IL FOGLIO di giovedì 8 settembre 2005 pubblica a pagina 3 l'editoriale "Viva Bolton", sullo scandalo Oil for food e sul futuro dell'Onu.Ci vorrà un bel po’ di tempo per spulciare le ultime, devastanti, mille pagine dell’inchiesta Oil for food presentate ieri da Paul Volcker. Si tratta del più gigantesco caso di corruzione Onu di sempre, con 21 miliardi di dollari di tangenti, mazzette e contrabbandi creati da un programma ideato per aiutare gli iracheni, ma gestito dalle Nazioni Unite, con il contributo di Francia e Russia, in modo tale da aiutare, rafforzare e riarmare Saddam, foraggiare la campagna di propaganda del regime e arricchire funzionari e faccendieri e politici, ma anche figli, fratelli, cognati, cugini, parenti, collaboratori, consiglieri e amici degli ultimi due segretari generali. Una sentenza di fallimento assoluta, definitiva, senza appello.
Il rapporto Volcker ha scritto nero su bianco che, al di là dei casi di corruzione personale, le Nazioni Unite non sono oggettivamente in grado di gestire programmi umanitari così grandi, ma neanche altri di entità inferiore. L’Onu così com’è non può funzionare, a meno che non sia riformata radicalmente. C’è, però, che la stanca cantilena sulla riforma dell’Onu risale al 1948: l’Onu non si era ancora riunita e gli Stati membri discutevano già di come cambiarla. Non c’è stato segretario generale che non abbia presentato le sue proposte di riforma: Kofi Annan è al quarto tentativo, il suo predecessore Boutros Boutros-Ghali ci aveva provato due volte, ma una riforma seria, reale ed efficace di questo baraccone è d’improbabile realizzazione, come dimostrano le trattative per il vertice dei capi di Stato del 16 settembre prossimo. La riforma del Consiglio di sicurezza, una riforma che non avrebbe riformato nulla, a meno che si pensi davvero che un Consiglio a 24 membri possa essere più efficace di uno a 15, è saltata, anzi scongiurata, grazie anche all’azione decisa del governo italiano. Quanto ai temi della pace, della sicurezza e della proliferazione nucleare, la già fiacca proposta di Annan è stata annacquata ancora di più e ridotta a un’inutile dichiarazione di intenti che rinvia il voto a data da destinarsi. Una farsa, più che una riforma. Nel documento non c’è neppure una chiara condanna del terrorismo né l’esclusione dei paesi violatori dei diritti umani dalla Commissione di Ginevra che ha l’obiettivo di tutelarli. L’ambasciatore americano John Bolton è un tipo spiccio: ha scoperto il gioco e invece di dire sì a un inutile pezzo di carta sta provando in extremis a riformare sul serio l’Onu. I suoi 700 emendamenti sono l’ultima remota speranza di salvataggio delle Nazioni Unite. E’ improbabile che riesca, ma chi ha a cuore l’Onu oggi dovrebbe allontanare il fallito e dannoso Annan e urlare "forza Bolton".
L'OPINIONE pubblica a pagina 5 l'articolo di Dimitri Buffa "Oil for food, Annan colpevole di negligenza e scarsa professionalità" che spiega perché le conclusioni della commissione Vocker sullo scandalo Oil for Food non salvano l'"onore" di Annan.
Ecco il testo:Kofi Annan forse non sarà stato corrotto da chi ha fatto i soldi sulla pelle
dei bambini iracheni approfittando di "Oil fo food" per svoltare qualche
miliardo, (almeno non ci sono le prove dice Paul Volcker, presidente
dell'audit interno all'Onu su tutto l'affaire, e vale per il segretario
generale dell¹Onu, come per tutti, la presunzione di innocenza) certo però
che la sua gestione non è quella che uno avrebbe potuto aspettarsi da un
segretario dell'Onu.
Per di più premio Nobel per la pace.
