Sharon all'Onu: si a uno Stato palestinese, Gerusalemme capitale di Israele
le cronache di Davide Frattini e Alberto Flores D'Arcais
Testata:
Data: 16/09/2005
Pagina: 9
Autore: Davide Frattini - Alberto Flores D'Arcais
Titolo: «I palestinesi hanno diritto a uno Stato» - Sharon:
Il CORRIERE DELLA SERA di venerdì 16 settembre pubblica a pagina 9 una cronaca di Davide Frattini del discorso del premier israeliano Ariel Sharon all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Ecco il testo:

Dopo che George Bush ha elogiato («il suo coraggio è stato un'ispirazione»), dopo che i commentatori hanno lodato («per il mondo si è trasformato da Saddam Hussein in Madre Teresa»), dopo che il nemico Benjamin Netanyahu ha attaccato («ha svenduto dei territori in cambio di tappeti rossi»), Ariel Sharon ha percorso quei tappeti (verdi) e davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha pronunciato la frase che si porta dentro da sempre e preparava da giorni: «Arrivo qui da Gerusalemme, la capitale eterna, unita e indivisibile del popolo ebraico».
Mercoledì aveva sentito dal presidente americano le parole che voleva sentire: che Gaza è un test per Mahmoud Abbas, che se i palestinesi falliscono nella Striscia, non possono aspettarsi concessioni in Cisgiordania. Ieri lo ha ripetuto: «Adesso tocca a loro, dimostrino di volere la pace. La prova più importante che i leader palestinesi dovranno affrontare è riuscire a eliminare il terrorismo e a cancellare la cultura dell'odio contro gli ebrei e Israele».
Nel suo primo discorso all'Assemblea Generale, parlando in ebraico, Sharon ha detto che lo sgombero da Gaza apre una finestra di opportunità per far procedere il processo di pace indicato dalla road map: «I palestinesi saranno sempre nostri vicini. Li rispettiamo e non aspiriamo a dominarli. Hanno diritto alla libertà e a uno Stato indipendente. Il diritto del popolo ebraico alla terra di Israele non può significare la negazione dei diritti di altri». E' stato applaudito, ma non dalla delegazione palestinese: il ministro degli Esteri Nasser Al Kidwah, nipote di Yasser Arafat, è rimasto con le braccia incrociate. Il capo dei negoziatori Saeb Erekat ha replicato da Ramallah: «L'unica soluzione che vediamo è il ritiro totale dai territori occupati nel 1967».
Dalla passerella americana, il premier vuole ottenere che la comunità internazionale riconosca la fine del controllo israeliano sulla Striscia («dopo l'evacuazione, non abbiamo più responsabilità», ha proclamato). «Il primo ministro ha piazzato la trappola di Gaza sulla porta dei palestinesi — ha commentato Nahum Barnea su Yedioth Ahronoth —. Nella sua visione il ritiro ha creato una situazione in cui non può perdere. Se i palestinesi e gli egiziani impongono l'ordine e la calma è assicurata nel sud del Paese, si può andare avanti. Se il caos non viene fermato, Israele non riceverà pressioni per altre evacuazioni dalla Cisgiordania. Nel frattempo, lo Stato ebraico godrà di un abbraccio internazionale senza precedenti dai tempi di Oslo».
Nei corridoi del Palazzo di Vetro, la delegazione israeliana ha ricevuto abbracci simbolici e vere strette di mano. Il ministro degli Esteri Silvan Shalom ha incontrato per la prima volta il collega indonesiano e il capo della diplomazia del Qatar, che ha invitato «anche le altre nazioni arabe a fare dei passi verso Israele con un vertice internazionale». Sharon ha incrociato e salutato il presidente pakistano Pervez Musharraf.
Nel giorno delle ricompense diplomatiche a New York, la Corte Suprema di Gerusalemme ha respinto la sentenza dell'anno scorso della Corte internazionale dell'Aja e ha giudicato legittima la costruzione della barriera di sicurezza anche oltre la Linea verde, in territorio conteso dai palestinesi, per proteggere la vita dei cittadini. I giudici hanno invece accolto la petizione di cinque villaggi palestinesi nell'area di Alfei Menashe: l'esercito dovrà modificare il tracciato per permettere libertà di movimento agli abitanti, rimasti separati dal resto della Cisgiordania.
LA REPUBBLICA a pagina 10 dedica al discorso di Sharon la cronaca di Alberto Flores D'arcais, "Sharon: "Uno Stato per i palestinesi" ", che gli attribuisce un valore storico.

Ecco il testo:

«I palestinesi hanno diritto a uno Stato». Ariel Sharon ha rotto anche l´ultimo tabù pronunciando una frase che mai un premier israeliano aveva detto parlando ai delegati del mondo intero dalla tribuna delle Nazioni Unite. Un atto di coraggio, l´ultimo di una serie che gli hanno valso il plauso universale, compresi ex nemici giurati, e che hanno reso quello che un tempo era il "superfalco" di Gerusalemme nell´uomo che puó passare alla storia per avere portato la pace in Medio Oriente.
«I palestinesi saranno sempre nostri vicini, noi li rispettiamo e non abbiamo il desiderio di dominarli. Dopo 57 anni di guerra e terrorismo, desideriamo la pace con i nostri vicini. Anche loro meritano la libertà ed uno stato nazionale sovrano». Ma ai palestinesi Sharon chiede anche qualcosa; che vengano disarmate dall´Anp le milizie armate, come del resto previsto dalla "roadmap", il piano di pace che prevede la creazione di uno Stato palestinese in Cisgiordania e nella striscia di Gaza: «Mi rivolgo ai governanti palestinesi perché si sbarazzino dei terroristi; mi rivolgo al popolo palestinese perché ponga fine alla istigazione ed all´odio contro gli ebrei e contro Israele».
Un discorso forte, che la delegazione palestinese si è però ben guardata dall´applaudire. Per vecchi rancori e partito preso o forse per quella frase («il test più importante al quale i dirigenti palestinesi sono chiamati e quello di dimostrare che sono in grado di rispettare gli accordi presi, per mettere fine al terrorismo e distruggere tutte le sue infrastrutture») che qualcuno ha voluto leggere come una minaccia: «Fino a quando questo non sarà fatto Israele saprà come difendersi dagli orrori del terrorismo».
Il presidente dell´Anp Abu Mazen gli ha indirettamente risposto sostenendo che l´Autorità Nazionale Palestinese ha il pieno controllo della situazione nella striscia di Gaza. Abu Mazen era di ritorno da una visita a Rafah (frontiera con l´Egitto) dove negli ultimi giorni, dopo il ritiro di Israele, migliaia di palestinesi hanno sconfinato illegalmente entrando indisturbati in territorio egiziano. Nei giorni scorsi lo stesso leader palestinese aveva denunciato lo stato di caos e di anarchia nell´area e aveva affermato la volontà di ristabilire rapidamente l´ordine nella zona.
Israele ha approfittato dell´assemblea generale delle Nazioni Unite per nuovi contatti con leader arabi e musulmani. Il ministro degli Esteri Silvan Shalom ha organizzato ieri un incontro con il collega del Qatar, Sheik Hamad bin Jassim, dopo che il ministro del Qatar aveva invitato il mondo arabo ad «aprirsi ad Israele» come risposta al ritiro degli israeliani dalla Striscia di Gaza.
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