Le dimissioni di Amos Luzzato
rassegna di quotidiani
Testata:
Data: 15/09/2005
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: Le dimissioni di Amos Luzzato
LA STAMPA di giovedì 15 settembre 2005 pubblica a pagina 13 un articolo di Francesco Grignetii sulle dimissioni presentate dal presidente dell'Ucei Amos Luzzato per le polemiche seguite a una sua intervista sulle dichiarazioni del parlamentare di Forza Italia Guido Crosetto (che aveva ricondotto il caso Fazio a fantomatiche mire della finanza ebraica e massonica sulle banche italiane)

Il titolo, ambiguo per chi non conosce la vicenda è "Bufera sulla "lobby ebraica". Luzzato dà le dimissioni".

Ecco il testo:

La tempesta è arrivata forte e inaspettata: il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane-Ucei, Amos Luzzatto, ha dato le dimissioni per via di alcune critiche che ha ricevuto dopo un’intervista al «Corriere della Sera» dei giorni scorsi a proposito del governatore Fazio, di certe esternazioni antisemite dell’onorevole Guido Crosetto (Forza Italia) e del presunto complotto della finanza ebraica internazionale per impadronirsi delle buone banche cattoliche italiane. «Si sono verificate polemiche e divergenze di giudizi - si limita a dire l’anziano presidente dell’Ucei - su alcune mie dichiarazioni che mi fanno dubitare di essere tuttora legittimato da una maggioranza dei consiglieri». E quindi Luzzatto ha messo a disposizione il suo mandato. Se ne parlerà domenica prossima, a Milano, al consiglio generale dell’Unione. Ma già fioccano tra gli ebrei italiani gli appelli a ripensarci, a non drammatizzare, a non dividersi.
La miccia di tanta esplosione è stata una gaffe: nell’intervista, smentendo l’esistenza di presunte lobbies finanziarie ebraiche, Luzzatto definiva «non ebreo» lo scomparso finanziere Camillo De Benedetti. Diceva così: «E se mi citano Camillo De Benedetti e Carlo De Benedetti, ricordo che non sono ebrei malgrado il nome: chi non ha simpatia per loro li chiama ebrei, ma così chiameranno ebreo anche il Papa». E invece il torinese Camillo De Benedetti era ebreo, eccome. Luzzatto è corso ai ripari il giorno dopo con una precisazione, ma il danno ormai era fatto. Gli eredi del finanziere si sono molto risentiti. Mario De Benedetti ha dato le dimissioni dalla sua carica nei probiviri dell’associazione: «Ho letto - gli ha scritto - con grande rammarico il testo dell’intervista. Non ritengo ammissibili le parole ivi riportate. Reputo personalmente tale simile errore una vera e profonda offesa alla memoria di mio padre e di tutta la mia famiglia». Claudia De Benedetti, che è membro del consiglio Ucei e ha la delega agli affari giovanili, si è risentita altrettanto: «Tranne la parte a commento delle affermazioni dell’on. Crosetto, quell’intervista mi è parsa gratuita. Per non parlare poi del passaggio su mio padre Camillo, definito un "non ebreo". Lo siamo da 25 generazioni. Ci sono rimasta male: questa è la verità».
Fin qui, poteva ancora rimanere un incidente circoscritto. Ma poi ci si è messo un sito Internet molto seguito in ambito ebraico, www.informazionecorretta.it, che ha dato spazio alle polemiche. Dapprima con un corsivo: «Era meglio se Luzzatto si limitava a esprimere il suo pensiero sul "complotto" invece di addentrarsi sulle vicende della Banca d’Italia. Ma tant’è, meglio che niente». Poi, lunedì scorso, con un feroce commento di Giorgio Israel (che è un influente professore universitario romano nonché commentatore assiduo del «Foglio» di Giuliano Ferrara): «Ha fatto molto peggio di niente. Prendendo posizione così nettamente contro il governatore Fazio, ha avallato l’ipotesi che gli ebrei stiano tutti su quel fronte, visto che parlava come presidente dell’Ucei. Quindi, potrebbe dire qualcuno, l’ombra di qualche congiura c’è». Per concludere: «Un autentico disastro».
Il professor Israel, in verità, ha dato voce al dissenso di un pezzo della comunità. Insomma, dietro alla questione della gaffe, fa capolino la politica. Più che Fazio sì/Fazio no, la questione riguarda l’annoso problema dei rapporti con il centrodestra (Luzzatto non è certo un simpatizzante di Berlusconi) e con la politica in generale. Dopo un pomeriggio di maretta, in serata, è però arrivato un appello della comunità ebraica romana a ripensarci, tanto più «all’indomani dell’inaudite parole dell’on. Crosetto che hanno suscitato in tutti noi rabbia, frustrazione e sconcerto. Legittima e forte è stata dunque la reazione di Luzzatto che ci troverà sempre al suo fianco contro ogni rigurgito del pregiudizio antiebraico».
Elena Loewenthal commenta la vicenda nell'articolo "Il suo errore? ridimensionare il pregiudizio" pubblicato sempre dalla STAMPA.

