Qualche scomoda verità su "Peace mom" e su chi ne sfrutta il dolore
in America e in Italia
Testata:
Data: 28/09/2005
Pagina: 1
Autore: David Frum - Christian Rocca - Massimo Introvigne
Titolo: Peace mom - Mamma anti-Bush: la nuova icona della nostra sinistra
Dal FOGLIO di mercoledì 28 settembre 2005 riportiamo l'articolo di David Frum "Peace mom / 1", che spiega che "A Washington sul palco con Cindy
hanno parlato un po’ tutti gli oratori antisemiti del mondo", pubblicato apagina 1 dell'inserto.

Ecco il testo:


Questa settimana migliaia di persone si sono riunite a Washington per partecipare alla più grande marcia di protesta che sia stata organizzata fin dall’inizio della guerra. La cifra è approssimativa: il National Park Service non fornisce più le stime sulla partecipazione alle dimostrazioni, e le cifre fornite dai gruppi che le organizzano sono notoriamente inattendibili. Ma non
si può negare che la manifestazione del 24 settembre sia stata imponente e determinata. Perciò è opportuno domandarsi: chi erano questi dimostranti? E per che cosa protestavano? Byron York, giornalista di National Review, ha descritto uno di questi gruppi di manifestanti, composto da studenti di college che marciavano dalla fermata della metropolitana verso l’Ellipse, vicino alla Casa Bianca. Ecco i loro slogan: "Dalla Palestina a New Orleans, basta dare soldi alla macchina della guerra!". Poi, quando l’eccitazione si è fatta più grande: "Come sono pagati i soldati israeliani? Soltanto con i soldi americani!". Cito le parole dello stesso York: "Alcuni membri del gruppo portavano un cartello che pubblicizzava il sito web nowarforisrael. com. La homepage del sito ha questo titolo: ‘Incontra da vicino alcuni di questi guerrafondai ebrei e razzisti’ e sotto ci sono le foto di William Kristol, Richard Perle, Ari Fleischer, Ariel Sharon, Paul Wolfowitz, Elliot Abrams e Douglas Feith". Non sono stati soltanto i conservatori a notare il tono antisemita della protesta. Su dailykos.com, un popolare sito web della sinistra, un collaboratore regolare ha scritto: "Osservo questa manifestazione e vedo persone che sostanzialmente appoggiano Hamas e gli attentati suicidi che uccidono innocenti nei bar e sugli autobus israeliani". Tra gli oratori che hanno parlato alla manifestazione c’era il parlamentare inglese George Galloway, espulso dal partito laburista nel 2003 per il suo dichiarato sostegno a Saddam Hussein. Nel 1994, Galloway aveva guidato una delegazione in visita da Saddam e aveva aperto l’incontro con queste parole: "Presidente, saluto il vostro coraggio, la vostra forza e la vostra infaticabilità. E desidero che lei sappia che noi saremo al suo fianco fino alla vittoria e alla conquista di Gerusalemme". Nel maggio 2005, un comitato del Senato degli Stati Uniti ha pubblicato un rapporto nel quale Galloway veniva citato come il destinatario di denaro sottratto al programma Oil for food da Saddam Hussein. In varie interviste, Galloway ha descritto Israele come "un piccolo Stato hitleriano sulle rive del Mediterraneo". Un altro oratore della manifestazione è stata Lynne Stewart, l’avvocato newyorkese che ha rappresentato Omar Abdul Rahman, lo sceicco cieco condannato per un complotto ordito nel 1995 con lo scopo di colpire vari edifici rappresentativi di New York City, tra cui il palazzo delle Nazioni Unite e l’Holland Tunnel. Stewart è stata condannata nel febbraio 2005 per favoreggiamento di terrorismo, avendo comunicato disposizioni dello sceicco ai suoi seguaci per compiere nuovi attacchi (ha potuto partecipare alla manifestazione in quanto è fuori dal carcere su cauzione, in attesa
della sentenza). Non sono figure marginali Alla manifestazione ha parlato anche Michael Shehadeh, uno dei famosi "Otto di Los Angeles", otto residenti clandestini che l’Immigration Service degli Stati Uniti ha tenuto in stato di fermo e cercato di far estradare per avere raccolto fondi in favore del Fronte popolare di liberazione della Palestina, l’organizzazione che nel 1976 aveva dirottato un volo dell’Air France diretto all’aereoporto di Entebbe, in Uganda. Questa organizzazione è ancora attiva: nel 2002, i servizi segreti israeliani hanno sventato appena in tempo un suo piano per fare saltare in aria un grattacielo di Tel Aviv con un’autobomba. Sarebbe bello pensare che personaggi come Galloway, Stewart e Shehadeh siano soltanto figure marginali nel movimento
pacifista. E’ davvero preoccupante pensare che si potrebbero trovare migliaia di americani pronti a essere rappresentati da persone simili. Ma se sono figure marginali, come mai sono loro a parlare dal palco? Tuttavia, si potrebbe anche dire che, accogliendo questi personaggi, il movimento pacifista degli Stati Uniti stia svolgendo un vero servizio pubblico. Sta infatti rivelando una cosa che tutta la società deve sapere: queste marce per la pace sono guidate da leader che approvano gli atti di guerra rivolti contri gli americani e gli ebrei. Si potrà così vedere che la sinistra estrema e l’islam estremista, per quanto possano non essere d’accordo sul piano ideologico, riescono a trovare una causa comune per cui combattere.
