Il CORRIERE DELLA SERA di venerdì 16 settembre 2005 pubblica a pagina 24 un editoriale di Magdi Allam che riportiamo:A riel Sharon e Ali Al Sistani non hanno nulla in comune. Se non il forte attaccamento alla pace per i rispettivi popoli. Una pace che affondi in una solida sicurezza, fatta di valori e principi condivisi. A loro va il merito di aver impresso una svolta storica nelle due aree più cruciali per il destino del Medio Oriente: il conflitto israelo-palestinese e l'Iraq. Facendo fare anche un passo in avanti all'impegno collegiale della comunità internazionale contro il nemico dell'insieme umanità: il terrorismo globalizzato di matrice islamica. Ecco perché Sharon e al-Sistani meriterebbero di essere insigniti, ex aequo, del premio Nobel per la pace.
La mia è una proposta che parte dalla presa d'atto della realtà sul terreno. Che di per sé offre una convincente ragione per sentirsi fiduciosi. Ma vuole anche essere un incentivo ad andare avanti per il completamento di un processo di pace nella regione più vitale per le sorti del mondo. Da parte nostra rappresenterebbe un significativo contributo a radicare il valore più caro e oggigiorno più a rischio, la sacralità della vita di tutti, in un contesto in cui le barbarie del nichilismo hanno prodotto e messo in azione dei robot della morte che a Gerusalemme, Bagdad e altrove disconoscono il valore della vita propria e altrui.
Potrà sorprendere i più ma è un dato di fatto che per la prima volta i palestinesi nella loro storia contemporanea possono autogestire una porzione importante di territorio di ciò che si spera diventerà uno Stato indipendente.
E lo si deve alla coraggiosa decisione del primo ministro israeliano Sharon di evacuare tutte le colonie ebraiche dalla Striscia di Gaza. Il successo di Sharon-uomo di pace si è reso possibile grazie alla credibilità di Sharon-uomo della fermezza, che è riuscito a creare un solido argine all' offensiva del terrorismo che disconosce il diritto di Israele all'esistenza e legittima il massacro degli ebrei.
Piaccia o meno il Muro eretto da Sharon, il consistente calo degli attentati terroristici in Israele è stato uno sviluppo positivo anche per i palestinesi. Perché ha accresciuto le quotazioni della leadership pragmatica del premier Abu Mazen e, dopo il ritiro da Gaza, offre un fondamento concreto su cui edificare uno Stato palestinese che conviva in pace e sicurezza al fianco di Israele.
Il vero nemico per i palestinesi, gli israeliani e gli iracheni è uno solo: il terrorismo. Che a dispetto dei paradigmi ideologici non è la conseguenza dell'occupazione ma, all'opposto, una deliberata strategia per sabotare la pace. Tanto è vero che i primi kamikaze di Hamas e della Jihad si fecero esplodere sugli autobus di Gerusalemme e Tel Aviv nell'ottobre del 1993, all'indomani della storica stretta di mano tra Rabin e Arafat alla Casa Bianca. Un terrorismo che è di natura aggressiva, non reattiva. Tanto è vero che ha trasformato l'Iraq nel fronte di prima linea di una «guerra santa islamica» alquanto singolare e terrificante, in cui i carnefici e la quasi totalità delle vittime sono tutti musulmani.
Apagare il prezzo di sangue più alto sono gli sciiti che rappresentano la maggioranza degli iracheni. Condannati dai sunniti wahhabiti come eretici e di cui il tagliagole al-Zarqawi ha legittimato il massacro. Da quando gli iracheni si sono affrancati dalla tirannia di Saddam Hussein, i terroristi suicidi di Al Qaeda hanno mietuto stragi nelle moschee e nelle città sciite, con l'intento deliberato di far scatenare la guerra civile e far fallire il processo di pacificazione e democratizzazione dell'Iraq. Ebbene se ciò non è finora avvenuto lo dobbiamo alla saggezza e alla determinazione del grande ayatollah Al Sayid Ali al Husseini al Sistani, il leader spirituale degli sciiti iracheni. Che ha impartito un ordine perentorio: nessuna rappresaglia per gli attentati terroristici, non bisogna cadere nella trappola dei terroristi. E che ha favorito lo sviluppo di un processo di democratizzazione dell' Iraq in senso moderno e laico, ordinando al clero sciita di non intromettersi negli affari politici.
Il mondo deve essere grato a Sharon e Al Sistani per aver difeso la causa della pace e per essersi impegnati a fondo per contrastare la guerra del terrorismo che minaccia tutti noi. Se il loro impegno avrà successo, la sicurezza e la pace diventeranno un patrimonio per il Medio Oriente e si consolideranno ovunque nel mondo.
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