Il CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 13 luglio 2005 pubblica a pagina 15 una cronaca di Lorenzo Cremonesi "Israele torna il terrore dei kamikaze".
Cremonesi esordisce scrivendo: "cinque mesi, soltanto cinque mesi è durata la tregua del terrore in Israele"
In realtà nei cinque mesi di "tregua" il terrore non si è mai fermato: attentati suicidi sono stati organizzati e sventati,soldati e coloni sono stati attaccati e uccisi, sono stati lanciati razzi kassam e colpi di mortaio. La jihad, d'altro canto, non ha mai aderito al "periodo di calma".
Poco dopo l'autore della strage è così descritto: "Ahmed Abu Kalil, diciottenne impaurito proveniente dal piccolo villaggio di Attil".
Come fa Cremonesi a sapere che il terrorista era "impaurito"? Non lo può sapere ovviamente, e d'altro canto la sua immaginazione non serve soltanto a colorire il racconto.
Sulle vittime, ad esempio, non ci dice nulla. Non solo non descrive i loro ipotetici stati psicologici prima della morte: non ne indica nemmeno il nome e l'età. Dunque il suo scopo non era soltanto quello di rendere la cronaca più coinvolgente con tocchi da narratore.
Che fosse invece quello di rendere "umano" l'assassino e di indurre a provare simpatia per lui?
Di seguito, l'articolo:Cinque mesi. Soltanto cinque, brevi mesi è durata la tregua del terrore in Israele. Ieri, a cinque settimane dell'atteso ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza, la Jihad islamica ha ripreso la strategia degli attentati kamikaze contro i civili. Due attacchi, a pochi secondi uno dall'altro, nella cittadina costiera di Netanya e nella colonia ebraica in Cisgiordania di Shavei Shomron, miravano alla strage. I morti israeliani sono almeno tre, i feriti una trentina. Solo il caso ha evitato conseguenze più gravi. A Netanya l'attentatore si fa saltare troppo presto. Ahmed Abu Khalil, diciottenne impaurito proveniente dal piccolo villaggio di Attil ( 15 chilometri più a est), arriva sulle strisce pedonali con la sua cintura di esplosivo. Vorrebbe entrare nel grande centro commerciale Hasharon, ma come in tanti altri casi simili è scoraggiato dagli uomini della guardia civile che controllano gli ingressi e sceglie di farsi saltare in aria all'aperto, vicino a un gruppo di ragazzini. Sono quasi le 18, la strada è piena di gente. La scena che segue è ben nota agli israeliani dal tempo delle prime azioni kamikaze nel 1994. «Ho sentito un grande scoppio alle mie spalle. Lo spostamento d'aria mi ha gettato a terra tra vetri infranti, sangue, schegge e urla. Subito dopo ho visto un'anziana seduta sull'asfalto, i vestiti e i capelli in fiamme. Ma lei non faceva nulla, assolutamente nulla. Era come in trance. Sono stati i primi soccorritori a spegnere il fuoco» ha raccontato poco dopo alla televisione Janel una diciassettenne in lacrime. Muoiono tre donne, tra i feriti almeno quattro sono gravissimi. Per gli abitanti del quartiere le immagini dell'attentato riportano alla mente quelle terribili della Pasqua ebraica del 30 marzo 2002, quando un altro kamikaze causò 30 morti nel Park Hotel, a poche centinaia di metri da qui. Allora l'attentatore era entrato nella hall dove si stava svolgendo una grande festa famigliare. Quella sera il governo Sharon decise di lanciare il «muro di difesa» , l'operazione militare di risposta che condusse allo sventramento del campo profughi di Jenin: i morti furono una cinquantina, in grande maggioranza militanti islamici che proprio tra le baracche del campo avevano impiantato i loro laboratori per la costruzione delle bombe. Quasi in concomitanza con l'attacco su Netanya la Jihad aveva pianificato di seminare terrore nella colonia di Shavei Shomron. In questo caso la dinamica dell'operazione getta luce sull'atmosfera di