Ecco il testo:

Il rispetto della memoria non sempre ha bisogno di parole: a volte un composto silenzio è il modo migliore per ricordare chi non è più fra noi. Verso la virtù del tacere l’ebraismo, che pure (o forse proprio per questo) è la civiltà della parola, nutre una sorta di venerazione. E nel trambusto che in questi giorni fa eco alle dichiarazioni rilasciate da Amos Luzzatto, presidente uscente delle comunità ebraiche italiane, si rimpiange davvero un poco di silenzio. Per rispetto della memoria, della verità storica e di quella umana.
Rispondendo infatti alle domande del suo intervistatore, Amos Luzzatto si è inoltrato nei complessi, a volte inafferrabili meccanismi della finanza. Ha espresso con grave spontaneità i propri giudizi in merito alle vicende bancarie che in questi giorni occupano le pagine dei giornali. E fin qui, nulla da eccepire. Il punto che invece ha sollevato una quantità di reazioni fra lo sbalordito, l’indignato e l’incredulo dei suoi correligionari è quando, abbandonata l’attualità, Luzzatto ha cercato di replicare alle improvvide dichiarazioni di Guido Crosetto e della sua fantomatica lobby ebraica dell’alta finanza. Anzi, decisamente massoneria. La riposta di Luzzatto è un inquietante contraltare al pregiudizio: invece di liquidarlo come tale, ha preferito mettere tranquillo il suo interlocutore. E a suo modo avvalorare il pregiudizio. Gli ha detto in sostanza: non preoccuparti, la finanza ebraica «è limitata a qualche singolo personaggio». Dunque, è una lobby fiacca e sporadica, non c’è nulla da temere. Abbaia appena, figuriamoci se morde.
La questione non è l’inoffensività di questa lobby. E’ la sua inesistenza. Di contro, invece, alla tenace esistenza del pregiudizio. Che non è mai suscettibile di minimizzazioni. Il pregiudizio non ci si può mai permettere di ridimensionarlo, perché così lo si asseconda: va invece sradicato. L’oscuro legame fra ebrei e denaro, nel caso specifico, ha una sua radice storica ben precisa: per una lunga parte del Medioevo e dell’età moderna agli ebrei era consentito il permesso di residenza (e di esistenza) a patto che aprissero un banco di prestito. Attività che il cristianesimo ha considerato per millenni illecita, perché fondata sullo sfruttamento economico di qualcosa che è patrimonio esclusivo di Dio: il tempo. Ma nell’economia urbana e rurale il prestito era necessario: per questo si «usarono» gli ebrei.
Da questa forma di emarginazione nasce l’idea malsana che gli ebrei abbiano un rapporto oscuro e demoniaco con il denaro. Tutto questo andava spiegato. Senza assecondare il pregiudizio, facendo nomi e vellicando insinuazioni, come invece ha fatto Amos Luzzatto in quell’intervista, gettando nello scompiglio tutta la comunità ebraica del nostro Paese. Con una postilla non da poco che strappa a tutti noi un accorato rimpianto del silenzio. Fra i nomi dei pochi (troppo pochi per essere pericolosi) ebrei «collusi» con la finanza egli ne declina due che, a suo parere, «non sono ebrei malgrado il nome». Quel nome è De Benedetti. Ora, l’ebraismo ha, oltre che del silenzio, anche un profondo rispetto del senso di responsabilità, come dice un antico adagio che comincia così: «Se non io per me, chi altri?». A ciascuno spetta declinare la propria identità. Non tocca ad altri farlo, e men che meno sulle pagine di un giornale. Men che meno se questo qualcuno non è più con noi, come nel caso di Camillo De Benedetti: una persona che ha vissuto con «l’orgoglio e la fierezza di essere ebreo», come ricordano i suoi figli e chi l’ha conosciuto. Cui l’ebraismo italiano deve molto. Se fosse ancora con noi ora accennerebbe il suo indimenticabile, ironico (e silenzioso) sorriso e fra sé e sé della alzata di ingegno di Amos Luzzatto penserebbe: «Ma cosa diavolo gli salta in mente?».
Il CORRIERE DELLA SERA pubblica a pagina 6 l'articolo di Paolo Conti "Zevi: lui sa rispettare le opinioni Ma su Sharon e politica italiana il mondo ebraico rimane diviso".

