L'OPINIONE pubblica a pagina 3 un articolo di Dimitri Buffa, "Università e terrorismo islamico Le cattive amicizie dei rettori", che riportiamo:Adesso dovranno chiedere
scusa a Magdi
Allam. Acapo chino e
possibilmente cosparso di
cenere. Chi? Quei magnifici
rettori di alcune università italiane
specializzate in orientalistica
e lingue asiatiche che
hanno passato tutta la scorsa
settimana a polemizzare con il
vicedirettore del Corriere della
sera reo, lunedì passato, di
avere additato i loro atenei ad
esempio negativo in un fondo
per il "Corriere" uscito il 25
luglio e dal titolo non equivocabile:
"amicizie sbagliate".
Di quali amicizie si trattava?
Di quelle con alcuni imam fondamentalisti
della famosissima
università islamica di al
Azhar, tra cui il famigerato
Mohamed Sayed al Tantawi.
L’antefatto era la firma lo
scorso 15 giugno al Cairo di un
protocollo per la creazione di
un Comitato accademico
italo-egiziano di "studi comparati
per il progresso delle
scienze umane nel Mediterraneo".
I rettori coinvolti sono
quelli de La Sapienza di
Roma, del Pontificio istituto
orientale del Vaticano, dell’Orientale
di Napoli, della Bocconi
di Milano e dell’Iuav di
Venezia. Allam con il solito
stile diretto e senza peli sulla
lingua metteva in guardia i
magnifici cinque rettori dall’avere
rapporti con lo shaik al
Tantawi che, per quanto buon
amico del Papa polacco Karol
Wojtyla, avendolo accolto al
Cairo nel 2000 e avendo partecipato
ai suoi funerali, in più
occasioni aveva legittimato il
terrorismo suicida dei palestinesi
in Israele.
L’ultima il 7 settembre
2004 nel solito convegno della
Sant’Egidio a Milano dal titolo
"Disarmare il terrore, un
ruolo per i credenti".
E lo stesso quotidiano dei
vescovi, l’ "Avvenire", non
noto per simpatie filo israeliane,
aveva sottolineato con
scandalo la circostanza. Apriti
cielo. Prima l’ambasciatore
d’Italia in Egitto Antonio
Badini con una piccata lettera,
in cui difendeva l’operato
dello sceicco Tantawi, poi gli
stessi magnifici cinque, rettori,
rimproveravano ad Allam di
"non volere dialogare", straparlando
di incontro tra
civiltà.
Ieri la sorpresa: in un’intervista
al "Corriere della
Sera" e in un’altra a "La stampa"
, l’al Tantawi, di cui sopra,
ribadiva la propria doppia
morale sul terrorismo suicida,
cattivo a Londra o eventualmente
a Roma, buono e giusto
in Israele.
Infatti quelli palestinesi
per lui si chiamano "martiri".
Allam nei giorni scorsi
aveva dovuto chiudere la polemica
in maniera un po’ sotto
tono. Era chiaro che qualcuno
al Corriere gli aveva suggerito
di non calcare la mano per
evitare problemi diplomatici
al disinvolto Badini in Egitto.
Adesso che morale trarranno
costoro che avevano gettato la
croce sul coraggioso
giornalista che deve vivere con sei
gorilla di scorta da due anni
proprio per avere osato
infrangere il non detto in
materia di rapporti dell’occidente
con i cattivi maestri
arabi della jihad?
L’episodio che ha visto
protagonista Allam ha
qualche analogia con un
altro, tutto interno alla
comunità islamica della
capitale, che ha avuto per
vittima Omar Camiletti, il
moderato vicesegretario
italiano della Lega musulmana
mondiale. Camiletti
domenica ha letto su
"Repubblica " una sorta di
fatwa pronunziata contro di
lui dal cosiddetto imam di
Centocelle, il tunisino
Samir Khaldi. Quello che
non si era accorto del fatto
che uno dei ricercati per le
bombe londinesi pregava
nella sua "moschea fai da
te". Khaldi ha detto tramite
"Repubblica" che Camiletti
in quella moschea era
meglio se non si faceva
vedere.
