La fatwa di Stefania Craxi : il terrorismo palestinese è "diverso dagli altri"
pubblicata sul Giornale, con la risposta di R. A. Segre
Testata:
Data: 03/08/2005
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: La fatwa di Stefania Craxi : il terrorismo palestinese è diverso dagli altri
Quando si dice parlar chiaro. Stefania Craxi chiede ospitalità al GIORNALE di mercoledì 3 agosto 2005 "per fare qualche riflessione sulla polemica che ha opposto qualche giorno fa l'editorialista sul Corriere della Sera Magdi Allam al nostro ambasciatore al Cairo Antonio Badini" e per "denunciare la pericolosità" del contenuto degli scritti di Magdi Allam.
Allam, come i lettori di Informazione Corretta ricorderanno, aveva contestato un accordo tra alcune univesità italiane e l'univesità islamica del Cairo Al Azhar "perché" sintetizza Stefania Craxi "sia il rettore Ahmed al-Tayeb sia l'imam protettore Mohamed Sayad Tantawj hanno rilasciato dichiarazioni a favore dei palestinesi che si immolano per colpire Israele" ("immolarsi" è già un termine sbagliato, gli assassini non si "immolano", perchè un tale termine allude a valori religiosi e morali estranei al loro crimine; inoltre, l'obiettivo immediato dei terroristi suicidi è colpire, senza distinzione tra civili e militari, gli israeliani, non solo, astrattamente, "Israele").
Stefania Craxi qualifica la "prosa di Magdi Allam" come "quanto meno incauta", dato che "corre il rischio di rimettere in discussione ciò che la propaganda di Israele ha conquistato a non poco prezzo; l'equiparazione del terrorismo palestinese a tutti gli altri terrorismi del mondo".
Se abbiamo ben capito, qui la Craxi qualifica Allam come un incauto propagandista israeliano, che agita le acque in modo maldestro rischiando di compromettere ciò che i suoi "colleghi" hanno ottenuto "a caro prezzo" (quale? forse i mille morti e i diecimila feriti israeliani della "seconda intifada"?): ovvero "l'equiparazione del terrorismo palestinese a tutti gli altri terrorismi del mondo".
Equiparazione falsa, si affretta a dichiarare la Craxi, adducendo poi una serie di motivazioni basate, come dimostra R.A.Segre nella sua risposta, pubblicata sempre dal GIORNALE, su falsi storici.
A noi interessa però soprattutto la tesi di Stefania Craxi, più che l'argomentazione inconsistente (e non pertinente: il terrorismo sarebbe un crimine anche qualora fosse al servizio di cause nazionali legittime) con cui tenta di sostenerla.
Stefania Craxi, infatti, scrive nero su bianco, spudoratamente, quello che molti sostenitori del "dialogo" con l'islam "moderato" degli al Tayb e degli al Tantawi probabilmente pensano, ma non osano dichiarare. Per lei la questione non è che con gli apologeti delle stragi antiisraeliane si debba parlare comunque, nonostante ciò che pensano di Israele. Al contrario, per lei bisogna parlarci proprio per quello che pensano di Israele e del terrorismo che la colpisce.
In primo luogo perché lei la pensa nello stesso modo : una strage di israeliani è "diversa" da una strage di inglesi, di americani o di spagnoli, più "giustificabile" o forse più "contestualmente comprensibile". In ogni caso chi la compie deve restare un interlocutore politico legittimo, pure protetto dal "diritto internazionale".
In secondo luogo perché, continua la Craxi, "se prendessimo i sentimenti del mondo arabo per il conflitto in Palestina a metro dell'amicizia, o inimicizia, verso l'Occidente, potremmo già tranquillamente prepararci a un conflitto mondiale con l'intero Islam", conviene invece essere disposti a sacrificare Israele, e farlo sapere alle persone giuste, dato che "c'è un numero infinito di islamici il cui cuore batte - come il nostro - per la Palestina ma anche per la pace e contro il terrorismo fanatico" e "noi dobbiamo essere amici di costoro perché il terrorismo o sarà sconfitto dall'Islam moderato" (cioè quello che approva gli attentati contro i civili israeliani, ndr) "o vivrà all'infinito."

Non vogliamo commentare queste tesi da un punto di vista etico, non ci sembra necessario. Ci limitiamo a segnalare l'inanità della "strategia" che delineano.
Una volta che avremo accordato all'islam "moderato" il diritto di stabilire per quali cause il terrorismo sia legittimo, infatti, non vi sarà motivo che esso si limiti alla "Palestina". E l'Iraq, ad al Azhar è ritenuta"occupata" quanto la prima? (esiste infatti anche una fatwa che autorizza l'uccisione di americani e britannici e occidentali in Iraq). E l'Afghanistan? E la Cecenia? (Perché l'islam "moderato", una volta otenuto da un occidente terrorizzato l'abbandono di Israele non potrebbe un giorno chiedere di troncare i rapporti, per esempio, con la Russia?) E la stessa Arabia Saudita, per Bin Laden "profanata" dalle basi militari americane? E la legge sul velo in Francia, per molti imam una vera e propria persecuzione religiosa?
Una volta che divenisse chiara la nostra disponibilità a comprarci la sicurezza cedendo all'estorsione terrorista, sacrificando i nostri valori e interessi, perché i terroristi e leader religiosi che li appoggiano dovrebbero fermarsi? Perchè non dovrebbero alzare il prezzo a loro piacimento?

