Dal sito it.danielpipes.org riportiamo tre articoli interessanti.
"Per quale motivo le società finanziano l'Islam radicale" ripreso da Frontpage Magazine e pubblicato anche da L'OPINIONE di mercoled' 14 settembre 2005:Quanto incassa il Council on American-Islamic Relations (CAIR) (ed altri nell'industria della vittimizzazione islamista) quando intenta causa ad una società? È quanto si chiede Margaret Wente, columnist di punta del Globe and Mail, in un'acuta analisi pregna di implicazioni.
L'articolo della Wente prende in esame il famoso caso di Jeffrey Rubin, responsabile del settore economia della divisione che si occupa dei mercati internazionali della Canadian Imperial Bank of Commerce (CIBC). Il 5 aprile 2005, in un report rivolto ai clienti egli predisse con accuratezza che il prezzo del petrolio sarebbe aumentato:
La prima delle due crisi petrolifere (negli anni Settanta) fu transitoria, dal momento che gli eventi politici incoraggiarono i produttori petroliferi ad acquisire la piena sovranità sulle risorse e a ridurre temporaneamente le forniture. Stavolta non vi sarà alcun rubinetto che qualche mullah o sceicco rabbonito con concessioni possa improvvisamente aprire.
In reazione alla frase "qualche mullah o sceicco rabbonito con concessioni", il direttore esecutivo della sede canadese del CAIR, Riad Saloojee, protestò presso la CIBC:
Siamo seriamente preoccupati del fatto che il signor Rubin stia promuovendo degli stereotipi riguardanti i musulmani e gli arabi tra le pagine di una pubblicazione della CIBC. Chiediamo che Rubin e la divisione della CIBC che si occupa dei mercati internazionali scrivano una lettera di scuse e seguano un corso di sensibilizzazione nei confronti degli arabi e dei musulmani.
Successivamente, Saloojee ha mostrato il suo cruccio dicendo semplicemente: "Parecchi musulmani considerano i commenti fuori luogo". I motivi addotti da Saloojee sono assolutamente futili dal momento che i mullah (iraniani) e gli sceicchi (della Penisola araba) prendono le decisioni chiave di aprire o chiudere i rubinetti del petrolio. Ma ciò non fu affatto importante per la CIBC che soddisfece subito le richieste di Saloojee presentando le pubbliche scuse e chiedendo a Rubin (definito dalla stessa CIBC come "uno dei più autorevoli economisti canadesi di lunga data") di seguire un corso sulla multiculturalità.
Riguardo a questo secondo punto la Wente fornisce alcuni dettagli interessanti. Il corso è stato tenuto da Lariane Kaminsky, vicepresidente esecutivo della Graybridge Malkam, la società composta da esperti in diversità con sede ad Ottawa. La Kamisnky ha messo a punto un programma ad hoc per Rubin, e la CIBC ha sborsato la bellezza di 5.000 dollari canadesi per una seduta della durata di due ore. (Da giornalista d'assalto, la Wente ha seguito volontariamente lo stesso intensivo di Rubin e racconta di aver appreso "un misto di informazioni "anodine, ovvie e interessanti".)
Perché questa improvvisa marcia indietro da parte della CIBC, quando Rubin aveva scritto un accurato ed inoffensivo brano? Perché la banca non ha preso le parti del suo economista di punta?
In quanto a ciò, per quale motivo molte altre società hanno capitolato di fronte alle richieste del CAIR e di quelli della sua specie? Ho riscontrato che nel 2000 molte altre società (Anheuser-Busch, Burger King, Double Tree Hotels, Los Angeles Times, MasterCard International, Miller Brewing e Seagrams) avevano lanciato delle campagne pubblicitarie che furono considerate offensive da parte degli islamisti. La Disney tenne a freno in due delle sue emittenti radiofoniche Michael Graham e Paul Harvey. Due aziende di abbigliamento, la Liz Claiborne e la Warehouse One, ritirarono dal commercio o interruppero la produzione di abiti femminili che riportavano delle scritte in arabo. Il peggiore caso di questa politica di eccessive concessioni si verificò tra il 1997 e il 1998 quando la Nike, a causa di una falsa protesta da parte del CAIR, accettò di farsi umiliare da quest'ultimo.
