Il CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 29 giugno 2005 pubblica un articolo di Alessandra Coppola sulla condanna del soldato israeliano che ha rifiutato di prendere parte allo sgombero di alcune case a Gaza.
La Coppola concede ampio spazio alle contestazioni procedurali della difesa di Bieber e a congetture sull'estensione e i pericoli del "fenomeno" dei "refusenik" anti-ritiro.
Due le conclusioni implicitamente suggerite, ma tutt'altro che dimostrate nell'articolo: in Israele si pratica una giustizia politica, al servizio degli interessi del potere e d'altro canto, la situazione creata dal ritiro da Gaza è esplosiva e al di fuori del controllo delle autorità.
Ecco il testo:Condanna esemplare per il primo refusenik del ritiro da Gaza: 56 giorni di reclusione in un carcere militare. Oggi l'avvocato presenterà la richiesta di appello, ma intanto per Avi Bieber è andata peggio del previsto.
All'accusa di aver disubbidito agli ordini durante la turbolenta demolizione di alcune case a Gush Katif, domenica scorsa, ( pena massima prevista: 28 giorni) si è sommata l'offesa a ufficiale, per quel « fuck off » gridato in inglese mentre si toglieva l'elmetto e annunciava che non avrebbe preso parte agli scontri con i coloni.
A casa, nell'insediamento di Tekoa, risponde adesso un'amica di famiglia: « Siamo scossi. E' una sentenza molto dura. Ma i genitori continuano a sostenere il loro ragazzo » .
L'avvocato Shai Galili contesta la procedura: « Non mi hanno permesso di assistere ( Bieber è stato giudicato da un ufficiale, il vice comandante della divisione di Gaza, con la formula di un procedimento interno a porte chiuse, ndr ). Non ha avuto una difesa adeguata. Non ho neanche potuto parlargli perché gli hanno tolto il cellulare » .
Ma anche il legale sa che il punto è un altro: serviva una punizione che scoraggiasse altri possibili refusenik. Lo stesso Galili ha già ricevuto le telefonate di 25 militari che non vorrebbero partecipare all'evacuazione di Gaza e che gli hanno chiesto consiglio.
In una conferenza stampa prima della sentenza Bieber, il comandante della divisione di Gaza, Aviv Kohavi, ha negato che si tratti di un « fenomeno » che sta adesso esplodendo: « Non lo è ora, e non lo sarà in futuro, dobbiamo mantenerlo nelle giuste proporzioni » . Ma le cifre non sono incoraggianti. In 10.000 tra reclute e riservisti avrebbero firmato qualche mese fa una petizione anti ritiro. Ed è certo che esercito e governo sono preoccupati, se ieri il ministro della Difesa Shaul Mofaz è intervenuto per dire: « La disobbedienza è un fenomeno pericoloso, le forze armate l'affronteranno con tutta la severità richiesta » .
Tra soldati in crisi di coscienza e coloni che si barricano nelle case di Gaza, la situazione a meno di due mesi dal ritiro non sembra delle più tranquille. Con l'avvicinarsi di quello che chiamano il D day, il prossimo 15 agosto, i radicali minacciano di peggiorare le cose: hanno in mente blocchi stradali, sabotaggio di infrastrutture, disturbo dell'ordine pubblico mentre 20 mila poliziotti e 40 mila militari saranno impegnati nel disengagement. Il capo di Stato maggiore Dan Halutz avrebbe anche ricevuto una lettera di minacce.
Ieri per la prima volta il premierAriel Sharon è stato durissimo con i « comportamento selvaggio » dell'ultra destra: « Sono preoccupato per questi estremisti che violano la legge, usano la forza contro l'esercito, fanno appello alla disobbedienza e mettono in pericolo l'esistenza stessa d'Israele comeStato ebraico democratico. E' una deriva che deve cessare. Bisogna evitare che una minoranza che non rappresenta i coloni rimetta in discussione le decisioni prese dal governo e dal Parlamento » .
Intanto, però, molti giornali israeliani cominciano a chiedersi: a Gush Katif i coloni radicali continuano a occupare case e a trasformarle in fortino; in molti casi si tratta di gruppi di adolescenti; perché le forze di polizia non intervengono subito? Ieri gli scontri nella zona hanno rischiato di degenerare. La scrittrice israeliana Manuela Dviri, collaboratrice del Corriere , racconta di aver assistito a una violenta sassaiola tra i ragazzini anti evacuazione che hanno occupato una casa abbandonata della comunità Mawassi ( sorta di enclave palestinese tra le colonie diGaza) e coetanei arabi. Mezz'ora di scontro scoppiato improvviso e violentissimo con spari in aria di polizia e poi di militari: quattro contusi. Il segno che la tensione sta crescendo.
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