Non serve costruire altre moschee in Italia, piuttosto rendiamo quelle che esistono "case di vetro"
un editoriale di Magdi Allam
Testata: Corriere della Sera
Data: 29/09/2005
Pagina: 1
Autore: Magdi Allam
Titolo: Moschea-mania, serve uno stop
Il CORRIERE DELLA SERA di giovedì 29 settembre 2005 pubblica in prima pagina e a pagina 29 un articolo di Magdi Allam che che, ancora una volta, documenta come le moschee in Italia e in Europa siano troppo spesso luoghi di segregazione dei musulmani dal resto della società e di proselitismo da parte del fondamentalismo e del terrorismo.

Ecco il testo:

In Italia sembra essere esplosa la moschea-mania. Da Genova a Firenze, da Verona a Reggio Emilia, da Napoli a Colle Val d'Elsa, tutti la vogliono. Ebbene, da cittadino italiano, musulmano, laico, lancio un appello a tutte le istituzioni dello Stato affinché sospendano la costruzione di nuove moschee.

Nonché la concessione dell'autorizzazione a trasformare in luoghi di culto islamici dei locali acquistati o affittati. La libertà di culto dei musulmani, al pari dei fedeli di altre religioni, è un diritto sancito dalla Costituzione e ci mancherebbe che fossi io a metterlo in discussione. Ma abbiamo il dovere di contestualizzare e sostanziare l'esercizio di tale diritto in una fase in cui talune moschee sono colluse con il terrorismo internazionale di matrice islamica e in cui molte moschee fanno apologia di terrorismo legittimando il jihad, inteso come guerra santa, e esaltando i kamikaze come «martiri». E' un dato di fatto che all'interno di alcune moschee si genera quel lavaggio di cervello che trasforma delle persone umane in robot della morte.

Ascoltiamo la testimonianza di due mamme musulmane. La prima è una convertita britannica, Samantha Lewthwaite, di 21 anni, vedova di Germaine Lindsay, di 19 anni, anch'egli un convertito britannico originario della Giamaica. Germaine è stato il quarto terrorista suicida dello scorso 7 luglio a Londra, provocò 26 morti facendosi esplodere su un autobus. E' il primo caso accertato di un cristiano convertito all'islam che si trasforma in kamikaze islamico.

«Mio marito era un uomo semplice e generoso. Era cambiato da quando aveva iniziato a frequentare la moschea. Gli hanno avvelenato il cervello », ha detto Samantha in un'intervista rilasciata a The Sun. «Spariva continuamente, andava sempre a pregare nella moschea. E' sparito anche la sera prima dell'attentato: l'ho sentito entrare nella stanza di Abdullah (il figlio di 17 mesi, ndr), baciarlo e quindi uscire. Poi ho ricevuto un messaggio sul cellulare: ti amerò per sempre. Vivremo per sempre insieme».

La seconda testimonianza è di una mamma egiziana residente a Reggio Emilia da una trentina d'anni, ha due figli nati in Italia. Preferisco mantenere l'anonimato per proteggerla dal clima d'odio diffuso tra i gruppi islamici nel nostro Paese: «Inizialmente portavo i miei figli nella moschea di via Adua perché volevo che conoscessero la loro religione. Ma poi ho deciso di non farlo più perché i predicatori della moschea incitavano a non aver nulla a che fare con gli italiani e con i cristiani. Io invece i miei figli li ho mandati nelle scuole pubbliche e nel pomeriggio hanno frequentato l'oratorio della chiesa.Ame quella gente che predica nelle moschee fa paura».

Come lei tanti musulmani hanno paura. E comprensibilmente molti più italiani hanno paura. Ritengo che sul tema cruciale delle moschee, in considerazione del contesto internazionale e nazionale, ci dovrebbe essere un ampio consenso tra le forze politiche e soprattutto tra la cittadinanza sul cui territorio vengono insediate. Non si possono imporre per decreto le moschee, da parte di amministrazioni buoniste, ipergarantiste o ideologicamente colluse con l'integralismo islamico, ignorando il primato della tutela della vita e della sicurezza della collettività, fregandosene del fondato sentimento di paura che accomuna italiani e musulmani perbene.

La verità è esattamente opposta a quella che urlano o paventano l'islamofobia in Italia: i luoghi di culto islamici bastano e avanzano, proliferano in modo esponenziale a fronte di una percentuale di frequentatori assai bassa. Erano 400 nel 2000 e ora sono 611, sono quindi cresciuti del 50% in cinque anni. Mentre i frequentatori delle moschee continuano a attestarsi attorno al 5%, vale a dire 50 mila persone su circa un milione di musulmani. Diciamolo chiaramente: le moschee non sono la priorità dei musulmani ma lo è l'integrazione. Molti musulmani non parlano adeguatamente l'italiano, non conoscono la cultura italiana, disconoscono i valori fondanti della società italiana.

Così come dovremmo preoccuparci della formazione degli imam, dei funzionari religiosi, istituendo un master o una laurea specialistica nelle università italiane. Prima dobbiamo riscattare alla piena legalità le moschee già esistenti, poi avere la certezza che le nuove moschee non vadano a finire nelle mani dei predicatori d'odio. Soltanto così potremo sperare che le moschee diventino delle case di vetro che, nella condivisione dei valori e dell'identità italiana, ispirino fiducia a tutti, italiani e musulmani.
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