Ecco il testo:

Forse su Amos Luzzatto, dicono, ha vinto la stanchezza e una forma fisica non eccellente. E le polemiche. Ecco cosa ha scritto Giorgio Israel, matematico, saggista di questioni ebraiche, sul sito www.informazionecorretta.com che segue ogni intervento sull’ebraismo italiano e internazionale: «Prendendo posizione così nettamente contro il governatore Fazio, ha avallato l’ipotesi che gli ebrei stiano tutti su quel fronte visto che lui parlava come presidente dell’Unione delle comunità ebraiche. Quindi, potrebbe dire qualcuno, l’ombra di qualche congiura c’è... Un autentico disastro». L’opinione di Israel ha un peso enorme. È uno dei possibili candidati alla successione di Luzzatto nelle elezioni di primavera. Non è escluso, insomma, che sullo sfondo ci sia proprio quell’appuntamento, che qualcuno potrebbe voler anticipare perché troppo a ridosso delle elezioni politiche. Israel, col presidente della Comunità romana Leone Paserman, è l’esponente di punta dell’ala romana di «Per Israele», lista maggioritaria nella Capitale, ala liberal e più filo-israeliana dell’ebraismo italiano. Nel 2002 la lista presentò a Roma come capolista Fiamma Nirenstein che duellò con Gad Lerner, alla guida della lista progressista «Keillah», «Comunità». Vinse Fiamma Nirenstein per 78 voti. Fu un confronto che tuttora aiuta a capire la divisione della comunità italiana. Da una parte chi si riconosce nelle tesi espresse proprio da Nirenstein nel suo libro «L’abbandono, come l’Occidente ha tradito gli ebrei», atto di accusa contro l’antisemitismo contemporaneo europeo anche di stampo progressista: proprio il tema ritornato a galla in queste ore. Quindi una vicinanza indiscussa con Israele e il suo attuale governo, con un forte richiamo al retaggio religioso. Il tutto senza mai negare il diritto a uno Stato palestinese.
Dall’altra l’atteggiamento della lista «Keillah» (diventata nel 2004 a Roma «Per i giovani, insieme»). I distinguo verso il governo Sharon sono stati numerosi, negli anni. Basta leggere gli appelli del gruppo romano «Martin Buber-Ebrei per la pace» di cui fanno parte Giorgio Gomel, responsabile delle relazioni internazionali della Banca d’Italia, l’architetto Luca Zevi e Victor Magiar, scrittore, uomo Ds. Si leggeva per esempio in un documento del 2002 che la strategia Sharon «è destinata a perpetuare il violento conflitto che da tanti anni oppone le due nazioni, israeliana e palestinese, entrambe con diritti legittimi a uno Stato». Nelle idee del gruppo «Martin Buber» (critiche a Sharon, tenendo però fermissima la solidarietà a Israele) si riconoscono per esempio Rita Levi Montalcini, Moni Ovadia e Miriam Mafai.
Per dirla con Luzzatto (presidente di mediazione) «il punto di discrimine tra gli schieramenti è nei confronti del governo di Israele. Per il centrodestra l’adesione dev’essere totale. Per il centrosinistra, invece, il giudizio può essere articolato». In questo quadro gioca anche la politica italiana. Qualcuno sussurra («con amarezza») che Luzzatto avrebbe ricevuto un insistente invito a candidarsi nel centrosinistra. Così come c’è chi sottolinea gli ottimi rapporti della lista «liberal» col governo Berlusconi e soprattutto con Gianfranco Fini dopo il suo viaggio a Israele: sarebbe stato Gianni Letta a telefonare martedì a Paserman per annunciare la lettera di scuse di Berlusconi sul caso Crosetto, dopo le critiche