La Wente fornisce diversi motivi che hanno alimentato casi di diffusa timidezza da parte delle società e delle aziende commerciali. Innanzitutto, resistere agli islamisti significa dover assorbire un'onda d'urto nociva sotto il profilo delle pubbliche relazioni:
giacché l'immagine e la reputazione sono di estrema importanza, le grosse organizzazioni sono vulnerabili ai piccoli gruppi di interesse che alzano la voce. Neppure l'amministratore delegato desidera che i suoi azionisti, i dipendenti, i clienti ed il consiglio d'amministrazione acquistino un quotidiano e leggano dei titoli attestanti che qualcuno sta boicottando la loro azienda in quanto considerata anti-musulmana.
Secondariamente (e al contrario) pubblicizzare la diversità aiuta a vendere:
Lo stesso giorno in cui questa settimana la CIBC ha postato la notizia della perdita record di tre quarti del proprio capitale – 1,9 miliardi di dollari – a causa del catastrofico scandalo Enron, nello stesso comunicato stampa essa ha rammentato alla gente che a giugno è stato celebrato per il tredicesimo anno consecutivo il Mese della Diversità.
In terzo luogo, oltre alla questione delle pubbliche relazioni si profila l'aspetto legale:
negli Stati Uniti, dove le leggi sono severe e i giurati inflessibili, le compagnie che perdono le cause per discriminazione possono essere costrette a sborsare milioni di dollari. "Meglio chiamare me prima di chiamare l'avvocato" ha asserito la Kaminsky sorridendo.
La Kaminsky qui allude alla dimensione correttiva del suo operato. La Wente osserva che la seduta con Rubin
è adesso formalmente documentata nel suo dossier personale in cui la banca si tira fuori dai guai se qualcuno intende in seguito citarla in giudizio o invocare qualche legge che si applichi ai reati a sfondo razziale oppure se intende protestare presso una commissione che tutela i diritti umani. La CIBC ha preso dei provvedimenti correttivi con il suo offensivo funzionario? La CIBC è veramente sensibile alle questioni della diversità? Sissignoreeee!!!
In altre parole, la Wente arguisce che la banca "ha intrapreso la strada della minima resistenza. Essa ha trovato un modo rapido e sordido per risolvere il problema".
Commenti: 1) Nel suo volume intitolato Shakedown, Kenneth Timmerman mostra come Jesse Jackson abbia sviluppato questa attività illegale facendo pratica nelle strade malfamate di Chicago. Ciò che ebbe inizio come bande di strada che minacciavano le attività commerciali del posto finì per funzionare con gli enti pubblici e Wall Street. Questa prassi è diventata una potente arma tanto negli Stati Uniti quanto in altri paesi occidentali; e gli islamisti stanno per fare lo stesso. Timmerman mi scrive che: "Jackson ha trasformato l'industria delle rimostranze in una attività lucrativa per se stesso e per la sua macchina politica, il CAIR ha studiato alla perfezione le sue tattiche e le sta applicando con successo".
2) In termini politici, i vertici della maggior parte delle società sono dei conservatori ma il loro comportamento volto a fare eccessive concessioni li rende fondamentalmente tolleranti. Per quanto molti di loro possano lamentarsi in privato del fatto di dover porgere le proprie scuse e sborsare dei soldi, soddisfano quanto viene loro chiesto.
3) Il mercato attribuisce una certa importanza a chi si fa un buon nome in ogni segmento di consumatori e ciò accresce il ruolo dei mercanti di rimostranze che continueranno in futuro ad esercitare potere sulle società. Questa miniera assicura agli islamisti e agli artisti dell'estorsione la possibilità di fare soldi e di essere sotto i riflettori pubblici. Per quanto possano essere loschi i mercanti di rimostranze, le aziende preferiscono ritirare i loro prodotti, chiedere scusa e pagare, piuttosto che combattere. La cosa peggiore è che non vedo nessuna regolamentazione giuridica né altri mezzi volti a cambiare questa dinamica
"E se gli Stati Uniti non avessero invaso l'Iraq", pubblicato dal Philadelphia Inquirer:Le cose sarebbero andate ben diversamente se George W. Bush non avesse deciso di invadere l'Iraq.
Per certi versi, la situazione sarebbe stata peggiore:
Il popolo iracheno starebbe ancora soffrendo sotto il governo totalitario di Saddam Hussein. La debole economia, le auto-bomba ed i conflitti etnici che gli iracheni si trovano a dover affrontare quotidianamente sono mali minori in confronto all'indigenza, all'ingiustizia, alla brutalità e alle barbarie alle quali essi vennero condannati tra il 1979 e il 2003.
