IL FOGLIO di venerdì 3 giugno 2005 pubblica in prima pagina un articolo di Rolla Scolari sull'attentato costato la vita in Libano al giornalista Samir Kassir.
Ecco l'articolo:Beirut. A Beirut, ieri mattina, un’esplosione ha ucciso il giornalista del quotidiano an Nahar, Samir Kassir, uno dei maggiori critici dell’influenza siriana sul Libano. La sua automobile, parcheggiata davanti alla sua abitazione, ad Asharfieh, quartiere residenziale cristiano della capitale, è saltata in aria al momento dell’accensione.
Il paese è in piena stagione elettorale. Il voto è iniziato domenica, con lo scrutinio di Beirut che ha visto la vittoria di Saad Hariri, figlio ed erede politico dell’ex premier Rafiq Hariri. Dopo la strage del 14 febbraio, in cui l’ex primo ministro perse la vita, il Libano è stato teatro di una serie d’attentati, avvenuti sempre di notte, che hanno colpito centri commerciali, facendo tre vittime. E’ la prima volta che un attacco ha luogo di giorno. La zona in cui il giornalista abitava è piena di piccoli negozi e, a pochi metri dal suo portone, si trova uno dei più affollati centri commerciali della capitale. L’attacco è stato preciso, anche se la carica non era molto forte. L’esplosivo era sotto il sedile del posto di guida.
Ogni venerdì, Samir Kassir, 45 anni, d’origine palestinese, firmava sul Nahar, quotidiano schierato con l’opposizione, i suoi articoli, da anni critici nei confronti di Damasco. In passato non si è limitato a chiedere il ritiro delle truppe siriane, ma ha più volte attaccato il regime di Bashar el Assad, ed erano noti i suoi rapporti con membri dell’opposizione siriana. Nel 2001 gli è stato ritirato il passaporto e per un certo periodo non ha potuto lasciare il paese. Era un personaggio conosciuto anche in occidente, ospite fisso dell’emittente tv francese Tv5. Sul luogo dell’attentato sono subito arrivati politici e membri dell’opposizione. Marwan Hamade, leader druso vicino al clan Hariri – per il quale ieri è stato ucciso uno dei giornalisti più liberali e democratici del mondo arabo – ha detto al Foglio, allontanandosi dalla carcassa dell’Alfa Romeo di Kassir, che le elezioni andranno avanti e che l’accaduto è la prova che i servizi segreti siro-libanesi continuano a funzionare, nonostante il ritiro delle truppe di Damasco. E ha aggiunto: "La prossima tappa sarà lo smantellamento del regime del presidente Emile Lahoud", di cui ieri l’opposizione ha chiesto le dimissioni. Marwan Hamade, obiettivo di un attentato fallito all’inizio dell’anno, torna su un argomento molto dibattuto: lo stesso Saad Hariri ha detto al Washington Post di volere le dimissioni dell’attuale presidente e il leader druso Walid Jumblatt ha accusato il rais di essere il mandante dell’attentato di ieri. Nayla Moawad, la vedova del presidente René Moawad, assassinato nel 1989, pasionaria dell’opposizione, ha raccontato al Foglio di non voler pensare alle conseguenze di questo attentato sulle elezioni: "Per me significa la perdita di un grande amico, di un simbolo del 14 marzo (giorno della manifestazione dell’opposizione cui ha partecipato più di un milione di libanesi, ndr), di un grande giornalista". E continua: "L’unico obiettivo della nostra campagna è farla finita con i servizi segreti siro-libanesi".
Ieri mattina, a poca distanza dal luogo dell’attentato, i passanti chiedevano informazioni sull’accaduto alle persone sedute nei bar della vicina piazza Sessine. Da tutti i negozi usciva la voce della radio o delle emittenti televisive già in diretta sull’accaduto. Nonostante la presenza dell’esercito, non era difficile avvicinarsi alla casa del giornalista. Tra gli abitanti della zona il sentimento che sembrava regnare era quello di una silenziosa costernazione.
Il Libano aveva appena fatto in tempo a lasciare indietro le paure dei giorni della strage in cui perse la vita Rafiq Hariri. La forte emozione di quei giorni e il sentimento d’unità nazionale che hanno portato in strada migliaia di persone di tutte le confessioni per protestare contro l’ingerenza siriana e per chiedere la verità sulla morte dell’ex premier si sono diluiti in una campagna elettorale debole, incentrata sul farsi d’alleanze e il disfarsi d’intese, che hanno riportato il Libano a una politica medioevale basata sul confessionalismo e le divisioni settarie.
L’astensionismo della giornata elettorale di domenica è una prova della perdita dello "spirito del 14 marzo": la disillusione della popolazione libanese di fronte a una classe politica antica, che non è stata in grado di mantenere alta l’emotività e la coesione createsi dopo la morte di Hariri, è forte. La piazza dei Maritri, dove a marzo c’era un accampamento di tende popolato da ragazzi – spesso militanti di partiti politici, che avevano deciso di eliminare tutti i simboli dei loro movimenti, per sottolineare il senso d’unità del momento – oggi è vuota. Sono ricomparsi in città i simboli delle divisioni del passato.
L’opposizione non ha ancora annunciato, dopo l’attentato di oggi, le sue intenzioni. L’accaduto potrebbe però riaccendere le emozioni dei mesi scorsi e dare una spinta vitale a queste fiacche elezioni.
L’attenzione è stata finora focalizzata sul voto, che andrà avanti, nelle diverse circoscrizioni in cui è suddiviso il paese, fino al 19 giugno. La città di Beirut ha consacrato Saad Hariri, figlio dell’ex premier, erede politico del padre. Ma nel suo successo c’è una dose di sconfitta. Soltanto il 28 per cento degli elettori della capitale è andato alle urne, conscio di non poter cambiare un risultato già certo. Il blocco della Corrente del Futuro di Hariri si era già aggiudicato, prima dell’inizio del voto, nove dei 19 seggi parlamentari, a causa del ritiro degli altri candidati.
Domenica, nel sud a maggioranza sciita, accadrà lo stesso. Sei dei 23 seggi di quella circoscrizione sono già della lista Amal/Hezbollah, i due partiti sciiti che corrono insieme. La motivazione è ancora il ritiro dei candidati rivali. Il baratto elettorale delle ultime settimane ha portato a improbabili alleanze. Il blocco Hariri, unitosi a Jumblatt, ha ospitato a Beirut un candidato di Hezbollah, mentre Bahia Hariri, sorella di Rafiq, è "ospite", nel sud, del Partito di Dio (anche se non fa parte delle sue liste) e ha già ottenuto il suo seggio. Il versatile leader druso, alleato di Hariri, è apparso accanto alla guida di Hezbollah, lo sceicco Hassan Nasrallah, nel suo aggressivo discorso elettorale, in cui il leader sciita ha ricordato che non disarmerà le sue milizie, come chiede la comunità internazionale.
Saad Hariri, invece, al Washington Post ha fatto capire che sulla sua agenda c’è altro: "Hezbollah deve pensare libanese. Se vuole essere coinvolto nella vita politica del paese, deve rinunciare a qualcosa". Ma il Partito di Dio è già presente sulla scena: al Sud è prevista una facile vittoria della sua lista.
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