlio di Costanzo che dall’entusiasmo per il messaggio contro Israele. «Francamente non lo so - dice ancora Majar - il messaggio del film e il linguaggio narrativo non portano a nulla e artisticamente parlando non riesco a capire come si possa inserire Private nella tradizione del grande cinema italiano».
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