La sicurezza regionale sarebbe stata a rischio. Saddam Hussein invase due paesi (l'Iran nel 1980 e il Kuwait nel 1990) e lanciò dei missili contro altri due Stati (l'Arabia Saudita e Israele); ci sarebbero state buone probabilità di nuove aggressioni, magari per osteggiare le rotte petrolifere del Golfo Persico. Inoltre, Saddam sponsorizzò il terrorismo suicida contro Israele e mantenne degli ottimi rapporti con lo scellerato regime di Bashar al-Asad di Siria.
La sicurezza americana sarebbe stata in pericolo con un Iraq governato da un megalomane che avrebbe avuto a disposizione i mezzi per costruire e utilizzare armi di distruzione di massa. Già nel 1988 Hussein aveva manifestato questa potenzialità, quando era più volte ricorso all'impiego di gas chimici perfino contro la sua stessa gente (nel 1988, in un villaggio uccise 5.000 persone). I suoi legami con al-Qaeda avrebbero potuto indurre Saddam a cooperare con l'organizzazione terroristica per l'utilizzo di armi di distruzione di massa negli Stati Uniti.
Ma se non ci fosse stata la guerra per altri versi la situazione avrebbe potuto essere migliore:
Gli atteggiamenti dei paesi europei nei confronti degli Stati Uniti sarebbero migliorati. I risultati elettorali ed altri dati mostrano che la guerra irachena ha acceso un'ostilità internazionale contro gli americani che non si era mai vista a partire dal 1945.
L'inquietudine musulmana è stata esacerbata dalla guerra. È manifesto un poderoso processo di radicalizzazione non solo nei paesi a maggioranza musulmana (Turchia, Giordania e Pakistan sono degli ottimi esempi) ma anche nei paesi occidentali (come nel Regno Unito).
La politica interna americana sarebbe stata meno tesa. La solidarietà del dopo 11 settembre era già logora prima del marzo 2003, data di inizio della guerra in Iraq, ma quella decisione acuì le tensioni, come simboleggiato dall'accresciuta acrimonia mostrata nelle elezioni presidenziali americane del 2004.
Generalizzando, i benefici della guerra sono quelli inerenti la sicurezza e le perdite sono quelle relative principalmente all'atteggiamento. Il mondo è più al sicuro con Saddam in attesa di giudizio e rinchiuso in una cella di prigione, ma è anche più diviso. L'amministrazione Bush ha avuto successo a livello militare, ma a livello politico ha fatto fiasco.
A conti fatti, la guerra ha apportato più cose positive che negative; impopolarità e acrimonia sono un prezzo che vale la pena pagare perché il governo iracheno non mette più in pericolo la sua popolazione o il resto del mondo.
Infine Il cristianesimo sta morendo nel suo luogo di nascita pubblicato dal
New York Sun:
La notte tra il 3 e il 4 settembre nei pressi di Ramallah, in Cisgiordania, ha avuto luogo ciò che alcuni osservatori definiscono un pogrom. Quella notte, 15 giovani musulmani del villaggio di Dair Jarir scatenarono la loro furia contro, il vicino villaggio cristiano di Taybeh, abitato da 1.500 persone.
Qual è il motivo di questo attacco? Una donna musulmana del villaggio di Dair Jarir, la ventitreenne Hiyam Ajaj, si era innamorata del suo datore di lavoro cristiano, Medhi Khouriyye, proprietario di una sartoria a Taybeh. La coppia mantenne per due anni una relazione clandestina e nel marzo scorso Hiyam rimase incinta. Quando la famiglia della giovane venne a saperlo, la uccise. Era l'1 settembre. Non essendo però ancora soddisfatti di aver perpetrato semplicemente questo "delitto d'onore" – poiché la legge islamica vieta categoricamente agli uomini non-musulmani di avere rapporti sessuali con donne musulmane – gli uomini della famiglia Ajaj cercarono di vendicarsi contro Khouriyye ed i suoi familiari.
Lo fecero due giorni dopo, attaccando Taybeh. La famiglia Ajaj insieme a degli amici irruppero nelle abitazioni e rubarono mobili, oggetti preziosi ed elettrodomestici. Lanciarono delle bottiglie molotov contro alcuni edifici e versarono del kerosene in altre abitazioni, per poi appiccare il fuoco. Danneggiarono almeno 16 case, alcuni negozi, una casa colonica ed un distributore di benzina. Gli assalitori danneggiarono automobili, si dettero ai saccheggi e distrussero una statua della Vergine Maria.
