Il CORRIERE DELLA SERA di domenica 3 luglio 2005 pubblica a pagina 33 l'articolo di Maurizio Porro " "Monaco 72" secondo Spielberg: dubbi su Israele".
In realtà dalle poche dichiarazioni di Spielberg e di suoi collaboratori riportate nelll'articolo non sembra che il film insinui "dubbi su Israele".
Si tratterebbe invece di una meditazione morale sulle implicazioni umane della lotta al terrorismo, attraverso i dubbi e le riflessioni dei componenti della squadra israeliana incaricata di uccidere i responsabili della strage di Monaco nel 72. Nelle parole di Dennis Ross, consulente del regista e capo negoziatore a Camp David: " Il film mostra la dimensione umana del problema: non rispondere al terrorismo significa premiare gli aggressori, ma nel reagire bisogna tener conto che la risposta può anche non raggiungere gli esiti sperati ".
Con la consapevolezza, come dichiara Spielberg che è "Facile guardare agli eventi col senno di poi, difficile vedere le cose nel modo che sono apparse alle persone all' epoca dei fatti " .
Nulla a che vedere, dunque, con l'"equiparazione tra terroristi e agenti" che Porro attribuisce a Spielberg.
Il sottotitolo dell'articolo, "Il regista gira un film sulla strage compiuta da palestinesi. E parla di una rappresaglia implacabile" travisa un'altra dichiarazione di Spielberg per il quale il film intende : "Mostrare come l'implacabile determinazione di questi uomini nel compiere la missione assegnata apra la porta lentamente a dubbi angosciosi su cosa stanno facendo".
Da un lato troviamo una qualificazione morale dell'intera operazione, dall'altro una qualificazione psicologica di chi la attuava e che sarebbe passato da una "determinazione implacabile" a nutrire dei dubbi.
Al di là delle intenzioni dichiarate da Spielberg dunque, l'articolo di Porro presenta il suo futuro film come tale da avvalorare una visione stereotipata e negativa di Israele, implacabile nel vendicarsi e "terrorista" al pari dei suoi aggressori.
Curiosa, poi, la definizione di Spielberg come "uno dei più potenti rappresentanti della cultura ebraica", come se tutto ciò che è ebraico, anche nella cultura, dovesse essere automaticamente a e impropriamente associato al "potere". Un "potente rappresenttante della cultura ebraica" " che con Scihndler's list", continua Porro, "vinse gli Oscar sempre sfuggitigli con Squali, Indiana Jones ed E.T., con la fantasia al potere", come se il "potere ebraico" decidesse dell'assegnazione degli Oscar, premiando chi si occupa di Shoah.
Ecco l'articolo:
Spielberg, re, mago e Paperone di Hollywood, è l'autore prodigio di fantasiosi kolossal ma anche di film civili su guerra, razzismo, Olocausto. E mentre il box office premia la Guerra dei mondi 34milioni di dollari solo mercoledì 29 ha iniziato l'altra notte a Malta, le riprese segrete del suo 26 ˚ film. Il più pericoloso, per le idee. E' la ricostruzione, ancora senza titolo ( si parla di Vengeance oppure di Mossad ) dell'attacco del commando di 8 palestinesi nel villaggio agli atleti israeliani delle Olimpiadi ' 72 a Monaco, quando il regista aveva 25 anni. Quel terribile 5 settembre morirono tutti nell'agguato che insanguinò le medaglie sportive. I terroristi chiesero la liberazione di 234 arabi, Golda Meir non accettò, la polizia tedesca organizzò un blitz: fu un massacro.
Poi scattò la rappresaglia israeliana. Questa tragedia rivive in un kolossal non solo raccontato dal più magistrale affabulatore di oggi, ma anche da uno dei più potenti rappresentanti della cultura ebraica, che con Schindler's list vinse gli Oscar sempre sfuggitigli con Squali, Indiana Jones ed E. T., con la fantasia al potere.
Eppure questo patriarca, sul set nascosto per paura del terrorismo, non pensa a un film sulla « vendetta » , ma sul senso di questa parola. Non sarà un thriller, maparlerà del dubbio, della legittimità della rappresaglia, approccio che rischia di sollevare polemiche nel mondo ebraico e in Israele, mettendo in crisi il patrimonio di stima accumulato dal regista anche col lavoro di documentazione della Shoah. L'attacco dell' 11 settembre, dicono gli amici del regista, ha acuito il suo interesse verso un tema: come una nazione civile può rispondere al terrorismo senza mettersi al loro livello morale.
La storia, sceneggiata da Eric Roth ( Forrest Gump ) e rivista da Tony Kushner ( Angels inAmerica , sull'Aids), è centrata proprio sulla rivalsa dei soldati killer del Mossad. Spielberg, che si sposterà poi a Budapest e New York, dice che questo episodio diMonaco e la conseguente risposta israeliana fu « un momento decisivo della storia del Medio Oriente » : l'autore si inserisce nella psicologia degli agenti segreti il cui capo sarà Eric Bana, l'Ettore di Troy, il verde eroe di Hulk .
« Osservare la risposta di Israele a Monaco — ha detto il regista — attraverso gli occhi degli uomini inviati a vendicare quella tragedia aggiunge una dimensione umana a un episodio orribile che viene affrontato in genere solo in termini politici e militari » . Ed ancora spiega: « Mostrare come l'implacabile determinazione di questi uomini nel compiere la missione assegnata apra la porta lentamente a dubbi angosciosi su cosa stanno facendo.
Penso che possa insegnarci qualcosa di importante sulla tragica situazione di oggi » . A Steven, che dirige un ricco cast ( Bana, Daniel Craig, Geoffrey Rush, Mathieu Kassovitz) piacciono sullo schermo sia la fantasia sia la storia, perfino la anticipa come nel caso di Terminal e anche la Guerra dei mondi si riferisce chiaramente all' 11 settembre. Stavolta egli si mette coraggiosamente in gioco cercando equiparazione fra terroristi e agenti: il film ricostruisce un episodio leggendolo alla luce del desiderio di rivalsa americano dopo le Torri.
Steven Spielberg è consapevole dei rischi dell'operazione e per il film, che uscirà in Usa il 23 dicembre in tempo per gli Oscar 2006, si garantisce con una gamma di garantiti consulenti, come svela il New Tork Times : il suo rabbino, l'ex presidente Clinton e l'ex portavoce della Casa Bianca Mike McCurry e Dennis Ross, un inviato speciale che spiega: « Il film mostra la dimensione umana del problema: non rispondere al terrorismo significa premiare gli aggressori, ma nel reagire bisogna tener conto che la risposta può anche non raggiungere gli esiti sperati » .
Spielberg precisa: « Facile guardare agli eventi col senno di poi, difficile vedere le cose nel modo che sono apparse alle persone all' epoca dei fatti » .
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