Un nuovo gruppo terroristico minaccia Israele
i "Comitati di resistenza popolare"
Testata:
Data: 26/09/2005
Pagina: 13
Autore: Davide Frattini
Titolo: E adesso porteremo la battaglia in Cisgiordania e a Gerusalemme
Il CORRIERE DELLA SERA di lunedì 26 settembre 2005 pubblica a pagina 13 un articolo di Davide Frattini, "E adesso porteremo la battaglia in Cisgiordania e a Gerusalemme", che riporta un colloquio con Jamal Abu Samhadana, leader del gruppo terroristico palestinese "Comitati di resistenza popolare".
Ecco il testo:RAFAH (Striscia di Gaza) — Jamal sa di essere un bersaglio. Adesso che le esecuzioni mirate sono ricominciate, è il numero due nella lista dei terroristi super ricercati dopo Mohammed Deif, il capo dell'ala militare di Hamas. Quando gli egiziani hanno deciso di dare la caccia ai tunnel del contrabbando, è a lui che si sono rivolti. Anche loro — come gli 007 americani e israeliani — sono convinti che Jamal Abu Samhadana controlli tutto quello che si muove a Rafah. Sopra e sotto la sabbia del deserto. Il suo clan è il più potente in questa città all'estremo sud della Striscia e il flusso di vestiti, armi, alcol, pezzi di macchine, prostitute, droga porta troppi profitti, perché la famiglia non esiga una parte dei guadagni.
Jamal vive come un bersaglio. «Non dormo per più di una settimana nella stessa casa, mai nella mia. Quando mi sposto su un'auto indosso un cappuccio per non essere riconosciuto. I miei cinque figli giocano con gli altri bambini usando dei soprannomi». E' sopravvissuto a due tentativi di eliminazione, sul braccio e la gamba destra ne porta i segni. Parla lentamente, con la voce roca del fumatore seriale. A Gaza gira una battuta: se vedi del fumo all'orizzonte, è un missile israeliano o Jamal che ha acceso l'ennesima sigaretta (Gauloises rosse).
Ex poliziotto, 43 anni, all'inizio della seconda intifada ha fondato i Comitati di resistenza popolare. Raccolgono fuoriusciti e dissidenti di tutti i movimenti, dal Fatah del presidente Mahmoud Abbas alla Jihad islamica e Hamas. Gli americani li considerano responsabili dell'attacco al convoglio diplomatico che nell'ottobre 2003 uccise tre guardie della sicurezza. Lo Shin Bet è convinto che il gruppo abbia tutto l'interesse a mantenere la Striscia nel caos. A inizio agosto l'Autorità palestinese ha cercato di convincere Jamal a smantellare le milizie proponendogli la poltrona di capo dell'Intelligence militare. «Perché dovrei accettare? La gente direbbe: "Vedete, Jamal ha combattuto per un posto d'onore". Non possiamo rinunciare alle nostre armi. Durante la rivolta, siamo stati noi a difendere i poliziotti dell'Autorità, non il contrario ».
Nei primi giorni dopo l'evacuazione israeliana, i prezzi delle armi a Rafah sono crollati, perché i trafficanti hanno fatto acquisti dal lato egiziano per molto meno: gli Ak47 da 2000 a 1.300 dollari, le pistole di produzione araba da 1.400 a 180. Le forze speciali del Cairo hanno scoperto un tunnel che conteneva 3 lanciarazzi anticarro, 38 fucili automatici e 2.800 granate Rpg. «Il codice del mio clan — dice Jamal — vieta di partecipare al contrabbando. Sono calunnie inventate dai servizi segreti contro di me».
I Comitati hanno annunciato di aver prodotto un razzo con una gittata di 15 chilometri: sparato dal nord della Striscia, potrebbe colpire la città costiera di Ashkelon. «Gaza non è abbastanza. Il nostro obiettivo adesso è continuare la battaglia in Cisgiordania e a Gerusalemme». L'intelligence israeliana è preoccupata che la mancanza di controlli al confine con l'Egitto permetta a cellule di Al Qaeda di infiltrarsi. «Non abbiamo bisogno di loro — commenta Jamal —. Sappiamo già come combattere».
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