minacce e intimidazioni imposta dalle cellule fondamentaliste contro la stessa popolazione palestinese. Sembra infatti che l'attentatore, un giovane del villaggio arabo di Mazrat Sharkia, non lontano da Tulkarem, una delle città più importanti della Cisgiordania, fosse stato catturato due settimane fa dalle squadracce islamiche con l'accusa di «collaborazionismo» con gli israeliani. Per lui solo un modo per riscattarsi ed evitare rappresaglie anche contro la sua famiglia: immolarsi come shahid (martire) in un' azione contro gli israeliani. Così ieri sembra che la polizia israeliana l'abbia trovato ferito, legato alla sua autobomba, ma ancora in vita. Era infatti riuscito a superare il posto di blocco all' entrata dell'insediamento. Ma poi l'ordigno non ha funzionato. E lui è rimasto ustionato dalle scintille del detonatore, quindi è stato catturato. Cosa avverrà adesso? In passato il governo Sharon aveva minacciato di bloccare il ritiro da Gaza se gli estremisti avessero infranto la tregua negoziata in gennaio e febbraio prima tra il nuovo presidente palestinese, Mahmoud Abbas, e i leader di Jihad e Hamas. Poi con Israele. Una tregua che tutto sommato tra alti e bassi, incluso il problema dei tiri di razzi contro le colonie ebraiche di Gaza e i villaggi israeliani prospicienti, aveva però funzionato. I media locali ricordavano ieri sera che l'ultimo attentato suicida era avvenuto il 25 febbraio 2005, quando 5 persone erano morte e una cinquantina rimaste ferite nello «Stage Club» sul lungomare di Tel Aviv. Da allora si può andare nei luoghi pubblici più rilassati. Merito un po' di tanti fattori: il muro di sicurezza in Cisgiordania, il nuovo dialogo tra Mahmoud Abbas e Sharon, la promessa del ritiro da Gaza, la prospettiva della ripresa del processo di pace, ma anche una grande stanchezza tra i ranghi della violenza a quasi 5 anni dallo scoppio della seconda intifada. Ieri, dopo le rivendicazioni della Jihad islamica, i responsabili dell'Autorità palestinese si sono affrettati a condannare gli estremisti. «Vogliono boicottare il ritiro da Gaza, fanno il gioco della destra ebraica» ha dichiarato il negoziatore Saeb Erekat. «Condanniamo questo attacco terroristico» ha detto in serata il presidente Abbas ai giornalisti. « È un crimine contro il popolo palestinese. Nessun vero patriota può attuare questo tipo di operazione proprio prima che Israele si ritiri dalle 21 colonie a Gaza. Coloro che ne sono responsabili devono essere puniti» . Indubbiamente cresceranno le tensioni tra Abu Mazen e gruppi islamici. In serata si è riunito quindi lo Stato maggiore dell'esercito israeliano. Ma, secondo la radio militare, si vorrebbero evitare «azioni drastiche». E specificano: «Risponderemo in modo pacato» . Annullato intanto l'incontro tra il ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz e il responsabile del ritiro per i palestinesi, Mohammed Dahlan.
A fianco della cronaca l'intervista, sempre di Cremonesi al commentatore di Ha'aretz Danny Rubinstein.
La riportiamo segnalando il crescendo di domande volte a definire l'attentato come "risposta" alle politiche israeliane di difesa dal terrorismo ("Rappresenta anche una risposta alla scelta israeliana di terminare il muro di sicurezza a Gerusalemme Est?"), a denunciare la presunta inefficacia di tali politiche ("E' il fallimento del muro?"), a paventare risposte israeliane (come reagirà Sharon, bloccherà il ritiro da Gaza?"), in sintesi, ad attaccare Israele il gorno dopo una strage terroristica.
Nulla invece sulle mancanze dell'Anp che non conduce la lotta al terrorismo, sui finaziamenti dell'Iran e di Hezbollah alla Jihad islamica, sulla prosecuzione dell'incitamento all'odio antiisraeliano nei territori.
Nulla, insomma, sulle vere cause del terrorismo.