Ieri Camiletti, che ha
trovato veramente grave
l’episodio "in cui un rifugiato
politico accolto in Italia
si erge a autorità religiosa
che vieta nel nostro paese
qualsivoglia comportamento
a un italiano" ha
emesso un durissimo
comunicato di condanna
sia per le parole di Khaldi,
sia per l’amplificazione quasi compiaciuta che
hanno ricevuto da parte
della cronaca romana di un
organo di stampa della sinistra
politically correct.
"Se è comunque triste
sentire da un imam parole
cosi intrise di astio e di arroganza
– si legge nel comunicato
emesso da Camiletti
- nondimeno in tali farneticazione
il suo demone gli
ha fatto gettare la maschera:
poiché, se ci si dovrebbe
vergognare a chiedere
pluralismo, trasparenza
finanziaria e fare vero dialogo
interreligioso con la
società italiana, manifestando
eufemisticamente la
pretesa di non gradire in un
luogo sacro un italiano di religione musulmana che si
trova nella sua terra, nel suo
quartiere e fra la sua comunità,
allora la situazione è giunta
davvero ad un punto critico."
"Del resto – scrive Camiletti
- della necessità di evoluzione
dell’islam in Italia ne
parlo da tempo e non solo ai
giornali: ho affermato questa
esigenza alla comunità islamica
di via Padova a Milano,
nella moschea di Napoli e con
l’Associazione dei giovani
musulmani dove sono stato
sempre accolto con benevolenza
ed attenzione."
"Sarei colpevole agli
occhi di costui che proclama
di parlare a nome di Dio –
argomenta il vicesegretario
della Lega Musulmana mondiale
- e per conto di un popolo
da cui è palesamente distante,
delle seguenti cose ingiuste:
lavorare per la Grande
Moschea nel tavolo interreligioso
promosso dal Comune
di Roma, non voler l’imposizione
del velo alle donne,
essermi battuto contro il racket
delle macellerie islamiche,
avere celebrato il centenario
della Sinagoga di Roma, essermi
ribellato agli anatemi contro
Magdi Allam." "Di essere
comunque e ovunque contro
gli attacchi suicidi su inermi
civili – afferma Camiletti - di
aver solo stigmatizzato il film
Submission, di non aderire alle
contorsioni teologiche di Tariq
Ramadan, e di non avere dato
la parola a questo imam di
Centocelle il 21 luglio alla
manifestazione in Campidoglio
contro il terrorismo."
"Se a Centocelle si vogliono
allontanare dei musulmani
italiani come me – chiosa
malignamente Camiletti - è
perchè forse non devono vedere
ciò che è risaltato drammaticamente
lo scorso venerdi
quando l’etiope accusato di
essere un attentatore di Londra
è stato visto frequentare disinvoltamente
la moschea di Centocelle?
E questo proprio mentre
viene affermato come oggi
uno dei compiti prioritari delle
comunità islamiche sia la vigilanza
e la collaborazione con
le forze dell’Ordine ?"
"Perciò al di la di un simile
personaggio che accolto
benignamente come profugo
politico, si mette ora a dettar
legge nel nostro paese – conclude
Camiletti - invito le istituzioni
italiane e la minoranza
islamica di qualsiasi tendenza
a riflettere se ci possiamo
ancora permettere, grazie a
formali leggi sull’associazionismo
culturale, di lasciare
nelle mani di cosi miserabili ed
incapaci autocrati le nostre
sale di preghiera, col rischio di
essere trascinati inevitabilmente
verso un destino di
ghettizzazione."
Per la cronaca l’imam di
Centocelle è uno dei tanti che
fa riferimento all’Ucoii di
Hamza Piccardo e Nour
Dachan, l’organizzazione
islamica che proprio Magdi
Allam suggerisce a Pisanu di
mettere fuori legge.
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