Il film Private di Saverio Costanzo è stato scelto per concorrere all'Oscar come migliore film straniero in rappresentanza della cinematografia italiana.
Il 20 gennaio 2005 Informazione Corretta riportva, sotto il titolo "Tecniche di propaganda", l'articolo di Anna Momigliano "Se l'ebraico non è doppiato", pubblicato dal RIFORMISTA.
Lo ripubblichiamo:Una lingua non è altro che un dialetto con un esercito alle proprie spalle, sosteneva il glottologo Noam Chomsky, fondatore della linguistica moderna, sottolineando come dietro a questioni linguistiche spesso si trovino in realtà questioni politiche. E guardano Private, il film di Saverio Costanzo, figlio del più celebre Maurizio, in questi giorni nelle sale, si ha l’impressione che Chomsky abbia ragione. La trama, basata su una storia vera, racconta della convivenza forzata tra una famiglia benestante palestinese e un gruppo di soldati israeliani, ma, per qualche ragione, lo spettatore sente i palestinesi parlare italiano, ma deve leggere i sottotitoli quando i soldati di Tsahal parlano in ebraico. E nelle questioni di lingua, si diceva, spesso implicazioni di altra natura: a partire dalla lingua parte la distinzione tra sé e gli altri, basti pensare che il termine barbaro deriva dal greco "barbaros", colui che balbetta, o meglio parla una lingua diversa che agli altri sembra un balbettio.
E così una scelta null’altro che linguistica fa in modo che lo spettatore s’identifichi con la famiglia palestinese. Fin qui nulla di strano, siamo abituati. Quando guardiamo i film sulla seconda guerra mondiale, sentiamo i "buoni" (gli Alleati) doppiati in italiano, mentre i "cattivi" (i tedeschi) parlano in una lingua straniera. Il conflitto arabo-israeliano è una questione delicata e densa di contenuti politici. Non ci sarebbe quindi da stupirsi, in un paese prevalentemente filo-palestinese, se un giovane regista avesse scelto di prendere posizione.
Però, almeno negli intenti, «Private è un film di osservazione. La macchina da presa vuole essere un occhio neutrale sul conflitto», come ha spiegato Costanzo jr in un’intervista a Ventiquattro, il Magazine del Sole 24 Ore. In effetti la regia riprende lo stile di un documentario, con immagini sgranate, pochi primi piani e, come spiega il regista, lunghi periodi di girato (fino a 12 minuti). Quella di doppiare unicamente i personaggi palestinesi non è certo stata una scelta di Costanzo, bensì dei produttori (Rai, Istituto luce e Offiside). Tanto che la versione originale, vincitrice al festival di Locarno, è in arabo e in ebraico, con brevi dialoghi in inglese. Versione che è stata distribuita, con sottotitoli, in 25 paesi. Ma non in Italia, dove il doppiaggio "parziale" finisce per sminuire l’intento stesso del film. Non si tratta tanto dell’«occhio neutrale» di cui il regista parla nell’intervista, perché di neutrale in realtà nel film c’è poco. Questa è la trama: la famiglia di un insegnante palestinese vive in una villetta a due piani con giardino, che si trova a metà strada tra un villaggio palestinese e viene confiscata dall’esercito israeliano. La famiglia, grazie alla presenza di spirito del padre, si rifiuta di abbandonare la propria abitazione, così i soldati occupano il piano superiore e confinano la vita famigliare nel salotto, mentre la cucina diventa uno spazio comune. La storia è principalmente raccontata, ma non solo, da un punto di vista palestinese: la narrazione si sofferma sugli episodi di dignità lesa che la famiglia deve subire e sul coraggio con cui il padre (Mohamed Bakri, già regista del controverso Jenin, Jenin) li affronta, se quindi si vedono le sofferenze palestinesi, non si vedono quelle israeliane (il film è ambientato interamente nella villetta e quindi non si vedono attentati). Il momento di maggior vigore del film è però quando la figlia maggiore decide di nascondersi in un armadio e osservare i soldati israeliani: scopre allora che quelle persone che aveva visto prima come mostri, sono in realtà ragazzi, poco più che suoi coetanei, con sentimenti e problemi umani tanto quanto i suoi. Ce n’è uno che passa il tempo a suonare il flauto, e un poveretto che viene preso in giro da tutti causa della sua pancetta.
L’intento del film, quindi, non sembra tanto mostrare una realtà imparziale, quanto mostrare che anche l’altro è umano, e in fin dei conti non è poi tanto "altro". Ed è proprio su questo versante che la scelta del doppiaggio risulta infelice, perché finisce per umanizzare una parte e "barbarizzare", nell’accezione più etimologica del termine, l’altra. Esiste, nella storia del cinema italiano, un precedente analogo: Nozze in Galielea, film del 1987 che narra dell’incontro tra una famiglia araba che celebra a un matrimonio e un gruppo di soldati israeliani che assiste alla cerimonia. Anche in quel caso si tratta di un film "parziale", ma dignitoso, perché condanna l’occupazione ma mostra anche occupanti umani e sensibili (cosa rara in tempo di prima intifada). Era stato girato in arabo e in ebraico e anche in quel caso il doppiaggio infelice dell’edizione italiana finì per smorzarne i contenuti.
Il 14-08-04 avevamo invece pubblicato la critica "Le dichiarazioni di Saverio Costanzo rivelano la sua faziosità ", che riportiamo.
Saverio Costanzo con il film "Private", che narra dell'occupazione di una casa palestinese da parte di un gruppo di soldati israeliani, ha conquistato il Pardo d'oro al Festival del cinema di Locarno.
