Se l'Onu cambia la sua politica verso Israele può contribuire alla pace
intervento di Ehud Gol, Ambasciatore di Israele in Italia
Testata:
Data: 27/09/2005
Pagina: 4
Autore: Ehud Gol
Titolo: Qualcosa è cambiato tra Israele e l'Onu
IL RIFORMISTA di martedì 27 settembre 2005 pubblica a apagina 4 un intervento di Ehud Gol, Ambasciatore d'Israele in Italia, sui mutati rapporti tra Israele da un lato e l'Onu e il mondo islamico dall'altro.

Ecco il testo:

La settimana appena trascorsa è stata caratterizzata da alcuni eventi fuori dall’ordinario per le relazioni tra Israele e il mondo musulmano, sullo sfondo della 60a Assemblea Generale dell’Onu.
Per la prima volta da 52 anni in qua un esponente israeliano ha ricoperto la carica di vicepresidente dell’Assemblea dell’Onu in rappresentanza del blocco dei paesi occidentali e ha moderato la seduta dell’Assemblea in presenza di molti rappresentanti di paesi arabi e musulmani. Contrariamente a quanto avveniva in passato, cioè che ogni apparizione di un rappresentante israeliano era accompagnata da un abbandono dimostrativo della sala da parte di quei paesi, questa volta gli eventi verificatisi in Medio Oriente negli ultimi mesi hanno lasciato il segno anche all’interno del Palazzo di Vetro, e abbiamo perciò riscontrato comprensione e immedesimazione come mai ne avevamo conosciute
in passato. Nel corso dell’Assemblea il Primo Ministro d’Israele Ariel Sharon ha pronunciato il suo discorso in lingua ebraica, rivolgendosi anche ai
nostri vicini del mondo arabo e musulmano.Per la prima volta da questo podio prestigioso un Primo Ministro israeliano ha riconosciuto il diritto del popolo palestinese a un suo stato indipendente che sorga non al posto di Israele ma
al suo fianco, in pace e sicurezza Ai margini dell’Assemblea lo spirito dei tempi si è manifestato anche nella calorosa stretta di mano tra Sharon e il Presidente di uno stato musulmano grande e potente, il Pakistan. Il Presidente Musharraf si è anche incontrato con i dirigenti della comunità ebraica americana, di fronte ai quali ha dichiarato la disponibilità del suo paese a stabilire piene relazioni diplomatiche con Israele al momento della costituzione
di uno stato palestinese indipendente. Anche il Ministro degli Esteri dell’Indonesia, il maggior paese musulmano al mondo, si è incontrato con il suo omologo israeliano, e tutto ciò oltre a una serie di incontri con ministri ed esponenti di spicco di altri paesi arabi, quali Qatar e Tunisia. Davvero, dunque, nuovi venti soffiano sul Medio Oriente negli ultimi mesi, in contrasto con il dolore, la sofferenza, il terrore e la violenza che ci hanno accompagnato così a lungo negli anni passati. Basti ricordare l’enorme progresso conseguito con il ritorno in Israele degli ambasciatori di Egitto e Giordania, dopo quattro anni d’interruzione dei rapporti diplomatici in seguito
all’Intifada. Non vi è alcun dubbio che il principale fattore di catalizzazione di tutti questi cambiamenti ai quali stiamo assistendo sia il coraggioso passo compiuto dal Governo israeliano, con il completamento dello sgombero di 21 insediamenti dalla Striscia di Gaza e di 4 dal nord della Samaria, a dispetto di tutto ciò che comporta l’assunzione di rischi così enormi, per il conseguimento della pace nella nostra regione. Siamo sempre stati del parere che negoziati e contatti tra Israele e paesi musulmani o arabi estranei al conflitto non dovessero dipendere dalla soluzione dello stesso conflitto israelo-palestinese. Le relazioni con la Turchia, importante paese musulmano, ne sono una testimonianza. Abbiamo sempre sostenuto e sosteniamo tuttora che, dal momento che gli stessi palestinesi hanno dei contatti con noi, non vi è alcuna logica nel fatto che stati arabi e musulmani che non hanno nulla a che fare con il conflitto non facciano altrettanto. Certamente incoraggia tutti noi l’odierno riconoscimento, da parte di questi paesi, del fatto che il maggior pericolo per la pace modiale si celi nel terrorismo internazionale e non in conflitti regionali, per quanto acuti questi siano. Probabilmente anche molti di questi paesi riconoscono che la chiave per la soluzione dei problemi che affliggono la nostra regione si trova principalmente nel proseguire verso processi democratici e, al contempo, nel combattere duramente contro il terrorismo internazionale. La dichiarazione del Quartetto, avvenuta questa settimana, circa la necessità di questa lotta, senza compromessi, contro il terrorismo, e l’appello alle organizzazioni terroristiche affinché si disarmino e affinché abbandonino la via del terrorismo se desiderano partecipare al processo politico, costituisce un richiamo di chiara e fondamentale importanza per il futuro. L’Onu entra nel suo 61° anno, e forse adesso, per la prima volta, si può pensare alla possibilità di un suo contributo alla risoluzione delle crisi regionali in generale e della crisi mediorientale in particolare.
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