IL FOGLIO di mercoledì 22 giugno 2005 pubblica un articolo sul vertice tra Ariel Sharon e Abu Mazen.
Ecco il pezzo:Roma. Il rais Abu Mazen e il premier
israeliano, Ariel Sharon, s’incontrano per la
second volta, dopo il summit di Sharm el
Sheikh. Poche ore prima del vertice, un terrorista
del Jihad islamico ha ucciso un settler
e ferito un altro civile israeliano in un
attacco nel nord della Cisgiordania. Al
check point di Eretz, al valico con Gaza, invece,
l’IDF ha fermato una ragazza palestinese,
mandata dalle Brigate dei martiri di al
Aqsa, braccio armato di Fatah, prima che si
facesse saltare in aria nel centro medico Soroka
di Beer Sheva. Wafa al Biss ha 21 anni,
addosso aveva con sé 10 kg di esplosivo.
Qualche mese prima, era stata ustionata da
un’esplosione del gas della sua cucina. Nessuno
l’avrebbe sposata. Rifiutata dalla società,
Wafa ha visto come unica via per essere
rispettata morire da "shahid". Il paradosso
è che la ragazza aveva ricevuto un pass
per essere curata dalle bruciature proprio
in un ospedale israeliano. Nella notte, l’IDF
ha fatto un’incursione nei Territori, arrestando
cinquanta militanti del Jihad islamico.
Un chiaro avvertimento per l’Anp: oggi
mandiamo in galera i terroristi di una piccola
fazione, la prossima volta toccherà agli
attivisti armati di Fatah.
Sharon è deluso. Ha cercato di spiegarlo
al segretario di Stato americano, Condoleezza
Rice, durante la sua visita. Washington,
però, gli ha risposto che bisogna appoggiare
il rais palestinese e il quotidiano Haaretz titolava
"il dialogo tra sordi". Sharon forse
avrebbe fatto a meno di incontrare Abu Mazen:
il terrorismo sta aumentando e i gruppi
armati hanno sempre più potere. Condi però
ha detto che il "coordinamento è vitale", ovvero
che il summit tra i due leader è necessario.
Abu Mazen, che si è presentato al vertice
con il suo fedele ministro dell’Interno,
Nasser Youssef, ha bisogno di Sharon. Vuole
che siano rilasciati altri prigionieri e la libertà
per Fouad Shoubaki, l’uomo dietro gli
armamenti trasportati dall’Iran nell’imbarcazione
"Karinne A", e per Ahma’ad Saadat,
responsabile della morte del ministro
Rehav’am Ze’evi nel 2001. Il rais vuole dimostrare
al suo popolo che è capace di migliorare
la loro situazione. La popolarità del presidente
dell’Anp, però, continua a diminuire.
"Dopo la morte di Arafat – dice al Foglio una
fonte palestinese – pensavamo che la situazione
potesse migliorare. Invece, viviamo
nell’anarchia e le Brigate dei martiri di al
Aqsa ci minacciano in continuazione".
I giornali dell’Anp hanno parlato poco del
vertice con Sharon, quasi trascurandolo. La
gente nei Territori è stanca e le performance
del loro leader non interessano più di
tanto. Abu Mazen è stato intervistato dall’emittente
israeliana, Arutz echad, ribadendo
che non cercherà il confronto con le fazioni
armate. Israele però vuole essere sicuro che
l’Anp adotterà misure di sicurezza durante
e dopo il ritiro da Gaza e che vengano prese
serie azioni per confiscare gli armamenti
dei gruppi terroristici. Il disimpegno è alle
porte e Gerusalemme ha tutta l’intenzione
di portare a termine il piano nei tempi prefissati.
Lo Stato ebraico ha bisogno di vedere
azioni concrete dalla sua controparte.
"Non stiamo andando in contro a una guerra
civile coi settlers per avere in cambio una
debole tregua – dice al Foglio Yossi Klein
Halevi, esperto di politica israeliana – Sharon
sa che l’opinione pubblica non accetterà
mai questa farsa". Gli Stati Uniti chiedono
insistentemente di rafforzare Abu
Mazen, ma Gerusalemme risponde che lo
sto facendo, ma con seri dubbi. Dopo l’ultima
ondata di violenze, però, non c’è da stupirsi
che Sharon non abbia voluto dare ulteriori
concessioni al rais palestinese.
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