Testata: Data: 16/08/2005 Pagina: 1 Autore: un lettore Titolo: Essere giusti verso Israele
Alcuni giorni or sono abbiamo ricevuto una lettera da un nostro lettore, un medico francese, e riteniamo interessante tradurne i brani essenziali. La lettera è indirizzata ad un sacerdote francese, Georges Vimard, che ha soggiornato circa 8 anni a Gaza ed ora è attivo nell’ organizzazione di attività e viaggi di solidarietà con la Palestina.Il medico francese, che è di origine tunisina, esprime con vigore e lucidità alcuni concetti scomodi nei quali si riflettono le ingiustizie della storia ed i difficili rapporti fra popoli.
"Lei ha vissuto a Gaza e vi è tornato molte volte…Oggi in quella regione vi sono esseri umani che soffrono. Dalla parte dei palestinesi ciò è di una evidenza su cui non ho bisogno di insistere, ma dalla parte degli israeliani si è ben lontani dall’avere un popolo sereno felice e sicuro del proprio avvenire e di quello dei suoi figli.
Alcuni disconoscono la sofferenza del popolo israeliano, affermando che gli israeliani soffrono meno e che comunque essi sono gli aggressori. E soggiungono che non si possono considerare allo stesso modo l’aggressore e l’aggredito.
Quando queste affermazioni vengono fatte da palestinesi, quando sono palestinesi quelli che sottovalutano la sofferenza del popolo israeliano, lo deploro ma lo capisco. Quando si è schiacciati da una situazione ci vuole un’ enorme intelligenza e coraggio per avere la capacità di scorgere anche la sofferenza degli altri.
Ma quando la sofferenza del popolo israeliano viene negata da persone esterne alla regione e quando ragionamenti semplificanti e carichi di odio sono fatti da gente che non è palestinese, io lo percepisco come una profonda ingiustizia…Quando un francese, un tunisino o un algerino parlano essi stessi di catastrofe e di ingiustizia e quando spinti da sentimenti di solidarietà si sentono essi stessi delle vittime, quando fanno così essi commettono un grave errore.
In realtà per un francese o per qualunque altra persona esterna alla regione il mettersi dalla parte delle vittime evita di doversi interrogare sulle proprie responsabilità…Se Israele è stato creato e se si sono trovati moltissimi ebrei originari da numerosi paesi che hanno voluto andare a vivere là è solo perché molti ebrei hanno ritenuto che una vita sicura e dignitosa non era più possibile altrove.
Coloro che abitano in quell’altrove e coloro che hanno fatto sì che quell’altrove fosse ritenuto pericoloso od umiliante da molti ebrei si dovrebbero interrogare. Gli ebrei che hanno lasciato la Tunisia il Marocco o l’Algeria non l’hanno fatto con il perverso desiderio di andare a far del male ai palestinesi. Essi sono partiti perché in quei paesi la storia non ha saputo dar loro un posto. E la storia che in Tunisia Algeria Marocco non ha saputo dare loro un posto è precisamente la storia che è stata fatta dai tunisini dagli algerini dai marocchini…e dai francesi…
Quando un israeliano originario della Tunisia, religioso fanatico, brandisce la sua arma voi vedete in lui un pericoloso fanatico, ed avete ragione. Ma io vedo in lui anche una persona la cui follia trova origine nelle imperfezioni del rapporto che ebrei ed arabi avevano in Tunisia…
Quando un tunisino si identifica coi palestinesi e dice "noi arabi, noi musulmani soffriamo a causa della creazione d’Israele e paghiamo per i crimini commessi dall’occidente" ...non contribuisce a portare un po’ più di tolleranza e ad eliminare un po’ di violenza in Israele e Palestina, anzi aumenta la sofferenza in una regione che non ne ha bisogno…Ma oltre a questo errore rivolto verso l' esterno egli ne commette un altro,grave, ad uso interno. La Tunisia come l'Algeria ed il Marocco non è un paese che ha risolto alla perfezione i propri problemi. Le difficoltà d'oggi hanno come origine le imperfezioni del passato. Se i tunisini immaginano che i loro rapporti con gli ebrei siano stati esemplari si sbagliano...
E vorrei anche attirare la sua attenzione sul fatto che certi israeliani che lei percepisce come aggressori sono stati non molto tempo fa aggrediti nel loro millenario equilibrio e nei loro rapporti con gli arabi proprio da lei, dai suoi genitori o dai suoi vicini...Ma lei non è solo francese, lei è anche cattolico. Ed i cattolici hanno abbondantemente praticato l' insegnamento del disprezzo...I progressi realizzati dalle elites ...sono indubitabili, ma rimane ancora molto lavoro da fare prima che questo progresso si manifesti presso la gente più semplice...
E poi c'è un ultimo punto del quale le vorrei parlare.Lei sa che fra i gruppi palestinesi alcuni sono animati da una visione islamista della società palestinese. Essi immaginano una società omogenea e musulmana. Essi ritengono che i cristiani in oriente siano una anomalia destinata a sparire... Nel Maghreb tutti gli arabi sono musulmani e tutti i musulmani sono arabi (semplifico non parlando dei berberi). Per la maggior parte dei musulmani di Francia - e non alludo agli integralisti né agli islamisti ma ai musulmani moderati e perfino a quelli che credono di essere laici - un arabo è musulmano.Nel loro immaginario non vi è dunque posto per l'idea che in Palestina dei cristiani possano avere i medesimi diritti e la medesima dignità di cui godono i musulmani...
Non si tratta dunque, al di là della necessaria consolazione, di capire meglio e di aiutare a capire meglio? Cosa dire a un giovane palestinese di 14 anni che esprime il suo odio per gli ebrei? Cosa dirgli se sfoglia i Protocolli dei Savi di Sion? Cosa dirgli se si immagina solamente come un martire che si fa esplodere uccidendo quanti più ebrei possibile?
Lei tornerà a Gaza a fare non so cosa, ma so che la società francese dalla quale lei scaturisce è molto lontana dall'essersi posta le domande che la possano aiutare a rapportarsi meglio e che le possano consentire di portare in Israele e Palestina un aiuto competente e generoso".