Quelli che pensano che gli inglesi "se la sono cercata"
rassegna di quotidiani
Testata:
Data: 08/07/2005
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: Quelli che pensano che gli inglesi
LA REPUBBLICA di venerdì 8 luglio 2005 interpreta l'attacco terroristico a Londra come una prova del fallimento della strategia della guerra al terrore e come una conseguenza della guerra in Iraq.
Fa eccezione l'editoriale di Ezio Mauro, pubblicato in prima pagina, "La guerra all'Occidente", nel quale si ricorda che la guerra del terrorismo contro l'Occidente è iniziata l'11 settembre (anche prima, in realtà, piuttosto l'11 settembre l'Occidente si è reso conto di essere sotto attacco), bem prima della guerra all'Iraq.
Si tratta di un salutare richiamo alla realtà, purtroppo accompagnato dalla tesi per cui le democrazie sarebbero tenute, prima di potersi difendere militarmente, a ottenere il permesso dell'Onu.
Come se la difesa dei propri cittadini dalla minaccia terroristica, e la scelta dei mezzi più adeguati per raggiungere questo scopo non fosse una prerogativa irrinunciabile degli stati sovrani.
Bernardo Valli, nell'articolo "Ma le armi non bastano", coglie appunto l'occasione per dichiarare fallimentare la guerra al terrorismo, invocando alternative non meglio precisate strategie alternative.
Strategie che invece sembrano essere indicate con una certa sicurezza dall'"esperta di terrorismo" Loretta Napoleoni, intervistata da Giampaolo Cadalanu a pagina 15. Ecco cosa dichiara l'economista, nota per aver definito una "legittima lotta di liberazione" il terrorismo palestinese:Non c´è nessuna voglia di cercare una strategia alternativa alla guerra, o all´uso dell´intelligence. Ma questo non basta. Ci si deve chiedere: perché fanno quello che fanno? E si devono trovare soluzioni politiche».
La risposta alla domanda "perchè lo fanno" viene data Napoleoni all'inizio dell'intervista:«È un messaggio molto chiaro. Dice: vi porteremo la guerra a casa vostra, esattamente come la viviamo ogni giorno in Medio Oriente. E questo è solo l´inizio».
Per Loretta Napoleoni, evidentemente il fatto che il terrorismo preceda la riposta militare in Afghanistan e Iraq non è rilevante.
Giuseppe D'Avanzo, sostenitore di tutte le sentenze di assoluzione di terroristi pronunciate dalla magistratura italiana,nell'articolo "I proseliti del Jihad" descrive un terrorismo "pulviscolare", fatto di cellule autonome da ogni "organizzazione e comando superiore". Implicito il suggerimento: per sconfiggere un simile "incubo" sono necessari "gli strumenti della politica".
Espellere o incarcerare gli imam che predicano pubblicamente lo sterminio degli infedeli, invece, è certo sconsigliabile, dato che la nostra sicurezza non può essere garantita dalla magistratura, come D'Avanzo scrisse in occasione dell'assoluzione di alcuni membri di un gruppo che reclutava terroristi suicidi.
Nel breve articolo "Ma l'Islam non vuole la violenza sono raccolte le dichiarazioni ufficiali sull'attentato da parte di rappresentanti di stati arabi e islamici. Alcuni dei quali (è certamnte il caso dell'Iran) sponsor del terrorismo. Sono presenti anche le condanne di Hamas e Hezbollah, essi stessi spietati gruppi terroristici.
Infine, la dichiarazione del ministro degli Esteri di Israele è così stravolta:Per Israele, gli attentati sono legati alla lotta fra lo stato ebraico e i militanti palestinesi. «Questi attacchi sono la prova che il terrorismo non è un problema solo di Israele», ha detto il ministro degli Esteri Silvan Shalom.
Il terrorismo islamista in realtà non colpisce affatto l'Occidente per via del conflitto israelo-palestinese, come REPUBBLICA suggerisce.
Sulla prima paginA di EUROPA Federico Orlando, nell'editoriale "La risposta della civiltà al terrore" propone un'altra falsa risposta al terrorismo:promuovere lo sviluppo dei paesi poveri.
Ma la povertà non ha nulla a che fare con il terrorismo islamista, non ne è certamante una causa non interessa ai suoi ideologi.
Combatterla è un impegno lodevole, ma non serve togliere consenso ad Al Qaeda, che fonda la propria propaganda su motivazioni religiose, non economico- sociali, e non recluta "miserabili".
( a cura della redazione di Informazione Corretta)
L'UNITA' pubblica in prima pagina due editoriali di Antonio Padellaro Furio Colombo, concordi nell'invocare un cambio di strategia dato che, come scrive Padellaro:Oggi sappiamo che la guerra in Iraq non ha fatto procedere di un solo millimetro la lotta al terrorismo internazionale
Davvero lo sappiamo? Sappiamo a che punto saremmo semza quella guerra?
Ovviamente no e inevitabilmente, rispetto ai dubbi pragmatici di Padellaro, assumono maggiore forza le tesi ideologiche di Chiara Saraceno ("Contro la guerra in Iraq e contro i terroristi", a pagina 28), Robert Fisk ("Le ferite di Blair, le colpe di Blair", pagina 29) e Gian Enrico Rusconi, intervistato da Bruno Gravagnuolo "Il terrorismo non è più patologia ma norma, pagina 13) per i quali il terrorismo è una conseguenza della guerra in Iraq e "Per colpa di Bush ci attaccano indiscriminatamente".
La tesi è appunto idelogica, perchè gli attacchi indiscriminati precedono di molto le risposte dell'amministrazione Bush.
IL MANIFESTO pubblica un articolo di Tariq Ali, "Da Londra a Baghad" a che riproponela stessa tesi il terrore finirà quando finiranno le "occupazioni di Afghanistan, Iraq e Palestina.
John Pilger, nell'articolo "Le bombe di Blair" aggiunge notizie non verificate su presunti crimini durante la battaglia di Falluja, in modo da far dimenticare l'orrore dei crimini certi dei terroristi.
Gabriele Polo nell' articolo "Tempo di guerra" propone "il più coraggiose dei gesti, la diserzione davanti al nemico".
Sempre che il nemico sia d'accordo, e non decida di inseguire e uccidere anche gli
"infedeli" che disertano
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