Christian Rocca nell'articolo ""Peace mom / 2" spiega altresì che "A Washington in piazza con Cindy c’erano un po’ tutti i sostenitori di un po’ tutte le tirannie del mondo"
I pacifisti che nel weekend hanno sfilato a Washington con la "peace mom", Cindy
Sheehan, sono davvero pacifisti? Uno scrittore di sinistra come Christopher Hitchens sostiene esattamente il contrario: quelli non vogliono la pace, sono a favore della guerra solo che tifano per gli avversari. E’ un’esagerazione di un brillante intellettuale anticonformista? Mettiamo in fila i fatti. Da alcune settimane i giornali raccontano di un nuovo sentimento pacifista che attraversa
l’America, simile a quello che negli anni Settanta costrinse gli Stati Uniti a ritirarsi dall’Indocina e a consegnare quei poveracci nelle mani dei loro torturatori comunisti dai quali peraltro non sono ancora riusciti a liberarsi. La figura chiave di questa favola è Cindy Sheehan, la madre di un soldato americano partito per l’Iraq come volontario e ucciso in battaglia a Sadr City. I giornali ne parlano come di una tranquilla, moderata, probabilmente repubblicana, casalinga della California, inizialmente favorevole alla guerra e poi, complice l’insensatezza della morte del figlio, ravvedutasi fino a diventare l’icona e la paladina della nuova consapevolezza pacifista americana.
Per dare maggior forza a questa tesi, i cronisti non scrivono che la Sheehan era contro la guerra anche prima della morte del figlio, che la sua famiglia ha preso le distanze dalla sua protesta, che il marito ha addirittura chiesto il divorzio e che, infine, un incontro tra Cindy e Bush in realtà c’è stato, e pure
cordiale, tanto che una fotografia immortala il bacio tra i due e, in un’intervista a caldo, Cindy ha usato parole dolci per il presidente. I giornali dimenticano, soprattutto, di riportare le cose che Cindy oggi dice e scrive, cioè che le truppe americane dovrebbero ritirarsi non solo dall’Iraq ma anche dall’Afghanistan e perfino da New Orleans. Non è una battuta: Cindy Sheehan ha scritto un articolo con cui ha criticato Bush per aver mandato l’esercito nelle zone colpite da Katrina: Fallujah o il quartiere francese per lei pari sono, entrambe vittime dell’imperialismo americano. Sabato sera, stando a un intervento pubblicato a suo nome su Daily Kos, ovvero il più autorevole e più letto blog di sinistra, Cindy si è addirittura lamentata del fatto che la Cnn abbia trasmesso sempre e soltanto notizie sull’uragano Rita nonostante si trattasse soltanto di "un po’ di vento e un po’ di pioggia", proprio mentre "in questo paese" succedono altre cose più importanti come la sua marcia su Washington. Cindy Sheehan è tutto tranne che una moderata: definisce Bush "il più grande terrorista del mondo", crede che in Iraq e in Afghanistan il presidente stia commettendo "uno sfacciato genocidio", sostiene che i soldati americani combattano già "una guerra nucleare" e afferma per iscritto (ma poi ha smentito) che gli assassini di suo figlio sono "combattenti per la libertà". La protesta della Sheehan è così fuori sincrono con il senso comune dell’America reale al punto che nessun leader del Partito democratico, ma
proprio nessuno, né Hillary Clinton, né il pacifista Howard Dean, né Ted Kennedy, né John Kerry, s’è mai fatto vedere accanto alla mamma cosiddetta coraggio e tantomeno alla marcia di domenica. Tutto ciò è difficile leggerlo sui giornali, sia sui grandi quotidiani liberal americani sia sui nostri, sul Corriere della Sera in primis. Una mamma che ha perso un figlio è giustificata, qualsiasi cosa dica, al contrario dei giornalisti liberal e di sinistra che sfruttano il suo dolore e la sua disperazione per misere convenienze politiche e per abbattere un presidente che non appartiene al loro quartierino. Ritirare le truppe, anche da dove non ci sono I giornali non hanno riportato, oppure hanno nascosto, le sigle organizzatrici della marcia: il gruppo neo-comunista Answer e l’United for Peace and Justice. E’ sufficiente farsi un giro dentro i loro siti, oltre che in quello del Worker’s World Party dell’ex Attorney General Ramsey Clark, per scoprire che si tratta di gruppi estremisti che sostengono il dittatore nordcoreano di Kim Jong Il, quello cubano di Fidel Castro, l’ex tiranno serbo Slobodan Milosevic e, nel caso del partito di Clark, finanche l’invasione sovietica dell’Ungheria nell’anno domini 1956. Appena c’è da difendere un dittatore comunista o un affamatore di popoli, loro ci sono sempre e, tra l’altro, chiedono anche di ritirare le truppe americane dalla Palestina e da Haiti, dove non ci sono. Il settimanale The Nation e diversi opinionisti radical ma pacifisti veri, da David Corn a Marc Cooper, avvertono i compagni che "Answer is not the answer" ma un fronte in difesa del fascismo, dello stalinismo e del jihad. Sono guerrafondai, non pacifisti.
Infine, sempre sull'argomento, riportiamo dal GIORNALE ( pagina 14) l'editoriale di Massimo Introvigne "Mamma anti-Bush: la nuova icona della nostra sinistra"