Di seguito, l'articolo di Stefania Craxi, "Palestina, uno strano terrorismo":

Caro Direttore, le chiedo un po' di spazio per fare qualche riflessione sulla polemica che ha opposto qualche giorno fa l'editorialista sul Corriere della Sera Magdi Allam al nostro ambasciatore al Cairo Antonio Badini. Ciò che mi spinge a intervenire non è tanto l'amicizia e la profonda stima professionale che nutro per l'ambasciatore quanto il contenuto degli scritti di Magdi Allam, di cui vorrei denunciare la pericolosità.
Il contendere è questo. Badini ha firmato un accordo «per il progresso delle scienze umane nel Mediterraneo» fra cinque delle più prestigiose università italiane e la più celebre delle università islamiche, quella di Al Azhar. Allam, citando l'Avvenire parla di amicizie sbagliate perché sia il rettore Ahmed al-Tayeb sia l'imam protettore Mohamed Sayad Tantawj hanno rilasciato dichiarazioni a favore dei palestinesi che si immolano per colpire Israele. «I palestinesi - avrebbe detto Tantawj - sono un popolo che non ha niente. Povera gente che viene uccisa ogni giorno. Nella disperazione ricorrono a mezzi estremi per opporsi all'occupazione».
La prosa di Magdi Allam è quanto meno incauta perché corre il rischio di rimettere in discussione ciò che la propaganda di Israele ha conquistato a non poco prezzo; l'equiparazione del terrorismo palestinese a tutti gli altri terrorismi del mondo. Perché non è così, Israele occupa dal 1967, con una guerra preventiva, territori arabi, abitati da arabi, colmi di beni arabi. Da questi territori si sono sparsi per il mondo più di due milioni di profughi ai quali si nega tuttora persino la prospettiva di ritorno. È almeno dal 1984 - data dell'incontro a Tunisi tra Craxi e Arafat, con la svolta dell'Olp per il negoziato - che i palestinesi si battono all'insegna di «pace contro territori».
Se si guarda la carta geografica della Palestina, si inorridisce: è una pelle di leopardo con più macchie che pelle. Quando gli Stati Uniti dicono che il futuro Stato Palestinese deve avere «continuità territoriale» adoperano un eufemismo per indicare una realtà abbondantemente compromessa. Il ritiro da Gaza, quando avverrà, non varrà più d'una parzialissima riparazione. Si tratta di spostare ottomila coloni di prima generazione. De Gaulle ne ha spostato un milione dall'Algeria ed erano di terza o quarta generazione, più algerini che francesi.
Se prendessimo i sentimenti del mondo arabo per il conflitto in Palestina a metro dell'amicizia, o inimicizia, verso l'Occidente, potremmo già tranquillamente prepararci a un conflitto mondiale con l'intero Islam. Per fortuna non è così. C'è un numero infinito di islamici il cui cuore batte - come il nostro - per la Palestina ma anche per la pace e contro il terrorismo fanatico. Noi dobbiamo essere amici di costoro perché il terrorismo o sarà sconfitto dall'Islam moderato o vivrà all'infinito. Contro il terrorismo le nostre armi sono spuntate. Lo dimostra Londra, Madrid, Sharm el Sheikh, lo dimostra l'Irak. Farci più nemici ancora è una politica sbagliata e pericolosa.
Ecco invece la risposta di R.A. Segre, "Ma gli israeliani si sono solo difesi"
Non penso che l'ambasciatore Antonio Badini abbia commesso un errore nel firmare un accordo fra università italiane e l'università di al Azhar. Ha fatto il suo dovere di «mediatore» politico e culturale. Sarà il compito delle università italiane giudicare se i «prodotti» di questa intesa contribuiranno al «progresso delle scienze umane». Non mi sembra invece possa contribuire a questo progresso, indipendentemente dalle simpatie di ciascuno, l'inesattezza dei fatti. Coi miliardi di dollari che i palestinesi hanno e continuano a ricevere non sono esattamente un popolo «che non ha niente». Il terrorismo non è né il solo né il più efficace mezzo di resistenza all'occupazione. È il più incivile e Paesi come il Tibet dal 1959 occupato dalla Cina, o l'India occupata dagli inglesi che non l'hanno usato lo dimostra. Israele non ha condotto una guerra preventiva nel 1967; ha risposto a una dichiarazione formale di guerra egiziana attaccando per primo. Due milioni di palestinesi non si sono sparsi per il mondo come profughi a seguito di questa guerra. Sono rimasti in loco, sono quasi raddoppiati mentre profughi palestinesi nel mondo sono le vittime della guerra «di sterminio» lanciata da 5 Paesi arabi nel 1948 contro Israele, il solo Stato del Medio Oriente che accettò con la spartizione della Palestina la creazione di uno Stato palestinese. Gli 8mila coloni di Gaza corrispondono proporzionalmente quasi agli 800mila coloni francesi evacuati dall'Algeria. Se questa evacuazione avverrà con meno tensioni interne e con uguali prospettive di collaborazione con l'avversario nel futuro, come quella franco-algerina, sarà merito di ambo le parti, che vanno incoraggiate all'intesa con affermazioni di comprensione reciproca, non appassionate di parte.
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