Ecco il pezzo, «Vogliono attribuirsi il merito per il nostro ritiro da Gaza» :Un attentato annunciato, secondo Danny Rubinstein. «Gli analisti e l'intelligence israeliana si attendevano da tempo la ripresa degli attacchi kamikaze, specie da parte della Jihad islamica» dice il noto commentatore del quotidiano israeliano Ha'aretz. Perché proprio la Jihad islamica infrange la tregua del terrore che si era stabilita negli ultimi mesi? «Sulla prima pagina del quotidiano arabo Al Quds, pubblicato nei Territori occupati, nell'edizione di lunedì appariva un piccolo trafiletto, in cui la Jihad annunciava di voler vendicare il tentato assassinio di un proprio militante da parte degli israeliani a Gaza». C'è qualche collegamento con l'intenzione israeliana di iniziare il ritiro dalla Striscia di Gaza il 17 agosto? « Assolutamente, sì. In questo momento, tra gli estremisti palestinesi, è in atto una sorta di gara del terrore. Ciascuna organizzazione, addirittura ciascuna cellula di militanti, vuole dimostrare che è suo il merito del ritiro israeliano. In sostanza si vorrebbe vanificare nel sangue l'annuncio del governo Sharon, per cui il ritiro è una scelta unilaterale di Israele. E' il ripetersi delle dinamiche che apparvero al momento dell'arrivo di Yasser Arafat a Gaza nella primavera del 1994. Anche allora ci furono azioni violente da parte degli estremisti, per dimostrare che gli israeliani non stavano andandosene come risultato del negoziato, ma erano in fuga grazie alle azioni armate palestinesi. Lo stesso avvenne, tra l'altro, con l'Hezbollah libanese al tempo del ritiro israeliano dal Sud del Libano nel Duemila. In buona sostanza si riprende la filosofia bellicista del presidente egiziano Nasser subito dopo la guerra del 1967 nei confronti dei Territori occupati da Israele: ciò che è stato perso con la forza non può che essere ripreso con la forza». Rappresenta anche una risposta alla scelta israeliana di terminare il muro di sicurezza a Gerusalemme Est? «I palestinesi vedono il muro come una mossa che boicotta il processo di pace». Come reagirà Sharon, bloccherà il ritiro da Gaza? «Non credo. Ma potrebbe rallentarlo. Per esempio, iniziando il ritiro dalle colone ebraiche minori e lasciando quelle più importanti a Gush Katif per un secondo momento. Il problema è che adesso potrebbe scattare una nuova escalation della violenza. Israele potrebbe riprendere le azioni mirate per uccidere i capi della Jihad. E, se ci fossero altri attentati, la destra nazionalista avrebbe gioco facile nel premere per restare a Gaza. Anche i più estremisti tra i coloni ebrei potrebbero pianificare azioni di provocazione contro i palestinesi». E' il fallimento del muro? «Il governo Sharon sostiene che la sua capacità di deterrenza non è assoluta. Ma certamente gli attentatori avrebbero vita più facile se non ci fosse».
LA STAMPA pubblica a pagina 8 un articolo intitolato "Netanya, kamikaze la centro commerciale".
Segnaliamo il sottotitolo:
Un ragazzo palestinese si fa esplodere all'ingresso del complesso nella città costiera, già teatro di un'analoga aggressione quattro anni fa. In Cisgiordania un' auto salta in aria, il conducente è in fin di vita.
A parte il terrorista che diventa "un ragazzo palestinese", è degno di nota il modo in cui viene data la notizia dell'altro, fallito, attentato suicida: "In Cisgiordania un auto salta in aria,il conducente è in fin di vita".
IL MESSAGGERO pubblica a pagina 5 un articolo intitolato "Israele, kamikaze si fa esplodere e uccide quattro persone".
L'occhiello ci informa falsamente: "Torna il terrore dopo una tregua durata cinque mesi".
La tregua in realtà non c'è mai stata..
Nell'articolo troviamo il nome e l'età del terrorista, non invece degli israeliani che ha ucciso.
IL MANIFESTO pubblica a pagina 10 un articolo intitolato "Israele, nuovi kamikaze".
Non è di Michele Giorgio, ma di Barbara Visentin. La quale scrive un pezzo che assomiglia a una cronaca più dei tazebao del suo predecessore e che riporta il quotidiano comunista a livelli di disinformazione per così dire "fisiologici": non più, e non meno, di molti altri quotidiani.
Così la Jihad islamica è definita "gruppo militante palestinese" o "gruppo integralista" e si apprende che esso " ha dichiarato da circa un mese di non sentirsi più legato alla tregua con Israele, rivelando in merito all'attentato di ieri che l'esplosione è stata organizzata «in risposta alla violazioni di Israele della calma e alla dissacrazione del Corano nella prigione di Megiddo»" dove l'elenco completo delle falsità propagandistiche di un gruppo di assassini all'indomani del loro delitto diventano una "rivelazione", ma ci sono risparmiate le arringhe ideologiche con le quali Giorgio ama "completare" le sue cronache, e l'ossessiva ripetizione di formule come "resistenza armata"(per i terroristi palestinesi) o "truppe di occupazione" (per l'esercito israeliano) .
