L'UNITA' di venerdì 17 giugno 2005 pubblica in prima pagina e apagina 9 un articolo di Umberto De Giovannangeli sulla minaccia terroristica proveniente dall'estrema destra israelina.
Il problema esiste, ma nuoce al tentativo di porre seriamente la questione luso scandalistico dell'espressione "kamikaze ebreo", fin dal titolo: "Arriva il kamikaze:ebreo".
I terroristi suicidi palestinesi non sono "kamikaze", come vengono però abitualmente chiamati, dato che questi ultimi non colpivano obiettivi civili.
Neppure i potenziali terroristi dell'estrema destra israeliana progettano, a quanto se ne sa, di farsi scoppiare tra la folla.
Gridare al "kamikaze ebreo", allora, non serve a informare, né a indicare un problema. Può servire, semmai, a nascondere il terrorismo palestinese e le sue innumerevoli stragi dietro il velo del terrorismo degli estremisti di destra israeliani e dei suoi progetti, per il momento ( e speriamo per sempre) non realizzati.
Ecco il testo:Fanatici del regno di Giudea. I loro eroi sono Baruch Goldstein, il medico colono autore della strage alla Tomba dei Patriarchi di Hebron (1994), e Yigal Amir, l’assassino di Yitzhak Rabin (novembre 1995). Il loro obiettivo dichiarato: far fallire il piano di ritiro da Gaza. Ad ogni costo, con ogni mezzo. Anche ricorrendo al terrorismo stragista. Motivati, perfettamente addestrati. Pronti a entrare in azione. Hanno un’eta tra i 25-30 anni. Hanno studiato in una yeshiva (scuola talmudica). Allarme rosso in Israele. «Un kamikaze ebreo potrebbe colpire il primo ministro» Ariel Sharon, titolava nei giorni scorsi a tutta pagina Yediot Ahronot, il più diffuso quotidiano israeliano.
«L’ERRORE PIÙ GRAVE sarebbe quello di sottovalutare la determinazione oltre che le capacità operative dell’ultradestra», dice a l’Unità Dany Yatom, parlamentare laburista ed ex capo del Mossad (il servizio segreto israeliano). Sulla stessa lunghezza
d’onda è Avi Dichter, ex capo di Shin Bet, il servizio di sicurezza interno: la destra radicale, afferma, rappresenta potenzialmente una minaccia strategica per Israele perché al suo interno agiscono «elementi senza scrupoli», pronti a far saltare in aria la Moschea di Al Aqsa e il Duomo della Roccia, nel cuore della Gerusalemme araba. «Ho detto ai rabbini dei coloni che un attentato sulla Spianata delle Moschee avrebbe ripercussioni gravissime per tutti gli ebrei della Diaspora», riferisce l’ex capo di Shin Bet. Finora, aggiunge, non si ha notizia di progetti concreti relativi all’eliminazione fisica da parte dell destra eversiva. «Ma se il premier si trovasse da solo, esposto bene in vista su una collina - aggiunge Dichter - decine di estremisti non esiterebbero a sparargli».
Razzi sulla Moschea. Il mese scorso lo Shin Bet ha rivelato di aver sventato sul nascere un attentato di due nazionalisti-messianici della setta Breslav, Avtalion ed Akiva Kadosh, che intendevano sparare un razzo verso la Spianata delle Moschee di Gerusalemme (terzo luogo sacro dell’Islam). I due progettavano di barricarsi sul tetto di un collegio rabbinico, di lanciare bombe a mano contro gli agenti che avrebbero cercato di catturarli e di spararsi alla testa. Il piano è fallito perché non sono riusciti ad ottenere un piccolo prestito bancario necessario all’acquisto del razzo. I due «presunti-kamikaze» sono stati rilasciati. Elizur Levinstein della colonia di Itzhar (Nablus) e Avraham Levkovic (del vicino insediamento di Elon Moreh): il 2 maggio sono stati notati da automobilisti di passaggio alle tre di mattina all’incrocio stradale Holtz, a sud di Tel Aviv, mentre cambiavano le targhe di due vecchie automobili. Poco dopo agenti di polizia li hanno individuati nel vicino rione di Kiryat Shalom: nelle macchine c’erano una notevole quantità di benzina e anche materassi impregnati di liquido infiammabile. Con i due potenziali «kamikaze» viene arrestata anche la loro guida «spirituale», il rabbino Mordechai Levinstein, fratello del primo accusato.
Il «bunker dei disperati». Un ideologo della destra eversiva e del movimento dei coloni, Yossi Blum Halevy, prevede che il ritiro di questa estate da Gaza e lo smantellamento delle 21 colonie sfoceranno in una guerra civile fra israeliani. Storico militare ed esperto di computer, Halevy distribuisce da alcuni giorni via internet un libro di 200 pagine in cui cerca di illustrare le tecniche che saranno utilizzate dall’esercito per sgomberare circa 9mila coloni, e la probabile reazione dei coloni per vanificare quei progetti. Le conclusione politiche di Halevy sono apocalittiche. Halevy non esclude una «scissione» dei coloni dallo Stato di Israele e la costituzione di una «seconda repubblica ebraica». I responsabili militari, rivela il quotidiano Haaretz, stanno studiando possibili scenari di conflitto con elementi radicali fra i coloni. Uno di questi scenari prevede che alcuni estremisti si chiudano in un bunker - cosa che peraltro avvenne nel 1982, durante il ritiro dalla città israeliana di Yamit (Sinai) - e che aprano il fuoco su chiunque cerchi di sgomberarli.
L’odio via internet. Un sito internet di estrema destra mostra il provocatorio fotomontaggio di un cimitero militare israeliano con tombe fresche di soldati caduti mentre - si legge sulle lapidi - realizzavano «la espulsione di ebrei di Gush Katif», a sud di Gaza. Il messaggio sottinteso è che pur di impedire il ritiro alcuni elementi fra i coloni sono ora pronti ad aprire il fuoco. Secondo un rapporto «top secret» di Shin Bet, i coloni di Gush Katif avrebbero a disposizione un arsenale di 3000 pisole e fucili automatici.
La benzina ideologica. Spiega Effi Eitam, generale della riserva, parlamentare dell’estrema destra: la «Grande Israele» è «lo Stato di Dio...il popolo ebraico ha la missione di rivelare l’immagine di Dio sulla Terra». Riflette Dany Yatom: «Il terrorismo ebraico è suscettibile di creare una minaccia strategica sostanziale e di trasformare il conflitto fra Israele e i palestinesi in un confronto fra 13 milioni di ebrei e un miliardo di musulmani nel mondo».
La «Cellula degli sparatori». Si tratta di un gruppo di professionisti che, nel vivo della seconda Intifada, entrò in azione contro veicoli palestinesi in transito in Cisgiordania. La lro tecnica di azione non lascia nulla al caso: prima di abbandonare il luogo dell’attentato raccolgono i bossoli e ne disseminano altri per confondere le indagini. Ad Hebron, prima di essere smantellato dallo Shin Bet, agiva la «Cellula delle colline», protagonista di numerose azioni punitive contro civili palestinesi.
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