Il nuovo "cattivo" della politica israeliana
è Benjamin Netanyahu, che, ci assicura u.d.g., crede solo al potere
Testata:
Data: 08/08/2005
Pagina: 10
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: La scalata di un falco alla conquista del potere perduto
Messa in difficoltà dal piano di ritiro da Gaza, che non consente di relegare Sharon nei panni del "guerrafondaio" e del ", boia", L'UNITA' ha forse trovato il nuoco "cattivo" della politica israeliana? Il perfetto è candidato Benjamin Netanyahu, che il giorno dopo le sue dimissioni dal governo, in polemica con il ritiro da Gaza, viene così descritto in un articolo di u.d.g: "Il suo credo è il potere".
Impossibile che un politico israeliano abbia delle convinzioni politiche legittime e sincere, se contrastano con la visione del Medio Oriente dell'UNITA'.
Ecco l'articolo, dal quotidiano di lunedì 8 agosto 2005:Il suo credo è il potere. La sua determinazione a conquistarlo è ferrea. Abile e spietato. L'«enigma» è tornato alla ribalta. E ha lanciato la sua sfida al nemico di sempre: Ariel Sharon. Cinquantasei anni ancora da compiere, Benjamin «Bibi» Netanyahu può già vantarsi di una carriera politica folgorante, che lo ha visto occupare in relativamente giovane età posizioni chiave e soprattutto quella di primo ministro. Gli estimatori lodano la sua coerenza, i detrattori il suo cinismo. Di certo, «Bibi» Netanyahu ha saputo miscelare come nessun altro politico israeliano tradizione, nelle idee professate, e modernità, nella sua straordinaria capacità mediatica. Un'abilità, quest'ultima, che il giovane Netanyahu acquisisce negli Stati Uniti, dove si trasferisce al seguito del padre, docente universitario di storia. Lì Netanyahu si forma in atenei prestigiosi come il MIT (Massachussetts Institute of Technology). Alle credenziali accademiche, Netanyahu aggiunge anche un impeccabile curriculum militare, essendo stato ufficiale (dal 1967 al 1972) in una delle più prestigiose unità delle forze armate: la Sayeret Matkal, i commando dello stato maggiore, impiegati per le operazioni più audaci e rischiose oltre i confini dello Stato. Ma è la politica il suo pallino. Nel 1978, tornato in Israele, Netanyahu «irrompe» nel Likud e diventa prima ambasciatore di Israele all'Onu, successivamente deputato alla Knesset. Accetta poi l'incarico di vice ministro degli Esteri e poi di vice premier (1991-92) nei governi di Yitzhak Shamir. In quegli anni si distingue come uno dei più tenaci sostenitori di una linea di guerra ad oltranza al terrorismo. Colpisce poi la mancanza di scrupoli del giovane Netanyahu nel costruire la sua rete di alleanze all'interno del partito: «Netanyahu? Per essere abile, lo è certamente, anche troppo...», ebbe a dire l'ex premier Shamir in una intervista a l'Unità. Negli anni successivi al '92, in cui il Likud è relegato ai banchi dell'opposizione, Netanyahu riesce a divenire leader del partito e a portarlo alla vittoria nelle elezioni del 1996 (dove sconfisse l'avversario laburista Shimon Peres), divenendo così primo ministro. Il suo governo è caratterizzato da una linea dura nei negoziati di pace con i palestinesi e da scandali, contrasti e rivalità interne. Nel 1999 anticipa le elezioni dalle quali esce sconfitto. Netanyahu annuncia l'abbandono della vita politica. Ma la voglia di rivincita (e di potere) lo fa tornare sui suoi passi. Ritorna al governo prima come ministro degli Esteri e poi come titolare delle Finanze nel governo Sharon. Ma quella con Arik è solo una tregua. Il suo obiettivo è quello di riconquistare la guida del Likud e con essa la poltrona di primo ministro. La sua scalata al potere è ricominciata.
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