Nulla possiamo scrivere sul film, che non abbiamo visto. Delle parole del regista, pronunciate in varie interviste concesse ai giornali italiani, possiamo però affermare che manifestano chiaramente la sua posizione tutt'altro che imparziale sul conflitto mediorientale.
Eccone una breve antologia:
da "Locarno, vince Saverio Costanzo con una storia sul Medio Oriente", di Maurizio Porro, a pagina 35 del CORRIERE DELLA SERA del 15-08-04"Perchè no? Inviterei Sharon a vedere il mio film. Non perchè mi illuda che un film faccia vincere la guerra, ma per dimostrare che, se c'è davvero la volontà, si possono superare tutte le incomprensioni"
Siccome Costanzo non si illude che il suo film possa far "vincere la guerra" ai palestinesi, persuadendo Sharon alla resa, si acontenterebbe di dimostrare che le incomprensioni si superano, se c'è la volontà. Che di certo manca a Sharon. Infatti molto difficilmente il film di Costanzo lo porterebbe a rinunciare alla difesa degli israeliani dal terrorismo.Se dicessero che è contro Israele?
"Nessuno di noi accetta questa accusa, perchè sempre il vittimismo? Raccontiamo storie vere, che si vedono ogni sera al tg"
Nessun vittimismo. Solo la constatazione che, al tg come al cinema, si raccontano quasi soltanto le storie più o meno vere che servono a mettere Israele in cattiva luce."Tanto è vero che il film mette in scena la violenza di Israele ma non è del tutto amato neanche dai palestinesi perchè mostro il lavaggio del cervello della tv su quel terrorismo basato sul martirio"
Secondo le cronache del festival nel film il figlio maggiore della famiglia palestinese, indignato per l'occupazione di casa sua, immagina se stesso glorificato alla televisione come terrorista suicida. Molto meno di una denuncia dell'incessante campagna pro-terrore dei media palestinesi e un enessima conferma del luogo comune, smentito da tutti gli studi scentifici sull'argomento e dalla semplice cronologia (prima è venuto il terrorismo, poi la risposta israeliana) della violenza israeliana e dell'umiliazione palestinese come cause del terrorismo.
Dall'intervista di Roberto Nepoti su LA REPUBBLICA "Locarno, vince Costanzo "Un premio per la pace" ", a pagina 39:Documentario o fiction, sono convinto che quando si gira un film la verità venga fuori, mentre le cose artefatte gettano la maschera. In origine lo script era più "buono"; si è indurito sul campo, con l'aumentare della consapevolezza di quel che è la vita quotidiana nei Territori. La realtà superava la nostra visione e ci obbligava a cambiare la sceneggiatura giorno per giorno.
Il film è stato girato in Italia, quindi viene naturale chiedersi: come ha fatto Costanzo a scoprire "sul campo" che gli israeliani sono più cattivi di quanto pensasse?
Per dirla con una sua bella espresssione, ecco che... "le cose artefatte gettano la maschera".
Il 13-08-04 pubblicavamo la critica "Il popolo buono e quello cattivo", che riportiamo:
Fabio Ferzetti, a pagina 21 del MESSAGGERO, nell'articolo "Lo psicodramma dell'occupazione" scrive:Conferma il protagonista palestinese Mohammad Bakri, autore di un film sui campi profughi censurato in Israele, "Jenin, Jenin":
Benchè sia un falso, che ripete le accuse ai soldati israeliani circa il mai avvenuto massacro di Jenin, il film di Bakri non è stato censurato in Israele.
Su L'Unita' a pagina 19 Lorenzo Buccella, nel pezzo "Solo il dialogo ci potrà salvare", riporta, senza alcun rilievo critico, le parole del regista del film (supponiamo fedelmente):C'è un popolo che occupa e uno che è occupato, il giudizio è già implicito nelle cose che sono successe. Ma questo non vuol dire che dentro il male non ci sia il bene e viceversa
Da una parte "un popolo che occupa", ed'è "il male", dall'altra un "popolo che è occupato", ed'è "il bene". Un giudizio implicito "nelle cose che sono succcesse", ovvero in quelle che si è scelto di raccontare, omettendone altre. Non vale a cancellare lo schematismo di questa visione del conflitto israelo-palestinese l'affermare che dentro il male può esserci il bene e viceversa. Costanzo avrebbe piuttosto dovuto ricordare che il giudizio su di una situazione complessa deve essere dato tenendo conto di tutto, non soltanto di un aspetto del problema. Avrebbe dovuto tener conto del terrorismo e della pace offerta dagli israeliani e rifiutata dai palestinesi. E, comunque, avrebbe dovuto ricordare che non esistono popoli malvagi e popoli buoni.
Non l'ha fatto e sente la necessità di compensare e di manifestare una falsa equanimità sostenendo che il "male" può essere "bene" e il "bene", "male". Così come il brutto è bello e il bello, brutto; il verde è rosso e il rosso, verde; per dirla con le streghe del Macbeth
"Private" è stato scelto per il concorso da una giuria composta da 12 produttori di due associazioni di categoria, Api e Unpf-Anica, e cinque "garanti" (Vincenzo Cerami, Dante Ferretti, Bernardo Bertolucci, Paola Corvino e Fabio Ferzetti).
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a scrivere ai membri della commissione per esprimere la propria opinione sulla scelta di un film propagandistico e pervaso di sentimenti antiisraeliani. Cliccando sul link sottostante si aprirà un e-mail pronta per essere compilata e spedita all'Anica (l'Api non ha un indirizzo e-mail rintracciabile su internet) anica@anica.it