I pericoli di un'atomica iraniana
un editoriale di Alberto Ronchey
Testata: Corriere della Sera
Data: 23/06/2005
Pagina: 1
Autore: Alberto Ronchey
Titolo: L'urna atomica dell'ayatollah
In prima pagina il CORRIERE DELLA SERA di giovedì 23 giugno 2005 pubblica un editoriale, molto accurato, di Alberto Ronchey "L'urna atomica dell'ayatollah", che riportiamo.

Nei tempi antichi l'energia del petrolio e del gas naturale, annidata nelle viscere terrestri, aveva manifestato la sua presenza con il fuoco spontaneo alimentato dalle frequenti esalazioni, ma nell'Iran quei fenomeni erano stati per lungo tempo giudicati prodigi soprannaturali.
Secondo una leggenda tramandata da Marco Polo, anche i tre magi avrebbero condiviso quel culto portando « in una loro chiesa » il fuoco scaturito gettando pietre in un pozzo.
Nei tempi moderni, dall'inizio del ' 900 intorno al Golfo Persico, l'energia endogena fu resa utilizzabile per tutti dalla ricerca scientifica e tecnologica occidentale.
Senza quelle scoperte, la ricchezza dell'intero Golfo sarebbe ancora ignota, sebbene Bin Laden e gli Ayatollah iraniani abbiano definito la rendita come « dono di Allah » .
Ma ora il caso dell'Iran, che non si appaga del suo patrimonio energetico, è materia di allarmi.
Quella è fra le aree più ricche di greggio e gas.
Eppure, il governo di Teheran vuole anche dotarsi di centrali nucleari che definisce d'uso civile, ossia rivolte alla produzione di elettricità, ma pur sempre convertibili all'uso militare.
E' in questione la possibilità del dual use , tema centrale della vertenza che oppone all'Iran sia l'Europa sia gli Stati Uniti e anche l'Aiea, l'agenzia impegnata per l'Onu a contrastare la proliferazione delle armi atomiche. L'Iran, ripeteva il presidente Khatami fino al 17 giugno, l'ultimo giorno del suo mandato, ha sospeso per qualche tempo la produzione di uranio arricchito, ma non intende concedere di più. Gli occidentali sospettano invece che Teheran aspiri a procurarsi l'atomica, prima o poi, e chiedono controlli effettivi di garanzia. Offrono come contropartita persino l'ingresso nella World Trade Organization, o minacciano il ricorso al Consiglio di Sicurezza dell'Onu e severe sanzioni.
L ' a t t e n z i o n e d i Washington e delle capitali europee ora si rivolge all'esito della contesa finale per la presidenza dell'Iran, Rafsanjani contro Ahmadinejad, domani. Ma l'ultima parola sulle decisioni che seguiranno spetterà sempre alla « guida suprema » , l'Ayatollah Khamenei.
La sola ipotesi che Teheran arrivi a dotarsi di armi atomiche suscita crescenti ansietà, proprio mentre la mezzaluna della teocrazia iranica è rivolta verso l'Iraq sciita.
Si teme una destabilizzante capacità intimidatoria nella regione del Golfo e oltre, secondo differenti scenari. Come avvertono alcuni osservatori, lo shock potrebbe indurre Sharon a tentare « incursioni precauzionali » dei suoi aerei bunker buster sui reattori di Bushehr o Arak. Già nel 1981 gli F 16 israeliani demolirono il reattore di Saddam Hussein a Osirak, presso Bagdad. Ora, una simile impresa potrebbe comportare pericoli non calcolabili. Fra l'altro, da un anno l'Iran vanta di poter lanciare « a scopo difensivo » missili Shahab 3, con raggio di 1.300 chilometri.
Non è logico, certo, supporre che a Teheran sia congetturabile un conflitto atomico. Anche i governi più temerari, dopo tutto, sanno che in una sfida nucleare i loro territori sarebbero esposti a rappresaglie fino alla totale distruzione. All'apparenza, per ora il maggiore pericolo è la possibilità che la proliferazione atomica dell' Iran favorisca l'accesso del terrorismo islamico a ordigni micidiali. La nebulosa della Jihad è dovunque, non ha un territorio né uno Stato vulnerabile alle rappresaglie, opera già sui mercati clandestini di materiali fissili o congegni radioattivi alla ricerca minima d'una bomba rudimentale. Lo stesso Bin Laden, più volte, ha proclamato che procurarsi armi nucleari « è un obbligo per i musulmani » .
Vale la pena di ricordare che uno dei due candidati alla presidenza dell'Iran, Rafsanjani (che non è il peggiore, sebbene non ci sentiremmo nemmeno di definirlo il "migliore") nel 2000 ha pubblicamente discusso della "razionalità" di una guerra atomica nella quale morirebebro cinque milioni di israeliani a "al massimo" 15 milioni di musulmani, una perdita da lui giudicata "tollerabile".

Sembra che, in realtà, il rischio di un'arma atomica iraniana non sia connessa solo al terrorismo.

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