contenute nell’editoriale del Corriere della Sera . Ma l’ebraismo è cosa ben complessa, perché Riccardo Pacifici (vincitore incontrastato a Roma nel 2004 con la lista «Per Israele») collabora con tutte le iniziative varate a Roma da Walter Veltroni, di cui è amico personale. Ma forse domenica tutto finirà col ritiro delle dimissioni di Luzzatto. Dice Tullia Zevi, ex presidente dell’Unione nazionale: «Luzzatto rispetta le opinioni altrui e conosce a fondo Israele come pochi ebrei italiani, il suo spessore culturale è indubbio». Magari, chissà, su questo si ritroveranno gli ebrei italiani.
E un' intervista di Alessandro Trocino al portavoce della comunità ebraica di Milano Yasha Reibamn, "Reibman: ha sbagliato a schierarci su Fazio":
MILANO - «Le parole di Guido Crosetto sulla finanza ebraica sono inaccettabili e sottoscrivo completamente quanto ha detto Amos Luzzatto al Corriere della Sera . Questo, però, non può modificare il nostro giudizio sulla politica dell’attuale maggioranza». Yasha Reibman, portavoce della comunità ebraica milanese, interviene sulla polemica che ha portato Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche, sull’orlo delle dimissioni. Crosetto ha evocato massoneria e finanza ebraica.
«Ha perso un’occasione per stare zitto. Le cose che ha detto sono imbarazzanti per lui».
La «finanza ebraica» è un potere forte in Italia?
«Non esiste la finanza ebraica. Gli ebrei non hanno soldi in quanto tali. Anzi, fanno fatica a raccoglierne per le fondazioni che si occupano di scopi sociali. E poi l’Aiax è stata fondata da ebrei e l’Inter ha avuto un presidente ebreo, Olivetti: questo non fa degli ebrei degli esperti di calcio».
C’è il pericolo di un ritorno dell’antisemitismo?
«L’antisemitismo c’è già, a destra come a sinistra. Quante volte è stato detto che "la potente finanza israeliana" influenza gli Stati Uniti».
Settanta deputati di Forza Italia hanno espresso solidarietà a Crosetto, nonostante lui stesso abbia frenato.
«Immagino sia una solidarietà umana e non politica».
Condivide l’intervista di Luzzatto al Corriere ?
«Sottoscrivo le sue parole su Crosetto. Ma il nostro giudizio sul governo non cambia».
Cioè?
«Questa maggioranza e questo governo hanno saputo mantenere buone relazioni con la democrazia israeliana. Come ebreo italiano sono doppiamente contento».
Le scuse di Berlusconi?
«Sono benvenute e apprezzate, ma non erano necessarie: parlano gli atti concreti di questi cinque anni di governo».
Secondo Luzzatto, Fazio si dovrebbe dimettere.
«Non vedo l’interesse della comunità ebraica per una soluzione piuttosto che per un’altra. Non ho elementi per dirlo e sinceramente non ne vedo. Se Luzzatto ne ha, sarei curioso di sentirli».
Luzzatto ha definito «non ebreo» Camillo De Benedetti. Il figlio, nel collegio dei probiviri, si è dimesso per protesta.
«È stato un infortunio, ma capisco che Mario si sia risentito. Sono convinto che domenica l’equivoco sarà chiarito».
A questo punto possono rientrare le dimissioni di Luzzatto?
«Mi auguro che le divergenze lamentate si appianino».
L'UNITA' on line il 14 settembre pubblicava l'articolo "Accuse di "lobby ebraica". Luzzatto contestato annuncia: «Mi dimetto»".
Vi si trova una concezione "complottista", propensa a scorgere dietro le diversità di opinione le manovre occulte di non meglio precisate "ali dure", in fondo non molto diversa da quella dell'onorevole Crosetto.