Ecco l'articolo:Dopo quattro mesi di relativa tranquillità, un nuovo attentato suicida in Israele ha causato ieri la morte di almeno due persone, oltre che una trentina di feriti. Un terrorista si è fatto esplodere all'ingresso del centro commerciale Hasharon nella città costiera di Netanya, 40 chilometri a nord di Tel Aviv. Secondo quanto affermato dalle forze dell'ordine, tre corpi sono stati ritrovati sul luogo dell'esplosione, fra cui quello del kamikaze che indossava una cintura esplosiva. Altre due persone sono in fin di vita. L'autore dell'attentato è poi stato identificato nel palestinese Ahmed Abu Khalil, di 18 anni, proveniente dal villaggio di Attil, vicino a Tulkarem. L'attentato è stato rivendicato dal gruppo militante palestinese della Jihad islamica della città della Cisgiordania di Tulkarm, in una telefonata all'agenzia Reuters. Il gruppo integralista ha dichiarato da circa un mese di non sentirsi più legato alla tregua con Israele, rivelando in merito all'attentato di ieri che l'esplosione è stata organizzata «in risposta alla violazioni di Israele della calma e alla dissacrazione del Corano nella prigione di Megiddo». Le autorità palestinesi hanno subito condannato l'attacco, chiedendo nuovamente a tutti i gruppi armati di rispettare il cessate il fuoco pattuito con Israele a febbraio. «Queste azioni recano solo danno all'unità dei palestinesi e fanno il gioco dell'estrema destra in Israele» ha detto Jibril Rajoub, il consigliere per la sicurezza del presidente Mahamoud Abbas. Il presidente stesso ha poi definito «idiota» il comportamento degli attentatori, dichiarando che «non c'è nessun palestinese razionale che possa portare avanti un'azione del genere proprio quando Israele sta per muovere le truppe da Gaza». Questi episodi di violenza potrebbero infatti complicare il ritiro pianificato per il mese prossimo.
Non si sono fatte attendere le reazioni di Israele che ha accusato l'autorità palestinese di essere inefficiente nei confronti del terrorismo. I portavoci del premier Sharon hanno detto che «questo attentato illustra ancora una volta l'impotenza dell'Autorità palestinese che non fa nulla per lottare contro il terrorismo».
Anche la Casa bianca ha esortato i vertici palestinesi a prendere provvedimenti nei confronti dei gruppi integralisti: «Non c'è giustificazione per l'assassinio di innocenti civili, uomini, donne e bambini» ha detto il portavoce Scott McClellan «l'autorità palestinese deve operare per lo smantellamento delle organizzazioni terroriste e fermare questi attacchi alla radice».
Secondo fonti israeliane, la Jihad islamica si sarebbe assunta anche la responsabilità per un altro attentato avvenuto ieri pomeriggio nel nord della Cisgiordania. Un furgone carico di bombole di gas è esploso circa quaranta minuti prima dello scoppio a Netanya, facendo irruzione nell'insediamento ebraico di Shavei Shomron. Solo l'autista è rimasto ferito e non c'è stata rivendicazione immediata, ma il ministro israeliano deputato per la difesa Yaacov Edri ha dichiarato di essere convinto che si trattasse di due attacchi coordinati. I media israeliani sostengono che il conducente del furgone fosse stato rapito dalla Jihad perché sospettato di collaborare con Israele. Potrebbe quindi essere stato costretto a compiere l'attentato, ipotesi supportata dal fatto che è stato trovato legato alla vettura.
Saranno ora da vedere i provvedimenti che Sharon ed il ministro della difesa Mofaz prenderanno di conseguenza all'attentato. Fonti vicine al premier sostengono che sarà improbabile la riconsegna di altre città cisgiordane, la prossima della quale avrebbe dovuto essere Betlemme. È comunque probabile che la reazione di Israele sarà moderata, in un momento in cui c'è da evidenziare solo il «ritiro» da Gaza.