Ecco il testo:

Quando uscirà di prigione, la sinistra italiana la ha già invitata da noi. Al momento di incontrare Cindy Sheehan, la madre del soldato Casey, caduto in Irak, che è diventata una celebrità mondiale come guida di manifestazioni pacifiste, speriamo che i nostri giornalisti le pongano qualche domanda su un numero: 4352001432577. È il numero della polizza di assicurazione sulla vita di Casey che l'accorta mammina aveva stipulato, e che copre anche la morte in guerra. Cindy si sta battendo con le unghie e con i denti per non dividerne i frutti con il marito Patrick, che il 5 agosto ha depositato istanza di divorzio presso il Tribunale della Contea di Solano, in California. Il giudice californiano Alberta Chew deciderà su questa brutta storia, che fa calare l'ombra dell'interesse economico su un personaggio costruito a tavolino dai mezzi di comunicazione liberal.

I conservatori americani che criticano Cindy Sheehan sono naturalmente accusati di attaccare una povera donna che ha perso il figlio in guerra. Tuttavia sono state appunto qualche centinaio di mamme di caduti in Irak - alcune delle quali portavano cartelli «Noi non eravamo assicurate» - a dimostrare contro la mamma anti-Bush prima in Texas e poi a Washington. Quello che colpisce non è il dolore della Sheehan - che, in quanto sentimento privato, sarà certamente sincero - ma la costruzione sociale di questo dolore come evento politico da parte dei media e dei pacifisti. Per costoro le vicende private della Sheehan non interessano - e non devono interessare - a nessuno, perché la persona reale della mamma californiana è stata sostituita da un'icona intoccabile e indiscutibile.

Il presupposto dell'operazione si riassume in una frase della commentatrice di sinistra Maureen Dowd sul New York Times: «L'autorità di un genitore che ha seppellito un figlio caduto in Irak è assoluta». Per il pubblico, che il circo mediatico fa passare di emozione in emozione, creando e distruggendo personaggi quasi ogni ventiquattro ore, può essere difficile capire che questa affermazione è assurda. Anzitutto, se l'autorità della Sheehan è «assoluta», lo è anche quella di altre madri di caduti che protestano contro di lei ed esprimono solidarietà a Bush, e assoluta - o assolutista - è solo la scelta di certa stampa di privilegiare una posizione rispetto alle altre. Soprattutto - per quanto questo possa risultare ostico a molti telespettatori - l'esperienza e il dolore personale non creano automaticamente capacità di analisi politica, e dunque autorità. La Sheehan ha smentito di avere detto che il figlio «si era arruolato per proteggere l'America, non Israele», ma la rete televisiva Abc ha una dichiarazione scritta della mamma anti-Bush che riporta esattamente queste parole.

Nella stessa dichiarazione la Sheehan afferma che Bush ha mentito affermando che «i terroristi dell'11 settembre odiano la libertà e la democrazia. No, odiano la nostra politica in Medio Oriente». Basterebbero queste frasi a mostrare che la madre californiana, proiettata dal cinismo mediatico su un palcoscenico più grande di lei, non ha capito nulla del terrorismo di Al Qaida, che prima dell'11 settembre non si era mai occupato del conflitto in Palestina.
Torna a casa, Cindy. Potrai occuparti in pace del tuo divorzio e della tua assicurazione.

E anche avere la solidarietà che, se si deve a qualunque madre in lutto, non si estende a qualunque sciocchezza le sia fatta dire da chi ne sfrutta senza vergogna il dolore.
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