Ecco il testo:

Amos Luzzatto, presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, è pronto a lasciare il suo incarico. Ha iscritto nell'ordine del giorno del Consiglio dell'Unione, previsto domenica prossima a Milano, le sue dimissioni. Dimissioni che arrivano proprio all’indomani della polemica scatenata dall'intervista da lui concessa al Corriere della sera su Bankitalia e sulle dichiarazioni di Guido Crosetto, responsabile credito di Forza Italia. All'interno delle comunità ebraiche ci sarebbero infatti state forti critiche alle risposte da lui date al giornale. Critiche che lo stesso Luzzatto ha interpretato come una delegittimazione interna.

Ha infatti dichiarato: «Si sono verificate polemiche e divergenze di giudizi su alcune mie dichiarazioni che mi fanno dubitare di essere tuttora legittimato da una maggioranza dei consiglieri». E ha spiegato poi: «Non mi riferisco in maniera specifica soltanto alla mia intervista sulle dichiarazioni dell'onorevole Crosetto di Forza Italia».

Nell’intervista, pubblicata domenica scorsa, il presidente dell'Ucei, aveva replicato alle accuse lanciate da Crosetto su un «complotto della massoneria ebraica» per fare fuori il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio. «Questo è un linguaggio molto preoccupante - aveva detto Luzzatto - perché in una concezione antisemita, gli ebrei sono i più ricchi, dominano il mondo, controllano i flussi finanziari». Ma soprattutto il presidente aveva messo in guardia: «Mi pare che questa della lobby ebraica sia un’ossessione ricorrente nei periodi di crisi, che fa riemergere fantasmi già visti negli anni ’30».

Una risposta forte che potrebbe aver scatenato reazioni nell’ala oltranzista del consiglio dell'Ucei spingendo il presidente a mettere in discussione il suo mandato. Luzzatto è un intellettuale progressista e come tale è stato scelto a dirigere il consiglio delle comunità ebraiche d'Italia nel '98 e poi nel 2002 oltre che per il suo no a qualsiasi compromesso sulla difesa d’Israele e sulla lotta all’antisemitismo.

Adesso che paventa di lasciare, la comunità ebraica romana reagisce freddamente: «Non è affare nostro entrare nel merito delle decisioni che spettano ai consiglieri dell'Unione delle comunità». Un commento, quello del portavoce e vicepresidente Riccardo Pacifici, a cui ha aggiunto una stoccata polemica: «Una cosa però è certa, che le polemiche seguite all'intervista non sono nate per le doverose condanne espresse da Luzzatto nei confronti del responsabile del Credito di Forza Italia Crosetto. Condanne che tutti abbiamo apprezzato all'unanimità; quanto piuttosto – ha precisato Pacifici - per l'aver definito Camillo De Benedetti, scomparso alcuni anni fa, non appartenente alla comunità ebraica. Motivo per il quale il figlio Mario, membro del collegio dei probiviri, aveva presentato le sue dimissioni».
Un testo analogo lo pubblica il 15 settembre EUROPA, in prima pagina e a pagina 2.