"Sembrava una guerra", ha raccontato a The Jerusalem Post un abitante di Taybeh. Trascorsero delle ore prima dell'arrivo delle forze di sicurezza dell'Autorità palestinese (AP) e dei vigili del fuoco. I 15 assalitori rimasero solo qualche ora in stato di fermo, per poi essere rilasciati. Quanto a Khouriyye, egli venne arrestato dalla polizia palestinese, messo in cella e ripetutamente picchiato (come racconta la sua famiglia).
Come osserva l'agenzia stampa Adnkronos International, per i palestinesi cristiani "il fatto che gli aggressori musulmani siano stati rilasciati mentre il proprietario della sartoria cristiano è ancora in galera, simboleggia nel migliore dei casi l'indifferenza mostrata dall'Autorità palestinese nei confronti della situazione in cui versano i cristiani palestinesi, e nel peggiore dei casi l'episodio mostra che l'AP prende posizione contro di loro".
Suleiman Khouriyye, un cugino dell'aggredito, additando la sua casa data alle fiamme ha asserito: "Lo hanno fatto perché siamo cristiani. E perché siamo quelli più deboli". La famiglia Khouriyye ed altri ricordano che gli aggressori inneggiavano Allahu Akbar e scandivano altri slogan anti-cristiani: "Al rogo gli infedeli! Al rogo i crociati!" Al che, un impenitente cugino di Hiyam Ajaj ha replicato dicendo: "Abbiamo ridotto in cenere le loro abitazioni perché hanno disonorato la nostra famiglia e non perché sono cristiani".
Questo attacco rientra in uno schema più ampio. Secondo il custode francescano di Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, tra il 2000 e il 2004 sono stati rilevati 93 casi di soprusi solo tra i cristiani che vivono nell'area di Betlemme. L'episodio più grave si è svolto nel 2002, quando i musulmani uccisero le due sorelle Amre, di 17 e 19 anni, considerate delle prostitute. Ma dall'autopsia risultò che le ragazze erano vergini – e che avevano subito delle torture agli organi genitali.
"Quasi ogni giorno, e sottolineo pressoché ogni giorno, le nostre comunità subiscono vessazioni da parte degli estremisti islamici di queste aree", chiosa padre Pizzaballa. "E se non sono membri di Hamas o della Jihad islamica, vi sono scontri con (…) l'Autorità palestinese". Oltre agli islamisti, pare che operi "una mafia musulmana". Con la complicità dell'Autorità palestinese. Essa minaccia i cristiani ed i proprietari delle abitazioni, riuscendo spesso a costringerli ad abbandonare i loro averi.
La campagna delle persecuzioni ha successo. Proprio mentre la popolazione cristiana di Israele è in aumento, quella dell'Autorità palestinese è in forte calo. Betlemme e Nazareth, storiche città cristiane da quasi due millenni, adesso sono a maggioranza musulmana. Nel 1922, a Gerusalemme i cristiani erano più numerosi dei musulmani; oggi, i cristiani ammontano a un mero 2% della popolazione della città.
"La vita cristiana è soggetta a ridursi a delle chiese vuote, a una gerarchia senza congregazione e priva di fedeli nel luogo di nascita del cristianesimo?" È quanto si chiede Daphne Tsimhoni tra le pagine del Middle East Quarterly. È difficile prevedere cosa impedirà allo spettro futuro di diventare realtà.
Un fattore che potrebbe contribuire ad evitare questo funesto esito sarebbe quello che le chiese protestanti alzassero la voce contro i musulmani palestinesi poiché costoro vessano e scacciano i cristiani palestinesi. Sinora, sfortunatamente, le chiese episcopale, luterana evangelica, metodista e presbiteriana, come pure la Chiesa Unita di Cristo, hanno ignorato il problema.
Piuttosto, esse perseguono l'auto-indulgente strada di manifestare la loro indignazione morale contro gli israeliani e arrivano perfino a ritirare i loro investimenti dallo Stato ebraico. Dal momento che esse sono ossessionate da Israele, ma rimangono in silenzio di fronte all'agonia in cui versa il cristianesimo nel suo luogo di nascita, ci si chiede cosa le renderà consapevoli di quanto sta accadendo.
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