Il rapporto finale, da tempo atteso, sullo scandalo del programma umanitario
per l'Iraq, detto "Oil for Food", scagiona sul piano etico il segretario
generale dell'Onu Kofi Annan, ma gli addebita gravi errori di gestione. Il
solito compromesso per tenere sulla brace Annan in vista della riforma
dell'Onu, mettendolo in condizione di non potere aprire bocca, ma senza
troppo calcare la mano sugli affarucci suoi, del figlio, del predecessore
Boutros Boutros-Ghali, di tutta la banda di parenti e amici che certo non ha
patito la fame gestendo "Oil for food".
Le accuse erano ampiamente anticipate, e attese anche dallo stesso Annan.
Nella prefazione del rapporto si legge che "in realtà, il segretario
generale è diventato qualcuno che viene considerato come l'agente principale
sul piano diplomatico e politico. In questi tempi turbolenti, queste
responsabilità tendono ad essere sovrastanti." Mentre "i fatti dimostrano
ampiamente gli errori sul piano amministrativo".
Ma il senso politico del rapporto è quello che sottolinea l'urgenza di una
profonda riforma delle Nazioni Unite. Pratica alla quale gli Usa hanno
delgato l'ottimo John Boltom, uno che non soffre di sudditanza psicologica
verso il politically correct e il terzo mondismo che hanno sempre
caratterizzato l'Onu. E che solo per questo si è immeritatamente meritato la
nomea di "falco". In un mondo di "cojombe".
Molto furbescamente anche Kofi Annan, visto l'assist inaspettatamente
servitogli dalla commissione Volcker, che solo due settimane fa aveva invece
fatto filtrare le prove documentali della conoscenza da parte del segretario
generale del lavoro che il figlio Kojo faceva per la ditta Cotecna e delle
incredibili vicessitudini con cui venne riadottata nel giro degli appalti
Onu dopo l'estromissione del 1996 dovuta ad un altro caso di tangenti
stavolta legato all'ex dittaore del Pachistan Ali Bhutto, si è assunto la
responsabilità degli errori nella gestione del programma "Oil for food"
scoperti dalla commissione indipendente che oggi ha presentato il suo
rapporto al Consiglio di sicurezza dell'Onu. Meglio darsi da solo
dell'inetto che farsi dare del profittatore da una commissione d'inchiesta.
Poco prima il capo della commissione, Paul Volcker, aveva detto che le
responsabilità dello scandalo "devono essere ampiamente condivise", e non
gravano unicamente sul segretario generale delle Nazioni Unite.
Probabilmente questa fine in gloria del salmo è dovuta a una trattativa
sottobanco aperta anche con gli Stati Uniti d'America che non vogliono
ostacoli sulla via della riforma delle Nazioni Unite da intendere sempre di
più come "Community of democracies" piuttosto che come somma algebrica di
stati canaglia, dittature teocratiche e stati normali. Con questi ultimi
ormai sempre in minoranza anche nella Commissione che si dovrebbe occupare
dei diritti umani.
Comunque Anann non esce bene da quelle quattro righe al vetriolo dedicategli
nella conferenza stampa tenutasi ieri mattina a Palazzo di vetro: "a
proposito dell'adeguatezza delle risposte del Segretario generale ai gli
articoli di stampa del gennaio 1999 su un possibile conflitto di interessi,
il Comitato deve di nuovo sottolineare con forza le proprie precedenti
conclusioni secondo cui lo stesso Segretario generale non è stato né
diligente ne concreto quando si è trattato di iniziare un'investigazione
formale sull'affidamento dell'incarico ( addirittura di audit a tutto il
progetto "Oil for food", ndr) alla Cotecna."
E quello che oggi si sa di Kojo Annan non fa che confermare che se questa
inchiesta interna fosse stata aperta prima dal padre Kofi, oggi non staremmo
qui a dovere fare finta di credere a questa soluzione di compromesso in cui
Annan salva le terga, ma non l'onore.
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