Ecco l'articolo "Bankitalia, terremoto tra gli ebrei", che riportiamo:

La massoneria ebraica e americana. Le mani sopra le banche italiane. Le lobby finanziarie. Quelli che sembravano inquietanti e beceri rigurgiti di antisemitismo d’antan rischiano di creare un terremoto nell’Unione delle comunità ebraiche in Italia. Il presidente Amos Luzzatto ieri ha messo a disposizione dell’Ucei le proprie dimissioni. Un esito paradossale visto che proprio Luzzatto aveva difeso la comunità da certe «ossessioni ricorrenti in periodi di crisi» e da certi «fantasmi già visti negli anni Trenta» che riecheggiavano nella parole di Maurizio Crosetto, onorevole di Forza Italia, sconfessato dal suo stesso leader. La replica di Luzzatto raccolta dal Corriere della Sera, però, ha creato anche qualche malumore interno. Tanto che oggi c’è chi vorrebbe utilizzarla contro di lui, colpevole di una gaffe sul finanziere Camillo De Benedetti, che ha provocato le dimissioni del figlio Mario dal collegio dei probiviri dell’Ucei.
Domenica, a Milano, il consiglio generale dovrà decidere sul mandato di Luzzatto, 77 anni, in scadenza nel 2006. Già tre anni fa, al momento dell’elezione, la comunità si spaccò tra la corrente più vicina al centrodestra (che ha la maggioranza a Roma e Milano) e le altre comunità più orientate a sinistra.
Luzzatto fu indicato proprio come il punto di equilibrio tra le due anime. E oggi? Non è un segreto che il presidente sia arrivato alla decisione di ieri non tanto per l’uscita un po’ più che maldestra dell’onorevole Crosetto, quanto per gli attacchi interni che da qualche tempo arrivano al presidente dell’Ucei.
Per esempio da Giorgio Israel, firma del Foglio, che sul sito Informazionecorretta.
it, ha scritto: «Non pensiamo che egli abbia fatto meglio di niente. Ha fatto invece peggio di niente, molto peggio di niente. Quell’intervista è un autentico disastro». Al presidente dell’Unione Israel (che si dice aspiri alla successione) rimprovera di aver preso posizione per le dimissioni del governatore Fazio «avallando così l’ipotesi che gli ebrei siano su quel fronte, visto che lui parlava come presidente dell’Ucei». Nella comunità di Milano c’è anche chi dice «Luzzatto è un medico, cosa ne sa di finanza».
Insomma un attacco in piena regola e ben orchestrato, funzionale forse solo a indebolire la posizione del presidente che, vista l’età, potrebbe anche decidere di farsi da parte.
«Si sono verificate polemiche e divergenze di giudizi su alcune mie dichiarazioni che mi fanno dubitare di essere tutt’ora legittimato da una maggioranza dei consiglieri» ha confermato ieri Luzatto.
Se alla fine le dimissioni non rientreranno si dovrà concludere che una gaffe è stata più rumorosa della difesa da certi fantasmi. Un esito che forse nemmeno l’Ucei si augura, almeno a sentire il portavoce della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, «fiducioso» che domenica la questione delle dimissioni «rientri totalmente ». Ieri è girato anche un appello, firmato tra gli altri anche da Emanuele Fiano e Gad Lerner, in difesa di Luzzatto.
È possibile che si arrivi a un compromesso, con il mandato consegnato per un anno al vice di Luzzatto, il moderato Claudio Morpurgo. Solo una tregua, forse, in attesa dell’attacco finale.
Informazione Corretta pubblicherà nei prossimi giorni un nuovo intervento di Giorgio Israel sulla vicenda.


Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa, Corriere della Sera, L'Unità ed Europa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

lettere@lastampa.it ; lettere@corriere.it ; lettere@unita.it ; lettere@europaquotidiano.it