Scorretta anche la cronaca di Francesco Cerri a pagina 1 e 7 del MATTINO: "Israele, attentato suicida la tregua rischia di saltare".
La Jihad è un "gruppo armato integralista", una "fazione integralista ". La condanna dell'attentato da parte dell'Anp, scrive Cerri, è giunta "subito", "ma fonti vicine al premier israeliano Sharon hanno detto che «l’attentato illustra ancora una volta l'impotenza dell'Autorità palestinese, che non fa nulla per lottare contro il terrorismo»" . Collocata a questo punto e introdotta dall'avversativa la posizione israeliana è squalificata. Come a dire: "la condanna dell'Anp è stata tempestiva, cosa volete di più?"
Ecco l'artcolo:
Tel Aviv. Dopo un periodo di calma relativa, grazie alla fragile tregua in vigore con i palestinesi, il terrore dei kamikaze torna a colpire in Israele. Un attentatore suicida di 18 anni si è fatto esplodere ieri pomeriggio all'ingresso del centro commerciale Hasharon di Netanya, la città sulla costa mediterranea, 40 chilometri a nord di Tel Aviv, uccidendo tre civili (tra cui due donne), oltre al kamikaze. I feriti sono almeno trenta. L'attentato è stato rivendicato dalla Jihad Islamica, il gruppo armato integralista che da un mese ha indicato di non sentirsi più legato dalla fragile tregua in vigore da gennaio. Anche l'ultimo attentato suicida commesso in Israele era stato rivendicato dalla Jihad. Un terrorista kamikaze della fazione integralista si era fatto esplodere davanti a una discoteca di Tel Aviv uccidendo cinque persone. L'attentato di Netanya è stato subito denunciato dall'Anp. «Condanniamo questo attacco: tutti devono rispettare la tregua» ha affermato il generale Jibril Rajub, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Abu Mazen. «Queste azioni recano danno ai palestinesi - ha detto - e aiutano l'estrema destra israeliana». Ma fonti vicine al premier israeliano Sharon hanno detto che «l’attentato illustra ancora una volta l'impotenza dell'Autorità palestinese, che non fa nulla per lottare contro il terrorismo». Sharon e il ministro della difesa Mofaz devono ora valutare le misure che lo Stato ebraico prenderà dopo l'attentato. Potrebbe scattare una chiusura della Cisgiordania e di Gaza, ma appare improbabile che Israele proceda come previsto alla riconsegna di altre città cisgiordane alla sicurezza dell'Anp (la prossima: Betlemme). Israele dovrebbe però reagire in forma contenuta, per evitare il rischio di affossare la tregua. Certo è che quella del centro Hasharon appare come una sorta di maledizione. Già nel maggio 2001 era stato colpito da un attacco suicida. Ma Netanya ha la sfortuna di essere situata vicina alla «linea verde» di confine con la Cisgiordania. Stando alla Jihad Islamica, il kamikaze, Ahmed Abu Khalil, 18 anni, proveniva dal villaggio di Attil, vicino a Tulkarem, a pochi chilometri da Netanya. Sembra che il kamikaze, con una cintura esplosiva attorno al petto, abbia cercato di entrare ma sia stato fermato da alcuni passanti: per questo si sarebbe fatto esplodere davanti all'ingresso. Poco prima dell'attentato di Netanya, un attacco - è fallito - è stato condotto contro la colonia ebraica di Shavei Shomron, in Cisgiordania. Secondo la radio israeliana, è stato rivendicato dalla Jihad. Un palestinese alla guida di un furgone militare israeliano rubato su cui c'erano bombole di gas, ha fatto irruzione nell' insediamento: è esploso dopo un centinaio di metri. Il palestinese al volante è rimasto gravemente ferito. Secondo i media israeliani l'attentatore, Rubin Khatame, del villaggio di Mazrat Sharkiya, era stato rapito dalla Jihad perchè sospettato di collaborare con Israele. Si suppone sia stato costretto a compiere l'attentato: Khatame è stato trovato legato alla vettura. Non è escluso inoltre che siano collegati all'attentato di Netanya, anche gli scontri al confine con il Libano, dove miliziani Hezbollah hanno aperto il fuoco contro una postazione dell'esercito israeliano. Da tempo Israele accusa gli Hezbollah, vicini all'Iran, di voler impedire il primo passo verso il rilancio del processo di pace: il ritiro israeliano da Gaza.
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