Quando l'"integrazione" non serve a fermare il terrorismo
intervista alla madre di Theo Van Gogh
Testata: Corriere della Sera
Data: 25/07/2005
Pagina: 11
Autore: Marco Imarisio
Titolo: Abbiamo coccolato troppo gli islamici
Il CORREIRE DELLA SERA di domenica 24 luglio 2005 pubblica apagina 11 un'intervista di Marco Imarisio ad Anneke Van Gogh, madere del regista Theo Van Gogh.

Ecco l'articolo:

L'AJA — Suo figlio è stato il canarino nella miniera. Ad Anneke Van Gogh piace questa immagine. I minatori che camminano portando avanti un canarino in una gabbia. «Quando l'uccellino cade stecchito, significa che c'è pericolo, i gas hanno invaso i tunnel ed è ora di correre al riparo. Credo che la storia di Theo sia quella dove si vede di più qual è la posta in gioco per l'Europa». Theo Van Gogh, un canarino che era arrivato a pesare quasi due quintali, prima di festeggiare la nascita del suo Lieuwe facendosi mettere una valvola nello stomaco per perdere peso.
Wassenaar è un posto per ricchi. Solo ville stupende, ognuna con il suo parco e il suo laghetto, a una decina di chilometri dall'Aja. Anneke e Johan Van Gogh hanno sempre vissuto qui. Nel salotto c'è un pendolo che quando suona copre le parole, sopra al camino c'è un Gauguin «apocrifo», ultimo superstite della collezione di famiglia venduta nel 1959 all'omonima Fondazione, con i quadri di Vincent e le lettere di suo fratello Theo, il nonno di Johan. «Eppure — dice Anneke —, è un omaggio a un altro Theo, al fratello di mio marito, uno dei pochi partigiani olandesi, che venne ucciso dai nazisti». Silenzio, solo il rumore del pendolo. «In fondo, i due Theo della famiglia sono morti difendendo la libertà di espressione».
Anneke Van Gogh è una donna dai capelli bianchi e gli occhi chiari. Lei e Johan si sono conosciuti a un convegno del PvdA, il partito laburista olandese, del quale all'epoca entrambi erano militanti. Lui più vecchio, è nato nel 1922, ha passato anni a studiare i comunismi europei. Lei non ha mai sfruttato la sua laurea in medicina perché nel 1957, quando aveva 21 anni, è arrivato Theo, seguito poi da due sorelle. Una olandese colta e di sinistra che due settimane fa in un'aula di tribunale ha guardato in faccia l'assassino di suo figlio. «Uno che viveva con il sussidio di disoccupazione pagato anche da me — dice con voce neutra — e quindi ha avuto tempo per preparare il suo lavoro».
Theo Van Gogh è stato ammazzato lo scorso 2 novembre da Mohammed Bouyeri, un marocchino nato in Olanda che nel giro di due anni è passato dai film americani al radicalismo islamico. Van Gogh da anni criticava l'Islam con i suoi articoli. Il documentario Submission, denuncia della condizione della donna musulmana, gli è costato la vita. In aula, Bouyeri ha detto alla signora Van Gogh di non provare pietà per lei. Martedì verrà condannato all'ergastolo. Ma Anneke Van Gogh sa bene che Bouyeri è soltanto il sintomo di una malattia alla quale è difficile rispondere. «Theo ha rappresentato per l'Olanda quel che le bombe di Madrid e Londra sono state per Spagna e Inghilterra. L'Europa ha coccolato gli islamici che arrivavano qui. Mio figlio ebbe le prime minacce di morte nel '97, dopo aver scritto che a parità di reddito familiare un bimbo olandese riceve la metà dei sussidi per l'asilo che finiscono nelle tasche del figlio di un immigrato. Ma era vero. Qui per loro sono gratis anche i corsi di bicicletta, ci illudiamo che servano all'integrazione. Abbiamo sempre dato senza chiedere nulla, ci vergognavamo di farlo».
Anneke Van Gogh non sempre era d'accordo con suo figlio. Lui sosteneva che Israele era l'unica vera democrazia in Medio Oriente, lei ancora oggi non la pensa così. «Ma credo che Theo avesse ragione nel temere la sopraffazione della nostra cultura. Qui nel ‘600 e nel ‘700 pubblicavamo Molière, Victor Hugo e Swift, autori proibiti nelle loro nazioni. L'assassino di Theo ha detto che non accetta nessuna discussione, nessun confronto. Solo la legge del Corano. Se sono in tanti a pensarla così, e mi sembra che lo siano, le prospettive sono brutte».
La madre di Theo Van Gogh si alza e da un cassetto pieno di ritagli di giornale estrae una foto in bianco e nero. E' la facciata della casa di Wassenaar dove vivevano fino a undici anni fa. Appese alle finestre delle stanze dei figli, ci sono i manifesti elettorali di altrettanti partiti: i laburisti per Theo, liberali e conservatori per le sue sorelle. E' orgogliosa di questa foto. La vede come un simbolo dell'apertura di vedute della sua famiglia. «L'Islam non ha mai avuto l'Illuminismo. È la differenza tra noi e loro. È una religione pietrificata. In Occidente a volte si critica e si interpreta la Bibbia, in alcuni Paesi islamici vigono ancora le leggi volute da Maometto. Senza pregiudizi: ma non è una idiozia?». Sul luogo dove è stato ucciso Theo Van Gogh non ci sarà nulla a ricordare ciò che è successo. Lo ha deciso il consiglio di quartiere. «Hanno detto: bisogna tenere conto delle varie sensibilità degli abitanti. Tradotto: non vogliamo urtare i marocchini della zona. Metteranno una piccola lapide in un parco poco distante. Così non si vede troppo. In piccolo, è l'atteggiamento dell'Europa nei confronti dell'Islam».
La morte di Theo in fondo rappresenta una (amara) ironia, sostiene Anneke: «Ha dimostrato che aveva ragione. Gli altri pensavano quel che lui scriveva. Ma il fatto che le persone abbiano problemi a dire quello che pensano realmente dell'Islam, dimostra che non siamo messi bene. Che stiamo indietreggiando. Come sosteneva mio figlio». Il pendolo suona. I coniugi Van Gogh si alzano. Tra poco andranno nella loro casa sul mare, che Theo amava tanto. Ieri sarebbe stato il suo quarantottesimo compleanno. Anneke e Johan hanno deciso di festeggiare lo stesso.
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